Ancora problemi di salute per Papa Francesco che non ha potuto presiedere la Santa Messa nel giorno della festa della Divina Misericordia in Basilica Vaticana; il Pontefice ha comunque pronunciato una incoraggiante omelia, nella quale ha invitato tutti noi a fare memoria del perdono ricevuto da Dio nella nostra vita.
Dio perdona tutto, non chiudete quella porta – ha poi ricordato ai Missionari della Misericordia presenti, parlando dei momenti della confessione con i fedeli.
Le parole di Papa Francesco nell’Omelia
Oggi il Signore risorto appare ai discepoli e a loro, che l’avevano abbandonato, offre la sua misericordia, mostrando le sue piaghe. Le parole che rivolge loro sono ritmate da un saluto, che compare nel Vangelo odierno ben tre volte: «Pace a voi!» (Gv 20,19.21.26). Pace a voi! È il saluto del Risorto, che viene incontro a ogni debolezza e sbaglio umano. Seguiamo allora i tre pace a voi! di Gesù: vi scopriremo tre azioni della divina misericordia in noi. Essa anzitutto dà gioia; poi suscita il perdono; infine consola nella fatica.
1. In primo luogo la misericordia di Dio dà gioia, una gioia speciale, la gioia di sentirsi perdonati gratuitamente. Quando la sera di Pasqua i discepoli vedono Gesù e si sentono dire per la prima volta pace a voi!, gioiscono (cfr v. 20). Erano chiusi in casa per la paura; ma erano anche chiusi in sé stessi, abbattuti da un senso di fallimento.
Erano discepoli che avevano abbandonato il Maestro: al momento del suo arresto, si erano dati alla fuga. Pietro lo aveva addirittura rinnegato tre volte e uno del loro gruppo – uno di loro! – era stato il traditore. C’erano motivi per sentirsi non soltanto impauriti, ma falliti, gente da niente. In passato, certo, avevano fatto scelte coraggiose, avevano seguito il Maestro con entusiasmo, impegno e generosità, ma alla fine tutto era precipitato; la paura aveva prevalso e avevano commesso il grande peccato: lasciare solo Gesù nel momento più tragico.
Prima della Pasqua pensavano di essere fatti per grandi cose, discutevano su chi fosse il più grande tra di loro… Ora si trovano a toccare il fondo.
In questo clima arriva il primo pace a voi! del Risorto. I discepoli avrebbero dovuto provare vergogna, e invece gioiscono. Perché? Perché quel volto, quel saluto, quelle parole spostano la loro attenzione da sé stessi a Gesù. Infatti «i discepoli gioirono – precisa il testo – al vedere il Signore» (v. 20). Vengono distolti da sé stessi e dai propri fallimenti e attirati dai suoi occhi, dove non c’è severità, ma misericordia. Cristo non recrimina sul passato, ma dona loro la benevolenza di sempre.
E ciò li rianima, infonde nei loro cuori la pace perduta, li rende uomini nuovi, purificati da un perdono donato senza calcoli e senza meriti.
Questa è la gioia di Gesù, la gioia che abbiamo provato anche noi sperimentando il suo perdono. Ci è capitato di assomigliare ai discepoli della sera di Pasqua: dopo una caduta, un peccato, un fallimento. In quei momenti sembra che non ci sia più nulla da fare. Ma proprio lì il Signore fa di tutto per donarci la sua pace: attraverso una Confessione, le parole di una persona che si fa vicina, una consolazione interiore dello Spirito, un avvenimento inaspettato e sorprendente… In vari modi Dio si premura di farci sentire l’abbraccio della sua misericordia, una gioia che nasce dal ricevere “il perdono e la pace”. Sì, quella di Dio è una gioia che nasce dal perdono e lascia la pace, una gioia che rialza senza umiliare.
Fratelli e sorelle, facciamo memoria del perdono e della pace ricevuti da Gesù.
Mettiamo il ricordo dell’abbraccio e delle carezze di Dio davanti a quello dei nostri sbagli e delle nostre cadute. Così alimenteremo la gioia. Perché nulla può essere più come prima per chi sperimenta la gioia di Dio!
