L’Incontro interreligioso ed ecumenico per la pace, che Francesco dichiara “un momento molto significativo della mia visita in Bangladesh”, avviene nel giardino della residenza dell’arcivescovo di Dhaka. Sono le 17, ore locali, le 12 in Italia.
Prima delle parole del Papa, alcuni inni e danze tradizionali, il saluto di 5 rappresentanti di comunità religiose e della società civile e il Canto per la pace. Perché esprimere il comune desiderio “di armonia, fraternità e pace contenuto, dice il Papa, negli insegnamenti delle religioni del mondo” è il motivo di questo radunarsi insieme.
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“Possa il nostro incontro di questo pomeriggio, auspica Francesco, essere un chiaro segno degli sforzi dei leader e dei seguaci delle religioni
presenti in questo Paese a vivere insieme nel rispetto reciproco e nella buona volontà. In Bangladesh, dove il diritto alla libertà religiosa è un principio fondamentale, questo impegno sia un richiamo rispettoso ma fermo a chi cercherà di fomentare divisione, odio e violenza in nome della religione”.Lavorare insieme alla formazione di una cultura dell’incontro e del dialogo per il bene della famiglia umana, sottolinea Francesco, “richiede più che una mera tolleranza”. “Ci stimola a tendere la mano all’altro in atteggiamento di reciproca fiducia e comprensione, per costruire un’unità che comprenda la diversità non come minaccia, ma come potenziale fonte di arricchimento e crescita”.
Condizione per una cultura dell’incontro, continua il Papa, è “coltivare una apertura del cuore”. E spiega in che cosa consista. L’apertura del cuore è una porta, che permette l’inizio di un dialogo di vita, non un semplice scambio di idee. “Richiede buona volontà e accoglienza, ma non deve essere confusa con l’indifferenza o la reticenza nell’esprimere le nostre convinzioni più profonde”, sempre, precisa, con umiltà, onestà e rispetto.
L’apertura del cuore è anche una scala che raggiunge l’Assoluto e ci spinge a purificare i nostri cuori, trovando in questo “la saggezza e la forza necessari per tendere a tutti la mano dell’amicizia” .
Infine è anche un cammino che conduce a cercare il bene del nostro prossimo. “La sollecitudine religiosa per il bene del nostro prossimo,che scaturisce da un cuore aperto, prosegue il Papa, scorre come un grande fiume, irrigando le terre aride e deserte dell’odio, della corruzione, della povertà e della violenza che tanto danneggiano la vita umane, dividono le famiglie e sfigurano il dono della creazione”.
La cooperazione tra i credenti è il cuore pulsante di una cultura di armonia e di pace: “Quanto ha bisogno il mondo di questo cuore che batte con forza, per contrastare il virus della corruzione politica, le ideologie religiose distruttive, la tentazione di chiudere gli occhi di fronte alle necessità dei poveri, dei rifugiati, delle minoranze perseguitate e dei più vulnerabili!
Le comunità religiose del Bangladesh, riconosce il Papa, si sono incamminate sulla strada della sollecitudine in particolare riguardo alla cura della terra e verso la cultura dell’incontro, con la dimostrazione del comune impegno dei seguaci delle religioni a praticare il bene, conclude, “aiuteremo tutti i credenti a crescere nella saggezza e nella santità e a cooperare per costruire un mondo sempre più umano, unito e pacifico”.
di Adriana Masotti per la Radio Vaticana
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