Anche quest’anno Francesco presiede la Celebrazione penitenziale in San Pietro, dando il via all’iniziativa delle “24 ore per il Signore”. Momento culminante, la Confessione: il Papa si inginocchia penitente prima di impartire lui stesso il sacramento a 11 fedeli. Al centro dell’omelia, il perdono di Dio, segno di un amore assai più grande di ogni peccato commesso dall’uomo
“Gesù e l’adultera, la misericordia e la misera”: è il binomio con cui Papa Francesco, presiedendo la Liturgia penitenziale di questo pomeriggio in San Pietro, rilegge nella sua omelia, il rapporto di amore che ci lega a Dio e che ha nella Confessione un passaggio chiave. Il Sacramento è nelle parole del Pontefice, “l’incontro di salvezza” con colui che “ci conosce, ci ama, ci libera” permettendoci di “ripartire rinfrancati”, “lì leggiamo ogni volta che siamo preziosi agli occhi di Dio”.
E quale immagine più espressiva se non quella narrata dal Vangelo di Giovanni in cui culmina la prima parte della Liturgia penitenziale: Gesù si trova davanti alla peccatrice, l’adultera sorpresa in flagrante e condotta da scribi e farisei pronti a lapidarla, come detta la Legge. Ma alla fine, della folla non rimane più nessuno, nessuna pietra è scagliata, nessuna condanna è emessa: rimane solo Gesù dinanzi alla donna. Ed ecco la prima nota del Papa:
Rimane perché è rimasto quel che è prezioso ai suoi occhi: quella donna, quella persona. Per Lui prima del peccato viene il peccatore. Io, tu, ciascuno di noi nel cuore di Dio veniamo prima: prima degli sbagli, delle regole, dei giudizi e delle nostre cadute. Chiediamo la grazia di uno sguardo simile a quello di Gesù, chiediamo di avere l’inquadratura cristiana della vita, dove prima del peccato vediamo con amore il peccatore, prima dell’errore l’errante, prima della sua storia la persona.
E nel cuore dell’uomo va scritta una parola di speranza. Anche questo si legge nella pagina del Vangelo di Giovanni. Francesco infatti fa notare l’immagine di Gesù che davanti alla donna in silenzio scrive “col dito per terra”. E’ un gesto misterioso – afferma – che richiama la promessa fatta da Dio di scrivere “non più su tavole di pietra la Legge”, ma “sulle tavole di carne dei nostri cuori”:
Con Gesù, misericordia di Dio incarnata, è giunto il momento di scrivere nel cuore dell’uomo, di dare una speranza certa alla miseria umana: di dare non tanto leggi esterne, che lasciano spesso distanti Dio e l’uomo, ma la legge dello Spirito, che entra nel cuore e lo libera. Così avviene per quella donna, che incontra Gesù e riprende a vivere.
Solo Dio col suo amore dunque, rimuove il peccato dai nostri cuori e ci permette di tornare a vivere, come è successo all’adultera. Allora, diamo spazio al Signore, che “perdona e guarisce” dal male che “seduce e attira”, e facciamolo soprattutto attraverso la Confessione:
La Confessione è il passaggio dalla miseria alla misericordia, è la scrittura di Dio sul cuore. Lì leggiamo ogni volta che siamo preziosi agli occhi di Dio, che Egli è Padre e ci ama più di quanto noi amiamo noi stessi.
Tramite la Confessione dunque rinasce in noi la speranza: nel perdono ricevuto col Battesimo nasciamo come cristiani, e ri-nasciamo ogni volta che ci “sentiamo oppressi”, che “non sappiamo più come ricominciare”; “solo attraverso il perdono di Dio accadono cose veramente nuove in noi”:
Il perdono di Dio non è una fotocopia che si riproduce identica a ogni passaggio in confessionale. Ricevere tramite il sacerdote il perdono dei peccati è un’esperienza sempre nuova, originale e inimitabile. Ci fa passare dall’essere soli con le nostre miserie e i nostri accusatori, come la donna del Vangelo, all’essere risollevati e incoraggiati dal Signore, che ci fa ripartire.
Dopo la Confessione – rimarca Papa Francesco- tutte le nostre miserie confluiscono nella misericordia di Dio, tutti i nostri peccati sono in Lui. Sarebbe bello, osserva, rimanere in silenzio dopo la Confessione, proprio per ricordare tutta questa tenerezza, per ”rigustare la pace e la libertà” che abbiamo sperimentato, perché il “cuore della Confessione” è l’amore ricevuto e non i peccati che abbiamo detto:
Può venirci ancora un dubbio: “confessarsi non serve, faccio sempre i soliti peccati”. Ma il Signore ci conosce, sa che la lotta interiore è dura, che siamo deboli e inclini a cadere, spesso recidivi nel fare il male. E ci propone di cominciare a essere recidivi nel bene, nel chiedere misericordia. Sarà Lui a risollevarci e a fare di noi creature nuove. Ripartiamo allora dalla Confessione, restituiamo a questo sacramento il posto che merita nella vita e nella pastorale!
Entriamo dunque nell’”incontro di salvezza” che la Confessione rappresenta, ripete il Papa al termine dell’omelia, e chiediamo la “grazia di riscoprirlo”.
Ed è così che il silenzio avvolge la Basilica, e si apre quello spazio interiore necessario per l’esame di coscienza. Da qui l’inizio del Rito della Riconciliazione, e poi le Confessioni, cuore della celebrazione e momento privilegiato per lo stesso Pontefice come tante volte ha dimostrato durante i viaggi o le visite pastorali nelle parrocchie. E’ Francesco il primo ad inginocchiarsi, mentre 80 padri si distribuiscono nella Basilica accogliendo i fedeli ai confessionali. Quindi da penitente Francesco si fa confessore per 11 persone provenienti da Vietnam, Italia, Polonia e Colombia, dando il via ancora nel raccoglimento, all’iniziativa – promossa dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione – che in tante Chiese vede per “24 ore” porte aperte all’Adorazione e alla Riconciliazione.
Servizio di Gabriella Ceraso – Città del Vaticano su Vaticannews.va
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