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Papa Francesco: ‘La pace si costruisce con gesti quotidiani di carità e accoglienza’

“Guardando i loro occhi siete testimoni di come la guerra fa violenza ai legami familiari, priva i figli della presenza del papà, della scuola, e lascia nell’abbandono i nonni”. Francesco lo dice ai pellegrini slovacchi arrivati a Roma, per ringraziarlo della sua visita al loro Paese lo scorso settembre, che sa impegnati nell’accoglienza dei profughi ucraini. “Vi esorto – dice ancora – a continuare a lavorare per la pace, anche con questi gesti”

Adriana Masotti – Città del Vaticano per Vaticanews.va

“Porto nel cuore i nostri incontri del settembre scorso”, afferma Papa Francesco in Aula Paolo VI salutando i circa 2500 pellegrini slovacchi arrivati a Roma per ringraziarlo di quella visita. Sottolinea la presenza dell’anziano cardinale Jozef Tomko che però, dice, “sembra più giovane di me!,” le autorità civili e in particolare il presidente del Parlamento della Repubblica Slovacca e il presidente della Corte Costituzionale e invia un saluto particolare alla “signora presidente del Paese”.

Papa Francesco in Aula Paolo VI

Nell’occasione di quella visita, prosegue, ho potuto vedere “come la Chiesa in Slovacchia vive la ricchezza della diversità dei riti e delle tradizioni, come un ponte che unisce l’Occidente e l’Oriente cristiano”. E dice che era sua intenzione incoraggiarli a proseguire il cammino tutti insieme “nello stile dell’incontro”: giovani, famiglie, anziani e comunità diverse presenti tra loro.

La cultura dell’incontro si costruisce nella ricerca dell’armonia tra le diversità, un’armonia che richiede accoglienza, apertura e creatività. Alla radice di questo stile di vita c’è il Vangelo, c’è lo Spirito Santo. Ma sappiamo che nella storia e nella vita concreta questa armonia è a volte ferita dai nostri peccati e dai nostri limiti. Per questo, durante la mia visita, abbiamo pregato anche per la guarigione delle ferite. 

La solidarietà verso i profughi ucraini

Il Papa ha saputo che il grande tappeto usato per il suo incontro con la comunità Rom, a Košice, è stato distribuito a pezzetti tra le famiglie del posto per farne un segno di accoglienza alla porta di ogni casa e ricorda il pane e il sale che gli era stato offerto al suo arrivo: “il sale dell’accoglienza che rimanda al sale del Vangelo”. Un’accoglienza che oggi la Slovacchia vive “nel contesto tragico della guerra”.

In questi mesi tante vostre famiglie, parrocchie e istituzioni hanno ricevuto sotto il loro tetto le mamme con i bambini delle famiglie ucraine costrette a dividersi per mettersi in salvo, arrivati con il loro povero bagaglio. Guardando i loro occhi siete testimoni di come la guerra fa violenza ai legami familiari, priva i figli della presenza del papà, della scuola, e lascia abbandonati i nonni. Vi esorto a continuare a pregare e lavorare per la pace, che si costruisce nella nostra vita di ogni giorno, anche con questi gesti di carità accogliente.

Costruire ponti di fraternità

Papa Francesco sottolinea che la solidarietà della Chiesa slovacca si spinge lontano fino ad arrivare a Cuba e ricorda che accogliere un bisognoso significa compiere un atto di carità ma anche di fede “perché riconosce Gesù” nei fratelli. E raccomanda di non perdere questo “sale dell’accoglienza” mantenendosi fedeli al Vangelo ricevuto dai Santi Cirillo e Metodio.

Vi invito a custodire e coltivare sempre questa eredità, per costruire ponti di fraternità insieme a tutti i popoli che si nutrono dalle stesse radici dell’evangelizzazione dell’Europa, con ambedue i polmoni del cristianesimo, di cui parlava il Santo Papa Giovanni Paolo II.

La Madonna dei Sette Dolori, Patrona della Slovacchia, conclude il Papa, sia “la Mamma che sempre vi accompagna nel cammino e vi insegna a consolare e portare speranza”. Dice poi che benedirà i presenti e li saluterà ma che “c’è un problema”:

Questa gamba non va bene, non funziona, e il medico mi ha detto di non camminare. A me piace andare…, ma questa volta devo obbedire al medico! Per questo vi chiederò il sacrificio di salire le scale e vi saluto da qui seduto. È una umiliazione, ma la offro per il vostro Paese. 

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