Papa Francesco ha incontrato la comunità ispanica ed altri immigrati davanti alla Indipendence Hall di Philadelphia, uno degli edifici più antichi di tutti gli Stati Uniti d’America. Qui furono firmate la Dichiarazione di Indipendenza e la Costituzione degli Stati Uniti. Davanti a questa costruzione di mattoni rossi, Francesco è venuto a parlare di libertà religiosa e di globalizzazione.
Discorso del Santo Padre
Cari amici,
uno dei momenti salienti della mia visita è qui, davanti all’Independence Mall, luogo di nascita degli Stati Uniti d’America. E’ in questo luogo che le libertà che definiscono questo Paese sono state proclamate per la prima volta.
La Dichiarazione d’Indipendenza ha affermato che tutti gli uomini e tutte le donne sono creati uguali, che sono dotati dal loro Creatore di alcuni diritti inalienabili, e che i governi esistono per proteggere e difendere tali diritti. Queste parole continuano ad ispirarci oggi, così come hanno ispirato altri popoli in tutto il mondo al fine di combattere per la libertà di vivere conformemente alla loro dignità.
Ma la storia mostra anche che questa verità, come del resto ogni verità, va costantemente riaffermata, fatta propria e difesa. La storia di questa nazione è anche quella di uno sforzo costante, fino ai nostri giorni, per dare corpo a questi alti principi nella vita sociale e politica. Ricordiamo le grandi lotte che hanno portato all’abolizione della schiavitù, all’estensione del diritto di voto, alla crescita del movimento dei lavoratori, ed allo sforzo progressivo per eliminare ogni forma di razzismo e di pregiudizio diretti contro le ondate successive di nuovi americani. Questo dimostra che, quando un Paese è determinato a rimanere fedele ai suoi principi fondatori, basati sul rispetto della dignità umana, diventa più forte e si rinnova.
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Tutti traiamo beneficio dal fare memoria del nostro passato. Un popolo che ricorda non ripete gli errori del passato; al contrario, guarda fiducioso le sfide del presente e del futuro. La memoria salva l’anima di un popolo da tutto ciò o da tutti coloro che potrebbero tentare di dominarla o di utilizzarla per i loro interessi. Quando l’esercizio effettivo dei rispettivi diritti è garantito agli individui e alle comunità, essi non sono solamente liberi di realizzare le proprie potenzialità, ma contribuiscono anche al benessere e all’arricchimento della società.
In questo luogo, che è un simbolo dello spirito americano, vorrei riflettere con voi sul diritto alla libertà religiosa. È un diritto fondamentale che plasma il modo in cui noi interagiamo socialmente e personalmente con i nostri vicini, le cui visioni religiose sono diverse dalla nostra.
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La libertà religiosa implica certamente il diritto di adorare Dio, individualmente e comunitariamente, come la nostra coscienza lo detta. Ma la libertà religiosa, per sua natura, trascende i luoghi di culto, come pure la sfera degli individui e delle famiglie.
Le nostre diverse tradizioni religiose servono la società anzitutto mediante il messaggio che proclamano. Esse invitano gli individui e le comunità ad adorare Dio, fonte di ogni vita, della libertà e della bontà. Ci richiamano la dimensione trascendente dell’esistenza umana e la nostra irriducibile libertà di fronte ad ogni pretesa di potere assoluto. Basta dare uno sguardo alla storia, specialmente a quella del secolo scorso, per vedere le atrocità perpetrate dai sistemi che pretendevano di costruire questo o quel ‘‘paradiso terrestre’’ dominando i popoli, asservendoli a principi apparentemente indiscutibili e negando loro qualsiasi tipo di diritto. Le nostre ricche tradizioni religiose cercano di offrire significato e direzione, «posseggono una forza motivante che apre sempre nuovi orizzonti, stimola il pensiero, allarga la mente e la sensibilità» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 256). Esse chiamano alla conversione, alla riconciliazione, all’impegno per il futuro della società, al sacrificio di sé nel servizio al bene comune, e alla compassione per coloro che sono nel bisogno. Al cuore della loro missione spirituale, si trova la proclamazione della verità e della dignità della persona umana come pure dei diritti umani.
Le nostre tradizioni religiose ci ricordano che, come esseri umani, noi siamo chiamati a riconoscere l’altro/l’Altro che rivela la nostra identità relazionale di fronte ad ogni tentativo di instaurare «un’uniformità che l’egoismo del forte, il conformismo del debole, o ancora l’ideologia dell’utopista potrebbero cercare di imporci» (M. de Certeau).
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In un mondo dove le diverse forme di tirannia moderna cercano di sopprimere la libertà religiosa, o cercano di ridurla a una sotto-cultura senza diritto di espressione nella sfera pubblica, o ancora cercano di utilizzare la religione come pretesto per l’odio e la brutalità, è doveroso che i seguaci delle diverse religioni uniscano le loro voce per invocare la pace, la tolleranza, il rispetto della dignità e dei diritti degli altri.
