Benedetta Capelli – Città del Vaticano
C’è una parola che squarcia il buio, che nasce come un sussurro sulle labbra di Gesù. “Abbà”, “Padre” è invocazione, dialogo e affidamento. Papa Francesco, nel Cortile di San Damaso, dopo aver salutato con calore i fedeli presenti, conclude le catechesi sulla preghiera toccando i momenti più tragici della vita di Gesù, la sua passione e la sua morte. Indica una costante: il guardare a Dio che, pur nel silenzio, si fa presenza e vicinanza, invocandolo con fiducia di figlio come nel momento dell’ultima cena “quando anche nella più dolorosa delle nostre sofferenze, non siamo mai soli”.
La preghiera di Gesù è intensa, la preghiera di Gesù è unica e anche diviene il modello della nostra preghiera. Gesù ha pregato per tutti, anche ha pregato per me, per ognuno di voi. Ognuno di noi può dire: “Gesù, sulla croce, ha pregato per me”. Ha pregato. Gesù può dirci, a ognuno di noi:
“Ho pregato per te, nell’Ultima Cena e sul legno della Croce”. Anche nella più dolorosa delle nostre sofferenze, non siamo mai soli.Francesco ricorda che la preghiera è dialogo con il Padre quindi “il nucleo incandescente di tutta la sua esistenza”. Nei Vangeli – aggiunge – si raccontano, anche in modo dettagliato, gli avvenimenti più forti della vita di Gesù, che gettano così una luce nuova su tutta la sua vicenda.
Egli non è stato un filantropo che si è preso cura delle sofferenze e delle malattie umane: è stato ed è molto di più. E’ stato quello ma di più! In Lui non c’è solamente la bontà: c’è qualcosa di più, c’è la salvezza, e non una salvezza episodica – quella che mi salva da una malattia o da un momento di sconforto – ma la salvezza totale, quella messianica, quella che fa sperare nella vittoria definitiva della vita sulla morte.
E’ quella di Gesù, nell’Orto dei Getsemani, una preghiera avvolta da “un’angoscia mortale”
Eppure Gesù, proprio in quel momento, si rivolge a Dio chiamandolo “Abbà”, Papà Questa parola aramaica – che era la lingua di Gesù – esprime intimità, esprime fiducia. Proprio mentre sente le tenebre addensarsi intorno a Sé, Gesù le attraversa con quella piccola parola: Abbà! Papà…
La stessa parola la pronuncia sulla Croce. “E’ la preghiera più ardita, perché sulla croce – spiega il Papa – Gesù è l’intercessore assoluto: prega per gli altri, per tutti, anche per coloro che lo condannano, senza che nessuno, tranne un povero malfattore, si schieri dalla sua parte”. La sua preghiera è quella dei Salmi, dei “poveri del mondo”, dei “dimenticati da tutti”, della “figliolanza” anche nel momento di consegnare lo Spirito.
Sulla croce si compie il dono del Padre, che offre l’amore, cioè si compie la nostra salvezza. E anche, una volta, lo chiama “Dio mio”, “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”: cioè, tutto, tutto è preghiera, nelle tre ore della Croce.
Francesco conclude la sua catechesi con una consegna, con una cosa bella da ricordare:
La grazia che noi non solamente preghiamo, ma che, per così dire, siamo stati “pregati”, siamo già accolti nel dialogo di Gesù con il Padre, nella comunione dello Spirito Santo. Gesù prega per me: ognuno di noi può mettere questo nel cuore: non dimenticarlo. Anche nei momenti più brutti. Siamo già accolti nel dialogo di Gesù con il Padre nella comunione dello Spirito Santo.
Concludendo la catechesi, Francesco invita al coraggio e alla speranza:
E allora, con la preghiera e con la vita, non ci resta che avere coraggio, speranza e con questo coraggio e speranza sentire forte la preghiera di Gesù e andare avanti: che la nostra vita sia un dare gloria a Dio nella consapevolezza che Lui prega per me il Padre, che Gesù prega per me. Grazie.
In lingua italiana, il Papa saluta i presenti come i fedeli della diocesi di Forlì-Bertinoro guidati dal vescovo Livio Corazza che – ha ricordato Francesco – celebra il 40.mo di sacerdozio. Poi il pensiero all’Associazione Collaboratrici familiari delle ACLI, e l’Associazione Nazionale Ambulanti.
Auguro che il periodo estivo possa essere tempo di serenità e una bella occasione per contemplare Dio nel capolavoro del Suo creato.
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