Cecilia Seppia – Città del Vaticano per Vaticannews.va
Quante volte abbiamo invocato e ottenuto giustizia contro un male subito, un torto ricevuto, una calunnia, un sopruso, pensando che chi sbaglia debba pagare, anzi è giusto che paghi, magari con una condanna stabilita da un tribunale.
Questa però è la giustizia dell’uomo non certo quella di Dio. Dalla finestra del Palazzo Apostolico, nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa del Battesimo del Signore, Francesco si concentra su questo tema iniziando la catechesi a scena aperta, con l’immagine “stupefacente” proposta dal Vangelo odierno, di Gesù che china il capo sulle rive del Giordano, per farsi battezzare da Giovanni.
Era un rito, quello di recarsi al fiume per ricevere il Battesimo, in cui la gente si pentiva e si impegnava a convertirsi con umiltà e cuore trasparente. Ma quale motivo spinge Cristo ad umiliarsi?
Vedendo Gesù che si mischia con i peccatori, si resta stupiti e viene da chiedersi: perché ha fatto questa scelta, Lui, il Santo di Dio, il Figlio di Dio senza peccato? Troviamo la risposta nelle parole che Gesù rivolge a Giovanni: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia»
Che cosa vuol dire adempiere ogni giustizia?: domanda il Papa mentre spiega che, facendosi battezzare, Gesù ha voluto svelarci in cosa consista la giustizia che Dio è venuto a portare nel mondo. Nulla a che vedere con l’idea ristretta e meramente umana del “chi sbaglia paga”. La giustizia di Dio, dice Francesco è molto più grande: “non ha come fine la condanna del colpevole, ma la sua salvezza e la sua rinascita”, il voler rendere in definitiva giusto anche il più ostinato dei peccatori.
È una giustizia che viene dall’amore, da quelle viscere di compassione e di misericordia che sono il cuore stesso di Dio, Padre che si commuove quando siamo oppressi dal male e cadiamo sotto il peso dei peccati e delle fragilità. La giustizia di Dio, dunque, non vuole distribuire pene e castighi ma, come afferma l’Apostolo Paolo, consiste nel rendere giusti noi suoi figli (cfr Rm 3,22-31), liberandoci dai lacci del male, risanandoci, rialzandoci.
Salvare i peccatori tutti, prendere sulle spalle il peccato del mondo intero: ecco dunque il senso di quel gesto dirompente che Gesù compie sulle rive del Giordano e che lascia di sasso lo stesso Giovanni, ecco la giustizia che è venuto ad adempiere. “Egli – insiste il Papa – ci mostra che la vera giustizia di Dio è la misericordia che salva, l’amore che condivide la nostra condizione umana, si fa vicino, solidale con il nostro dolore, entrando nelle nostre oscurità per riportare la luce”. Francesco cita ancora il suo predecessore, Benedetto XVI, di cui ha celebrato le esequie lo scorso 5 gennaio per avvalorare la profondità e l’ampiezza di questa redenzione che Dio concede a tutti, senza distinzione e che lo porta a scendere lui stesso “fino in fondo all’abisso della morte, perché ogni uomo, anche chi è caduto tanto in basso da non vedere più il cielo, possa trovare la mano di Dio a cui aggrapparsi” (omelia 13 gennaio 2008).
Il compito più arduo per i cristiani, chiosa Francesco, è proprio esercitare la giustizia in questo modo non solo nella Chiesa ma anche nella società, nella vita di tutti i giorni, nei rapporti con gli altri. Come ci si riesce? Non di certo sparlando dei fratelli, accusando, chiacchierando, perché il chiacchiericcio divide, è un’arma letale.
Non con la durezza di chi giudica e condanna dividendo le persone in buone e cattive, ma con la misericordia di chi accoglie condividendo le ferite e le fragilità delle sorelle e dei fratelli, per rialzarli. Vorrei dirlo così: non dividendo, ma condividendo. Non dividere, ma condividere. Facciamo come Gesù: condividiamo, portiamo i pesi gli uni degli altri, invece di chiacchierare e dividere, guardiamoci con compassione, aiutiamoci a vicenda. Chiediamoci: io sono una persona che divide o che condivide? Sono un discepolo dell’amore o del chiacchiericcio? Il chiacchiericcio è un’arma letale
“Siano ucraine, siano russe”, il pensiero di oggi del Papa all’Angelus va alle mamme – tutte le mamme – che hanno perso i figli in questa guerra brutale che va avanti da oltre 319 giorni in Est-Europa. Il dolore non ha distinzioni, accomuna tutti. E Francesco, dalla finestra del Palazzo Apostolico, se ne fa portavoce, chiedendo ai fedeli in Piazza San Pietro di non dimenticare i fratelli e le sorelle dell’Ucraina, aggredita dal 24 febbraio scorso.
“Soffrono tanto per la guerra, questo Natale in guerra, senza luce, senza caldo… Soffrono tanto! Per favore non dimentichiamoli”
Il Papa fissa lo sguardo sul presepe, in particolare sulla Madonna “che porta il bambino, che lo allatta”. E allora quell’immagine plastica richiama le immagini vive, permeate di dolore e diffuse mondialmente dai media, di tantissime donne che la possibilità di avere vicino i propri figli non ce l’hanno più.
“Penso alle mamme delle vittime della guerra dei soldati che sono caduti in questa guerra in Ucraina. Le mamme ucraine e le mamme russe, ambedue hanno perso entrambe i figli”
“Questo è il prezzo della guerra!”, scandisce il Papa. “Preghiamo – esorta – per le mamme che hanno perso i figli soldati. Siano ucraine, siano russe”.
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