Un aiuto disinteressato che permette di scappare dal marciapiede con una bimbetta in braccio e ridiventare donna dopo essere stata una schiava brutalizzata. O una vita da cocainomane che fa terra bruciata attorno a sé per anni, finché la scelta di farsi aiutare ne fa ritrovare il senso nell’amore verso una figlia e nell’abbraccio a un padre e una madre frettolosamente abbandonati.
Storie di ordinaria redenzione nelle case-famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII, fiorite grazie a quella che Francesco chiama “la libertà del bene”, un valore sposato senza riserve dai figli di don Oreste Benzi per donare una nuova possibilità a chi si è perso fra i mille vicoli del male.
Una miseria cieca
Il Papa si lascia avvolgere dall’affetto delle migliaia di persone che lo accolgono in Aula Paolo VI e più ancora dall’intensità dei loro racconti che ascolta prima di prendere la parola e affrontare il tema della lotta contro ogni forma di schiavitù:
“Sono esperienze che mettono in luce le tante forme di povertà da cui purtroppo è ferito il nostro mondo; e rivelano la miseria più pericolosa, causa di tutte le altre: la lontananza da Dio, la presunzione di poter fare a meno di Lui. Questa è la miseria cieca di considerare scopo della propria esistenza la ricchezza materiale, la ricerca del potere e del piacere e di asservire la vita del prossimo al conseguimento di questi obiettivi”.
La fede sposta le montagne
“È la presenza del Signore che segna – afferma Papa Francesco – la differenza tra la libertà del bene e la schiavitù del male, che può metterci in grado di compiere opere buone e di trarne una gioia intima, capace di irradiarsi anche su quelli che ci stanno vicino”:
“La presenza del Signore allarga gli orizzonti, risana i pensieri e le emozioni, ci dà la forza necessaria per superare difficoltà e prove. Là dove c’è il Signore Gesù, c’è risurrezione, c’è vita, perché Lui è la risurrezione e la vita. La fede sposta davvero le montagne dell’indifferenza e dell’apatia, del disinteresse e dello sterile ripiegamento su sé stessi”.
Don Oreste, uomo degli esclusi
Sulle parole di Papa Francesco, e sul suo cuore in costante sintonia con i poveri, aleggia il sorriso bonario e la tonaca consunta di don Oreste Benzi, fondatore dell’Associazione:
“Il suo amore per i piccoli e i poveri, per gli esclusi e gli abbandonati, era radicato nell’amore a Gesù crocifisso, che si è fatto povero e ultimo per noi. La sua coraggiosa determinazione nel dare vita a tante iniziative di condivisione in diversi Paesi sgorgava dal fiducioso abbandono alla Provvidenza di Dio; scaturiva dalla fede in Cristo risorto, vivo e operante, capace di moltiplicare le poche forze e le risorse disponibili, come un tempo moltiplicò i pani e i pesci per sfamare le folle”.
E ricordatevi sempre, conclude Francesco, quello che don Oreste vi ha insegnato: “Per stare in piedi, bisogna stare in ginocchio”.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’Udienza:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle,
vi accolgo con gioia e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza. Ringrazio il responsabile, Giovanni Paolo Ramonda, per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti; e grazie tante a voi che avete dato la vostra testimonianza.
I vostri racconti parlano di schiavitù e di liberazione, parlano dell’egoismo di quanti pensano di costruirsi l’esistenza sfruttando gli altri e della generosità di coloro che aiutano il prossimo a risollevarsi dal degrado materiale e morale.
Sono esperienze che mettono in luce le tante forme di povertà da cui purtroppo è ferito il nostro mondo; e rivelano la miseria più pericolosa, causa di tutte le altre: la lontananza da Dio, la presunzione di poter fare a meno di Lui. Questa è la miseria cieca di considerare scopo della propria esistenza la ricchezza materiale, la ricerca del potere e del piacere e di asservire la vita del prossimo al conseguimento di questi obiettivi.
Sì, amici, è la presenza del Signore che segna la differenza tra la libertà del bene e la schiavitù del male, che può metterci in grado di compiere opere buone e di trarne una gioia intima, capace di irradiarsi anche su quelli che ci stanno vicino. La presenza del Signore allarga gli orizzonti, risana i pensieri e le emozioni, ci dà la forza necessaria per superare difficoltà e prove. Là dove c’è il Signore Gesù, c’è risurrezione, c’è vita, perché Lui è la risurrezione e la vita.
La fede sposta davvero le montagne dell’indifferenza e dell’apatia, del disinteresse e dello sterile ripiegamento su sé stessi. La fede apre la porta della carità facendoci desiderare di imitare Gesù, ci incita al bene, fornendoci il coraggio per agire sull’esempio del Buon Samaritano.
Lo sapeva molto bene Don Oreste Benzi, il fondatore della vostra Associazione. Il suo amore per i piccoli e i poveri, per gli esclusi e gli abbandonati, era radicato nell’amore a Gesù crocifisso, che si è fatto povero e ultimo per noi. La sua coraggiosa determinazione nel dare vita a tante iniziative di condivisione in diversi Paesi sgorgava dal fiducioso abbandono alla Provvidenza di Dio; scaturiva dalla fede in Cristo risorto, vivo e operante, capace di moltiplicare le poche forze e le risorse disponibili, come un tempo moltiplicò i pani e i pesci per sfamare le folle.
Dalla missione di coinvolgere gli adolescenti e interessarli alla persona di Gesù, nacque nel servo di Dio Don Oreste Benzi l’idea di organizzare per loro un “incontro simpatico con Cristo”, vale a dire un incontro vitale e radicale con Lui come eroe e amico, mediante testimonianze di vita vissuta, che mostrassero in pienezza il messaggio cristiano, ma in modo gioioso e persino scherzoso. Nacque così la vostra comunità, oggi presente in 34 Paesi con le sue Case-famiglia, le cooperative sociali ed educative, le Case di preghiera, i servizi per accompagnare le maternità problematiche, e altre iniziative. La Provvidenza vi ha fatto crescere, provando la vitalità del carisma del Fondatore, il quale amava ripetere– come ha detto il Responsabile generale – che “per stare in piedi bisogna stare in ginocchio”.
Cari fratelli e sorelle, faccio mio l’invito che vi rivolse san Giovanni Paolo II a curare la vostra formazione spirituale e l’assidua frequenza ai Sacramenti e a fare, in particolare, dell’Eucaristia il cuore delle Case-famiglia e di ogni altra attività sociale ed educativa (cfr Insegnamenti XXVII, 2, 2004, 632). È da un cuore colmo dell’amore di Dio che sgorga la carità per i fratelli e le sorelle.
Vi chiedo per favore di pregare per me. Vi affido tutti alla Madonna, che vi conceda un Natale pieno di amore e di gioia, e di cuore vi benedico.
A cura di Redazione Papaboys
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