Categorie: Sancta Sedes

Papa Francesco: la cultura dello scarto ha assunto dimensioni planetarie

Difendere il “diritto fondamentale dell’individuo a una vita degna”, coltivare una “coscienza di gratuità”, i valori della solidarietà e della sussidiarietà. E soprattutto far sì che i “progetti della comunità civile” cerchino “l’inclusione”. Sono alcune delle “chiavi di convivenza sociale”, mutuate dalla vita familiare, messe in risalto da Papa Francesco nel discorso rivolto agli esponenti della società civile ecuadoriana.

Nell’antica e affollatissima chiesa di San Francisco di Quito, si trovano persone impegnate in vari settori: imprenditoria industriale e rurale, volontariato, sport e una rappresentanza di indios dell’Amazzonia. Il Papa ascolta alcune testimonianze.

Poco prima, al suo arrivo alla chiesa francescana, sul sagrato il sindaco di Quito ha consegnato al Papa le chiavi della città.

Di seguito riportiamo il testo del discorso di Papa Francesco:

Cari amici,

Sono lieto di essere con voi, uomini e donne che rappresentate e dinamizzate la vita sociale, politica ed economica del paese.

Appena prima di entrare in chiesa, il Signor Sindaco mi ha consegnato le chiavi della città. Quindi posso dire che qui, a San Francisco de Quito, sono di casa. La vostra dimostrazione di fiducia e di affetto, nell’aprirmi le porte, mi permette di introdurre alcune chiavi del vivere insieme come cittadini a partire dalla vita familiare.

La nostra società vince quando ogni persona, ogni gruppo sociale, si sente veramente a casa. In una famiglia, i genitori, i nonni, i bambini sono di casa; nessuno è escluso. Se uno ha una difficoltà, anche grave, anche quando “se l’è cercata”, gli altri vengono in suo aiuto, lo sostengono; il suo dolore è di tutti. (…) Non dovrebbe essere così anche nella società?

E, tuttavia, le nostre relazioni sociali o il gioco politico, (…) spesso si basano sulla competizione, sullo scarto. La mia posizione, la mia idea, il mio progetto sono rafforzati se sono in grado di battere l’altro, di impormi. È essere famiglia questo? Nelle famiglie, tutti contribuiscono al progetto comune, tutti lavorano per il bene comune, ma senza annullare l’individuo; al contrario, lo sostengono, lo promuovono. Le gioie e i dolori di ciascuno sono fatti propri da tutti. (…) Questo è essere famiglia! Se potessimo vedere l’avversario politico, il vicino di casa con gli stessi occhi con cui vediamo i bambini, le mogli o i mariti, i padri o le madri. Amiamo la nostra società? Amiamo la nostra società, il nostro Paese, (…) la comunità che stiamo cercando di costruire? La amiamo nei concetti discussi nel mondo delle idee? Amiamola piuttosto con le opere che con le parole! (…) In ogni persona, nel concreto, nella vita che condividiamo. L’amore tende sempre alla comunicazione, mai all’isolamento. (…)

A partire da questo affetto, scaturiranno gesti semplici che rafforzano i legami personali. In diverse occasioni ho fatto riferimento all’importanza della famiglia come cellula della società. In famiglia, le persone ricevono i valori fondamentali dell’amore, della fraternità e del reciproco rispetto, che si traducono in valori sociali essenziali: la gratuità, la solidarietà e la sussidiarietà. (…)

Per i genitori tutti i figli, anche se ciascuno ha la sua indole, sono ugualmente degni d’amore. Invece, quando il bambino si rifiuta di condividere quello che riceve gratuitamente da loro, rompe questa relazione. (…) L’amore dei genitori lo aiuta ad uscire dal suo egoismo per imparare a vivere insieme agli altri, a rinunciare per aprirsi all’altro. (…) Nell’ambito sociale questo significa che la gratuità non è un complemento ma un requisito necessario della giustizia. Quello che siamo e abbiamo ci è stato donato per metterlo al servizio degli altri, il nostro compito consiste nel farlo fruttificare in opere buone. I beni sono destinati a tutti, e per quanto uno ostenti la sua proprietà, pesa su di essi un’ipoteca sociale. Così si supera il concetto economico di giustizia, basato sul principio di compravendita, con il concetto di giustizia sociale, che difende il diritto fondamentale dell’individuo a una vita degna. (…)

Lo sfruttamento delle risorse naturali, così abbondanti in Ecuador, non deve ricercare il guadagno immediato. Essere custodi di questa ricchezza che abbiamo ricevuto ci impegna con la società nel suo insieme e con le generazioni future, alle quali non potremo lasciare in eredità questo patrimonio senza una cura adeguata dell’ambiente, senza una coscienza di gratuità che scaturisce dalla contemplazione del creato.

