Barbara Castelli – Città del Vaticano
La preghiera del “Padre nostro” è “breve”, ma “audace”: “Gesù non insegna formule per ‘ingraziarsi’ il Signore, anzi, invita a pregarlo facendo cadere le barriere della soggezione e della paura”. Lo sottolinea Papa Francesco all’udienza generale, svoltasi in aula Paolo VI. Durante il tradizionale appuntamento del mercoledì, il Pontefice prosegue le catechesi dedicate alla preghiera del “Padre nostro”, un’orazione che “Gesù mette sulle labbra” dei suoi stessi discepoli.
Papa Bergoglio ricorda che nel “Padre nostro” non “ci sono preamboli”, ma “confidenza” e “fiducia filiale”.
La preghiera del “Padre nostro” affonda le sue radici nella realtà concreta dell’uomo. Ad esempio, ci fa chiedere il pane, il pane quotidiano: richiesta semplice ma essenziale, che dice che la fede non è una questione “decorativa”, staccata dalla vita, che interviene quando sono stati soddisfatti tutti gli altri bisogni. Semmai la preghiera comincia con la vita stessa. La preghiera – ci insegna Gesù – non inizia nell’esistenza umana dopo che lo stomaco è pieno: piuttosto si annida dovunque c’è un uomo, un qualsiasi uomo che ha fame, che piange, che lotta, che soffre e si domanda “perché”.
In qualche modo, “la nostra prima preghiera” è “stato il vagito che ha accompagnato il primo respiro”, un pianto in cui si annuncia “il destino di tutta la nostra vita: la nostra continua fame, la nostra continua sete, la nostra ricerca di felicità”.
Gesù, nella preghiera, non vuole spegnere l’umano, non lo vuole anestetizzare. Non vuole che smorziamo le domande e le richieste imparando a sopportare tutto. Vuole invece che ogni sofferenza, ogni inquietudine, si slanci verso il cielo e diventi dialogo.
Ai fedeli presenti, Papa Francesco precisa che tutti dovremmo essere come il “cieco che mendicava alle porte di Gerico”. Lui non si è preoccupato di disturbare il Maestro, di essere fastidioso con le sue grida: “voleva solo essere guarito”.
La preghiera non solo precede la salvezza, ma in qualche modo la contiene già, perché libera dalla disperazione di chi non crede a una via d’uscita da tante situazioni insopportabili.
Taluni, in passato, hanno abbracciato la teoria che la “preghiera di domanda sia una forma debole della fede”, mentre quella “più autentica” è quella della “lode pura, quella che cerca Dio senza il peso di alcuna richiesta”. Ma questo, rimarca il Pontefice, non corrisponde al vero.
La fede [preghiera] di domanda è autentica! È spontanea! È un atto di fede in Dio che è il Padre, che è buono, che è onnipotente. È un atto di fede in me, che sono piccolo, peccatore, bisognoso. E per questo la preghiera, per chieder qualcosa, è molto nobile. Dio è il Padre che ha un’immensa compassione di noi, e vuole che i suoi figli gli parlino senza paura, direttamente: “Padre” o nelle difficoltà: “Ma Signore, cosa mi hai fatto?”. Direttamente. Per questo gli possiamo raccontare tutto, anche le cose che nella nostra vita rimangono distorte e incomprensibili.
Tra i saluti in lingua, Papa Francesco ricorda anche l’odierna memoria della Beata Vergine di Guadalupe. “San Giovanni Paolo II – precisa – ha raccomandato alla Sua materna protezione, la vita e l’innocenza dei bambini, soprattutto di quelli che corrono il pericolo di non nascere”.
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