Viviamo in un mondo soggetto «alla globalizzazione del paradigma tecnocratico» (Enc. Laudato si’, 106), che mira consapevolmente a un’uniformità unidimensionale e cerca di eliminare tutte le differenze e le tradizioni in una superficiale ricerca di unità. Le religioni hanno quindi il diritto e il dovere di far comprendere che è possibile costruire una società in cui «un sano pluralismo, che davvero rispetti gli altri ed i valori come tali» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 255) è un «prezioso alleato nell’impegno per la difesa della dignità umana […] una via di pace per il nostro mondo ferito» (ibid., 257) dalle guerre.
I Quaccheri che hanno fondato Filadelfia sono stati ispirati da un profondo senso evangelico della dignità di ogni persona e dall’ideale di una comunità unita dall’amore fraterno. Tale convinzione li ha condotti a fondare una colonia che sarebbe stata un paradiso di libertà religiosa e di tolleranza. Questo significato di impegno fraterno per la dignità di tutti, specialmente dei deboli e dei vulnerabili, è diventato parte essenziale dello spirito americano. Durante la sua visita negli Stati Uniti nel 1987, san Giovanni Paolo II vi ha reso un tributo commovente, ricordando a tutti gli americani che «la prova decisiva della vostra grandezza è il modo con cui voi rispettate ogni persona umana, specialmente quelle più deboli e indifese» (Discorso nella cerimonia di congedo all’aereoporto di Detroit, 19 settembre 1987, 3).
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Colgo ora l’occasione per ringraziare tutti coloro che, qualunque sia la loro religione, hanno cercato di servire il Dio della pace costruendo città animate dall’amore fraterno, prendendosi cura del prossimo nel bisogno, difendendo la dignità del dono divino della vita, in ogni sua fase, difendendo la causa dei poveri e dei migranti. Troppo spesso quanti hanno bisogno del nostro aiuto sono incapaci di farsi sentire. Voi siete la loro voce, e molti tra voi hanno lealmente permesso al loro grido di essere ascoltato. Con questa testimonianza, che spesso incontra forte resistenza, voi ricordate alla democrazia americana gli ideali per i quali essa è stata fondata, e che la società viene indebolita ogni volta e dovunque l’ingiustizia prevale.
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Un momento fa, ho parlato sulla globalizzazione. La globalizzazione non è cattiva, al contrario, la tendenza alla globalizzazione è buona, ci unisce; quello che può essere cattivo è il modo di farla. Se una globalizzazione pretende di rendere tutti uguali, come se fosse una sfera, quella globalizzazione spezza la ricchezza e la particolarità di ogni popolo». Invece «se una globalizzazione cerca di unire tutti, ma rispettando ogni persona, la sua persona, la sua ricchezza, la sua peculiarità, ogni popolo, quella globalizzazione è buona e ci fa crescere tutti e porta alla pace. Mi piace un po’ la geometria: se la globalizzazione è una sfera nella quale ogni punto è uguale, equidistante dal centro, annulla, non è buona; se, invece, la globalizzazione unisce, come un poliedro nel quale tutti sono uniti e ognuno conserva la propria identità, allora è buona e fa crescere un popolo, e dà alle persone dignità e le conferisce dei diritti.
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In mezzo a noi oggi ci sono membri della grande popolazione ispanica d’America, come pure rappresentanti di recenti immigrati negli Stati Uniti. Vi saluto tutti con particolare affetto! Molti di voi sono immigrati in questo Paese pagando personalmente un alto prezzo, ma con la speranza di costruire una nuova vita. Non scoraggiatevi per le sfide e le difficoltà che dovete affrontare, quali che siano. Vi chiedo di non dimenticare che, come quelli che vi hanno preceduto, voi apportate molti talenti alla vostra nuova nazione. Per favore non vergognatevi delle vostre tradizioni. Non dimenticate le lezioni apprese, specialmente dai vostri anziani, che sono il contributo col quale potete arricchire la vita di questo Paese americano. Lo ripeto, non vergognatevi di ciò che fa parte di voi, il sangue della vostra vita. Voi siete anche chiamati ad essere cittadini responsabili e a contribuire in maniera fruttuosa alla vita delle comunità in cui vivete. Penso in particolare alla fervida fede di molti di voi, al senso profondo della vita familiare e a tutti gli altri valori che avete ereditato. Portando i vostri contributi, non troverete soltanto il vostro posto qui, ma aiuterete a rinnovare la società dall’interno.
Cari amici, vi ringrazio della vostra calorosa accoglienza e per esservi radunati oggi con me. Possano questa nazione e ciascuno di voi essere rinnovati nella gratitudine per le tante benedizioni e libertà di cui godete. E possiate difendere questi diritti, specialmente la vostra libertà religiosa, perché essa vi è stata data da Dio stesso. Che Egli vi benedica tutti. Vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me.
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