Ci accompagnano oggi qui fratelli di popoli indigeni provenienti dall’Amazzonia ecuadoriana, quella zona è una delle «più ricche di varietà di specie, di specie endemiche, poco frequenti o con minor grado di protezione efficace. Ci sono luoghi che richiedono una cura particolare a motivo della loro enorme importanza per l’ecosistema mondiale [poiché ha] una biodiversità di grande complessità, quasi impossibile da conoscere completamente, ma quando queste foreste vengono bruciate o rase al suolo per accrescere le coltivazioni, in pochi anni si perdono innumerevoli specie, o tali aree si trasformano in aridi deserti» (cfr Enc. Laudato si’, 37- 38). Là, l’Ecuador – insieme ad altri Paesi della frangia amazzonica – ha l’opportunità di praticare la pedagogia di una ecologia integrale. Noi abbiamo ricevuto in eredità dai nostri genitori il mondo, ma anche in prestito dalle generazioni future alle quali lo dobbiamo consegnare! Dalla fraternità vissuta in famiglia, nasce la solidarietà nella società, che non consiste solo nel dare ai bisognosi, ma nell’essere responsabili l’uno dell’altro. Se vediamo nell’altro un fratello, nessuno può rimanere escluso, separato.

L’Ecuador, come molte nazioni latinoamericane, sperimenta oggi profondi cambiamenti sociali e culturali, nuove sfide che richiedono la partecipazione di tutti i soggetti interessati. La migrazione, la concentrazione urbana, il consumismo, la crisi della famiglia, la disoccupazione, le sacche di povertà producono incertezze e tensioni che costituiscono una minaccia per la convivenza sociale. Le norme e le leggi, così come i progetti della comunità civile, devono cercare l’inclusione, per favorire spazi di dialogo, di incontro e quindi lasciare al ricordo doloroso qualunque tipo di repressione, il controllo illimitato e la sottrazione di libertà. La speranza di un futuro migliore richiede di offrire reali opportunità ai cittadini, soprattutto ai giovani, creando occupazione, con una crescita economica che arrivi a tutti, e non rimanga nelle statistiche macroeconomiche, con uno sviluppo sostenibile che generi un tessuto sociale forte e ben coeso. (…)

Infine, il rispetto per l’altro che si apprende in famiglia, si traduce in ambito sociale nella sussidiarietà. Accettare che la nostra scelta non è necessariamente l’unica legittima è un sano esercizio di umiltà. Riconoscendo ciò che c’è di buono negli altri, anche con i loro limiti, vediamo la ricchezza che caratterizza la diversità e il valore di complementarietà. Gli uomini, i gruppi hanno il diritto di compiere il loro cammino, anche se questo a volte porta a commettere errori. Nel rispetto della libertà, la società civile è chiamata a promuovere ogni persona e agente sociale così che possa assumere il proprio ruolo e contribuire con la propria specificità al bene comune. Il dialogo è necessario, essenziale per arrivare alla verità, che non può essere imposta, ma cercata con sincerità e spirito critico. In una democrazia partecipativa, ciascuna delle forze sociali, i gruppi indigeni, gli afro-ecuadoriani, le donne, le aggregazioni civili e quanti lavorano per la collettività nei servizi pubblici, sono protagonisti essenziali in questo dialogo. (…) Le pareti, i cortili e i chiostri di questo luogo lo dicono con maggiore eloquenza: appoggiato su elementi della cultura Inca e Caranqui, la bellezza delle loro forme e proporzioni, l’audacia dei loro stili diversi combinati in maniera mirabile, le opere d’arte che vengono chiamate “scuola di Quito”, riassumono un ampio dialogo, con successi ed errori, della storia ecuadoriana. L’oggi è pieno di bellezza, e se è vero che in passato ci sono stati sbagli e soprusi – come negarlo? – possiamo dire che l’amalgama irradia tanta esuberanza che ci permette di guardare al futuro con grande speranza. Anche la Chiesa vuole collaborare nella ricerca del bene comune, con le sue attività sociali, educative, promuovendo i valori etici e spirituali, essendo segno profetico che porta un raggio di luce e di speranza a tutti, specialmente ai più bisognosi. (…) Grazie perché siete qui, perché mi ascoltate, vi chiedo per favore di portare le mie parole di incoraggiamento ai gruppi che voi rappresentate nei diversi settori della società. Che il Signore conceda alla società civile che rappresentate di essere sempre quell’ambito adeguato in cui si vivono questi valori.

A cura di Redazione Papaboys fonti: Radio Vaticana / Il Sismografo / livetwitting di Alessandro Ginotta

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