Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Le mani per toccare le piaghe di Cristo, trovando il suo amore, e le porte chiuse della vergogna, della rassegnazione, del peccato per scoprire che è lì che Dio ci viene incontro. Papa Francesco ricorre a due immagini forti ed evocative nell’omelia della Messa nella Domenica della Divina Misericordia, la seconda dopo Pasqua, davanti agli oltre 550 Missionari della Misericordia provenienti da tutto il mondo. Sacerdoti che dall’Anno Santo del 2016 continuano il loro ministero come segno del perdono di Dio.
Il Papa, richiamando il Vangelo di oggi, ricorda che anche noi come Tommaso abbiamo bisogno di toccare con mano perché “non basta sapere che Dio c’è”, perché “non ci attrae un Dio distante, per quanto giusto e santo”.
Entrare nelle sue piaghe è contemplare l’amore smisurato che sgorga dal suo cuore. Questa è la strada. È capire che il suo cuore batte per me, per te, per ciascuno di noi. Cari fratelli e sorelle, possiamo ritenerci e dirci cristiani, e parlare di tanti bei valori della fede, ma, come i discepoli, abbiamo bisogno di vedere Gesù toccando il suo amore. Solo così andiamo al cuore della fede e, come i discepoli, troviamo una pace e una gioia più forti di ogni dubbio.
In quel gesto, Tommaso riconosce il suo Signore. “Mio Dio”: dice l’apostolo e pronunciando queste parole, sottolinea il Papa, “onoriamo la sua misericordia perché è Lui che ha voluto farsi nostro”. E’ una storia d’amore che nasce nel farsi uomo per noi, nella sua morte e resurrezione: “sei il mio Dio, sei la mia vita. In te – afferma Francesco – ho trovato l’amore che cercavo e molto di più, come non avrei mai immaginato”.
Entrando oggi, attraverso le piaghe, nel mistero di Dio, capiamo che la misericordia non è una sua qualità tra le altre, ma il palpito del suo stesso cuore. E allora, come Tommaso, non viviamo più da discepoli incerti, devoti ma titubanti; diventiamo anche noi veri innamorati del Signore!
“Come assaporare questo amore, come toccare oggi con mano la misericordia di Gesù?“: nel perdono dei peccati – spiega il Papa – e nel lasciarsi perdonare. Vincendo la ritrosia della confessione e del “barricarci a porte chiuse”. E’ proprio la vergogna “il primo passo dell’incontro”.
La vergogna è un invito segreto dell’anima che ha bisogno del Signore per vincere il male. Il dramma è quando non ci si vergogna più di niente. Noi non abbiamo paura di provare vergogna! E passiamo dalla vergogna al perdono! Non abbiate paura di vergognarvi! Non abbiate paura.
C’è poi la rassegnazione che nasce dal ripetere sempre gli stessi peccati, dal continuare a cadere, nell’essere recidivi “ma – dice il Papa – sii recidivo a chiedere la misericordia” perché il sacramento del perdono non ci lascia come eravamo prima ma ci rende “rinfrancati, incoraggiati, ci sentiamo ogni volta di più amati”.
E quando, da amati, ricadiamo, proviamo più dolore rispetto a prima. È un dolore benefico, che lentamente ci distacca dal peccato. Scopriamo allora che la forza della vita è ricevere il perdono di Dio, e andare avanti, di perdono in perdono.
Francesco parla anche della porta blindata del peccato che commettiamo. Non perdonandoci crediamo che anche Dio non lo farà e invece il Signore ama entrare nei varchi sbarrati, è lì che compie meraviglie.
Egli non decide mai di separarsi da noi, siamo noi che lo lasciamo fuori. Ma quando ci confessiamo accade l’inaudito: scopriamo che proprio quel peccato, che ci teneva distanti dal Signore, diventa il luogo dell’incontro con Lui. Lì il Dio ferito d’amore viene incontro alle nostre ferite.
Al Dio dell’amore e della misericordia, chiediamo dunque la grazia, come Tommaso, “di trovare nel suo perdono la nostra gioia, nella sua misericordia la nostra speranza”.
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