Giada Aquilino – Città del Vaticano
“Compassione” dei bisogni altrui, fiducia nell’amore “provvidente” del Padre e “coraggiosa” condivisione. All’Angelus di una calda domenica d’agosto in Piazza San Pietro, Papa Francesco richiama gli atteggiamenti di Gesù con le folle dell’odierno brano evangelico, dedicato al “prodigio della moltiplicazione dei pani”, ed esorta a seguire la logica di Dio, che porta a “farsi carico dell’altro”. L’invito è alla “fraternità”, accostandosi al Sacramento dell’Eucaristia senza dimenticare i fratelli che sono “privi del necessario” e usando proprio la “compassione” e la “tenerezza” di Gesù: Egli – per coloro che lo seguono e che, “pur di stare con Lui”, hanno dimenticato di fare provviste – non ha mostrato “sentimentalismo” bensì, spiega, la manifestazione “concreta” dell’amore che “si fa carico” delle necessità delle persone.
Il Papa ricorda che la scena riportata dall’evangelista Matteo si svolge in un luogo deserto dove Gesù, lì ritiratosi coi discepoli, viene raggiunto dalla gente che vuole “ascoltarlo e farsi guarire”: “le sue parole e i suoi gesti – aggiunge – risanano e danno speranza”.
Al calar del sole, le folle sono ancora lì, e i discepoli, uomini pratici, invitano Gesù a congedarle perché possano andare a procurarsi da mangiare. Ma Lui risponde: «Voi stessi date loro da mangiare».
Gesù, in tal modo, vuole cambiare l’atteggiamento dei discepoli. Il Papa lo ribadisce e, come fa pure in un tweet su @Pontifex, si sofferma sulla logica di Dio.
Gesù, attraverso questa situazione, vuole educare i suoi amici di ieri e di oggi alla logica di Dio. E qual è la logica di Dio che vediamo qui? La logica del farsi carico dell’altro. La logica di non lavarsene le mani, la logica di non guardare da un’altra parte. La logica di farsi carico dell’altro. Il “che si arrangino” non entra nel vocabolario cristiano.
Gesù prende i cinque pani e i due pesci “tra le sue mani”, “alza gli occhi al cielo, recita la benedizione e comincia a spezzare e a dare le porzioni ai discepoli da distribuire”: quei pani e quei pesci – ricorda Francesco – non finiscono, bastano e avanzano per migliaia di persone”.
Con questo gesto Gesù manifesta la sua potenza, non però in modo spettacolare, ma come segno della carità, della generosità di Dio Padre verso i suoi figli stanchi e bisognosi. Egli è immerso nella vita del suo popolo, ne comprende le stanchezze, ne comprende i limiti, ma non lascia che nessuno si perda o venga meno: nutre con la sua Parola e dona cibo abbondante per il sostentamento.
Nel racconto evangelico, nota il Pontefice, si “percepisce” il riferimento all’Eucaristia, “soprattutto là dove descrive la benedizione, la frazione del pane, la consegna ai discepoli, la distribuzione alla gente”.
Va notato come sia stretto il legame tra il pane eucaristico, nutrimento per la vita eterna, e il pane quotidiano, necessario per la vita terrena. Prima di offrire sé stesso al Padre come Pane di salvezza, Gesù si cura del cibo per coloro che lo seguono e che, pur di stare con Lui, hanno dimenticato di fare provviste. A volte si contrappone spirito e materia, ma in realtà lo spiritualismo, come il materialismo, è estraneo alla Bibbia. Non è un linguaggio della Bibbia.
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L’invito di Francesco è ancora una volta a prendere esempio da Gesù.
La compassione, la tenerezza che Gesù ha mostrato nei confronti delle folle non è sentimentalismo, ma la manifestazione concreta dell’amore che si fa carico delle necessità delle persone. E noi siamo chiamati ad accostarci alla mensa eucaristica con questi stessi atteggiamenti di Gesù: [anzitutto] compassione dei bisogni altrui.
La parola compassione, riflette il Pontefice, si ripete nel Vangelo, quando Gesù si trova di fronte a “un problema, una malattia o questa gente senza cibo”.
Compassione non è un sentimento puramente materiale; la vera compassione è patire con, prendere su di noi i dolori altrui. Forse ci farà bene oggi domandarci: io ho compassione? Quando leggo le notizie delle guerre, della fame, delle pandemie, tante cose, ho compassione di quella gente? Io ho compassione della gente che è vicina a me? Sono capace di patire con loro, o guardo da un’altra parte o dico “che si arrangino”? Non dimenticare questa parola “compassione”, che è fiducia nell’amore provvidente del Padre e significa coraggiosa condivisione.
Prima dei saluti, invoca Maria Santissima affinché “ci aiuti a percorrere il cammino” indicatoci dal Signore.
È il percorso della fraternità, che è essenziale per affrontare le povertà e le sofferenze di questo mondo, specialmente in questo momento grave, e che ci proietta oltre il mondo stesso, perché è un cammino che inizia da Dio e a Dio ritorna.
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