La lettera del Pontefice per la commemorazione dei 25 anni dall’attentato alla sede dell’ Associazione Mutualità Israelita in Argentina: “Sono passati 25 anni dalla tragedia dell’Amia – scrive il Papa – come il primo giorno, ogni 18 luglio il mio cuore accompagna i familiari delle vittime, ebrei o cristiani”
Lo scrive Papa Francesco nella lettera inviata all’Associazione Mutualità Israelita Argentina (Amia) la cui sede di Buenos Aires fu distrutta 25 anni fa da un’autobomba: 85 i morti, più di 200 i feriti. Era il 18 luglio del 1994. Una triste commemorazione che richiama alla coscienza i diritti e i doveri a cui ogni essere umano è chiamato in quanto parte della “grande famiglia umana”.
“ Sappiamo bene che non è la religione che incita e porta alla guerra, ma l’oscurità nei cuori di coloro che commettono atti irrazionali ”
Una tragedia, si legge nel testo della lettera indirizzata al centro ebraico e pubblicata dalla stampa argentina, per la quale il Pontefice non ha mai smesso di pregare:
Come il primo giorno, ogni 18 luglio il mio cuore accompagna i familiari delle vittime, ebrei o cristiani. E dal primo giorno prego Dio per il riposo eterno di coloro che persero la vita in questo atto di follia. Prego anche per coloro che sopravvissero all’esplosione, portando da allora le ferite nei corpi e nelle anime. Questa follia certamente non era limitata all’Argentina.
Non conosce frontiere e ha dimostrato il suo volto crudele da Oriente a Occidente. Ha trasformato spose in vedove, figli e figlie in orfani; e tutto questo in nome di Dio, facendo un uso blasfemo del nome di Dio. Sappiamo bene che non è la religione che incita e porta alla guerra, ma l’oscurità nei cuori di coloro che commettono atti irrazionali.
Il Pontefice, scrive Vaticannews, ribadisce inoltre il senso e la responsabilità “di essere fratelli”, vocazione a cui Dio chiama ognuno di noi:
Sappiamo bene che non è la religione che incita e porta alla guerra, ma l’oscurità nei cuori di coloro che commettono atti irrazionali. Dio ci ha chiamato a convivere come fratelli, e questa fratellanza ci abbraccia e ci unisce ben al di là di qualunque limite geografico o ideologico. Tra tutti costituiamo la grande famiglia umana; questa coscienza di essere fratelli, insieme ai valori del rispetto e della tolleranza, dobbiamo trasmetterla alle prossime generazioni. E’ certo che Dio ci ha creato uguali nei diritti, ma lo anche nei doveri e nella dignità. Per lui la pace non deve essere solo nostro diritto, la sua costruzione deve essere nostro obbligo. In questa commemorazione del 25.mo anniversario sono insieme a voi e prego con voi.
Di Emanuele Campanile per Vaticannews.va
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