2. Pace a voi! Il Signore lo dice una seconda volta, aggiungendo: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (v. 21). E dona ai discepoli lo Spirito Santo, per renderli operatori di riconciliazione: «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati» (v. 23). Non solo ricevono misericordia, ma diventano dispensatori di quella stessa misericordia che hanno ricevuto. Ricevono questo potere, ma non in base ai loro meriti, noi: è un puro dono di grazia, che poggia però sulla loro esperienza di uomini perdonati.
E oggi e sempre nella Chiesa il perdono ci deve raggiungere così, attraverso l’umile bontà di un confessore misericordioso, che sa di non essere il detentore di qualche potere, ma un canale di misericordia, che riversa sugli altri il perdono di cui lui per primo ha beneficiato.
«A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati». Queste parole sono all’origine del sacramento della Riconciliazione, ma non solo. Tutta la Chiesa è stata resa da Gesù una comunità dispensatrice di misericordia, un segno e uno strumento di riconciliazione per l’umanità.
Fratelli, sorelle, ciascuno di noi ha ricevuto nel Battesimo lo Spirito Santo per essere uomo e donna di riconciliazione.
Quando sperimentiamo la gioia di essere liberati dal peso dei nostri peccati, dei nostri fallimenti; quando sappiamo in prima persona che cosa significa rinascere, dopo un’esperienza che sembrava senza via d’uscita, allora bisogna condividere con chi ci sta accanto il pane della misericordia. Sentiamoci chiamati a questo.
E chiediamoci: io, qui dove vivo, in famiglia, al lavoro, nella mia comunità, promuovo la comunione, sono tessitore di riconciliazione?
Mi impegno per disinnescare i conflitti, per portare perdono dove c’è odio, pace dove c’è rancore? Gesù cerca in noi dei testimoni davanti al mondo di queste sue parole: Pace a voi!
3. Pace a voi!, ripete il Signore la terza volta quando riappare otto giorni dopo ai discepoli, per confermare la fede faticosa di Tommaso. Tommaso vuole vedere e toccare. E il Signore non si scandalizza della sua incredulità, ma gli viene incontro: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani» (v. 27). Non sono parole di sfida, ma di misericordia. Gesù comprende la difficoltà di Tommaso: non lo tratta con durezza e l’apostolo è scosso dentro da tanta benevolenza. Ed è così che da incredulo diventa credente, e fa la confessione di fede più semplice e bella: «Mio Signore e mio Dio!» (v. 28).
È una bella invocazione, possiamo farla nostra e ripeterla durante la giornata, soprattutto quando sperimentiamo dubbi e oscurità, come Tommaso.
Perché in Tommaso c’è la storia di ogni credente: ci sono momenti difficili, in cui sembra che la vita smentisca la fede, in cui siamo in crisi e abbiamo bisogno di toccare e di vedere. Ma, come Tommaso, è proprio qui che riscopriamo il cuore del Signore, la sua misericordia. In queste situazioni Gesù non viene verso di noi in modo trionfante e con prove schiaccianti, non compie miracoli roboanti, ma offre caldi segni di misericordia. Ci consola con lo stesso stile del Vangelo odierno: offrendoci le sue piaghe.
E ci fa scoprire anche le piaghe dei fratelli e delle sorelle. Sì, la misericordia di Dio, nelle nostre crisi e nelle nostre fatiche, ci mette spesso in contatto con le sofferenze del prossimo. Pensavamo di essere noi all’apice della sofferenza, al culmine di una situazione difficile, e scopriamo chi, rimanendo in silenzio, sta passando periodi peggiori. E, se ci prendiamo cura delle piaghe del prossimo e vi riversiamo misericordia, rinasce in noi una speranza nuova, che consola nella fatica.
Chiediamoci allora se negli ultimi tempi abbiamo toccato le piaghe di qualche sofferente nel corpo o nello spirito; se abbiamo portato pace a un corpo ferito o a uno spirito affranto; se abbiamo dedicato un po’ di tempo ad ascoltare, accompagnare, consolare. Quando lo facciamo, incontriamo Gesù, che dagli occhi di chi è provato dalla vita ci guarda con misericordia e ci dice: Pace a voi!
Papa Francesco ha concluso l’omelia dicendosi affascinato dalla figura di Maria, donna del lunedì dopo la festa della misericordia, e Madre di Misericordia.