Papa Francesco ringrazia in un videomessaggio per gli oltre 100 mila messaggi di augurio ricevuti in occasione degli otto anni di Pontificato.
(Alessandro De Carolis) Dice che il nome “è eccessivo”, ma capita di eccedere quando si cercano le parole per esprimere un grande affetto. Perché è questo che hanno voluto fare politici e baraccati, preti e artisti, sindacalisti e atleti, tutti uniti – dai palazzi del potere di Buenos Aires alle stamberghe di un barrio di periferia – dal comune denominatore di una grande stima e ammirazione per Papa Francesco. Hanno voluto mettere nero su bianco un pensiero, un augurio che esprimesse questi sentimenti e recapitarli dall’altra parte del mondo, a Casa Santa Marta.
È successo qualcosa che non mi aspettavo, e voglio ringraziarvi per questo. C’è un gruppo ideale che non si conosce ma forse unito da buoni auspici che si chiama “Generazione Francesco” e che in qualche modo segue le cose che faccio, le cose che dico e che più o meno mi vuole bene, che non mi insulta, che non parla male di me e che usa le cose che dico per fare del bene.
All’inizio del videomessaggio il Papa svela il profilo di questo variegato gruppo dal nome “eccessivo” di “Generazione Francesco”, che fa della “cultura dell’incontro” una scelta di vita quotidiana. E che ha approfittato dell’anniversario di Pontificato, celebrato per l’ottava volta lo scorso 13 marzo, per aderire in massa all’idea partorita da padre José María Di Paola, “padre Pepe” per chiunque lo conosca e in tanti lo conoscono nelle “villas miserias” . Il prete, 59 anni, ha lanciato con lo slogan “Profeta della nostra terra” la raccolta di messaggi augurali per Francesco – oltre 100 mila e continuano ad aumentare grazie ai social – e il coro inatteso di queste voci ha toccato corde profonde nel Papa, sempre sensibile quando è il pueblo a parlare.
Spesso siamo abituati a prendere decisioni senza consultare il popolo (…) sia nella vita parrocchiale, quando il parroco non consulta il popolo; sia nella vita della provincia, quando il governatore non consulta il popolo; sia nella diocesi, quando il vescovo non consulta il popolo; sia nella nazione, quando le autorità non consultano il popolo, anche per leggi importanti e discusse che riguardano la morale e il popolo è il grande assente.
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Per Francesco il gesto di padre Pepe – “capace di smuovere i cuori semplicemente perché è autentico” – è servito proprio a questo, a innescare la “risorsa” dell’ascolto del popolo. L’unico, afferma, davvero “sovrano”, perché l’autorità è legittimata dal popolo.
Non dimenticate, non si sbaglia mai se si consulta il popolo, nell’ordine civile sempre, e non si sbaglia mai se si consulta il santo popolo fedele di Dio nella Chiesa (…) che porta avanti la fede e la porta nel proprio dialetto.
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