Adriana Masotti – Città del Vaticano per Vaticannews.va
“Dio parla al cuore”, così il discernimento non è solo una questione di testa, ma contiene anche aspetti affettivi come il sentimento della desolazione a cui il Papa dedica la catechesi di questo mercoledì. Ma di cosa si tratta? Per spiegarlo Francesco cita ciò che ha scritto a proposito Sant’Ignazio di Loyola:
Credo, prosegue Papa Francesco, che tutti abbiamo fatto esperienza di desolazione. Ma forse non tutti la sappiamo leggere “perché anch’essa ha qualcosa di importante da dirci” e quindi non va perduta.
Nessuno vorrebbe essere desolato, triste: questo è vero. Tutti vorremmo una vita sempre gioiosa, allegra e appagata. Eppure questo, oltre a non essere possibile – perchè non è possibile -, non sarebbe neppure un bene per noi. Infatti, il cambiamento di una vita orientata al vizio può iniziare da una situazione di tristezza, di rimorso per ciò che si è fatto.
Il rimorso “è la coscienza che morde”, afferma il Papa e osserva che nei Promessi Sposi, Alessandro Manzoni la descrive in modo splendido nel celebre dialogo tra il cardinale Federico Borromeo e l’Innominato. Quest’ultimo, dopo aver passato una notte terribile tormentato dai rimorsi, viene accolto dal cardinale come fosse portatore di una buona notizia: “Ditemi voi, se lo sapete, qual è questa buona nuova”, chiede l’Innominato a Borromeo che gli risponde: “Che Dio v’ha toccato il cuore, e vuol farvi suo”. Il Papa commenta:
È importante imparare a leggere la tristezza. (…) Nel nostro tempo, essa è considerata per lo più negativamente, come un male da fuggire a tutti i costi, e invece può essere un indispensabile campanello di allarme per la vita, invitandoci a esplorare paesaggi più ricchi e fertili che la fugacità e l’evasione non consentono. San Tommaso definisce la tristezza un dolore dell’anima: come i nervi per il corpo, essa ridesta l’attenzione di fronte a un possibile pericolo, o a un bene disatteso.
Diverso è invece la situazione di chi vuol compiere il bene, in questo caso “la tristezza è un ostacolo con il quale il tentatore vuole scoraggiarci”. Allora non bisogna andarle dietro, ma bisogna “agire in maniera esattamente contraria a quanto suggerito, decisi a continuare quanto ci si era proposto di fare”.
Pensiamo al lavoro, allo studio, alla preghiera, a un impegno assunto: se li lasciassimo appena avvertiamo noia o tristezza, non concluderemmo mai nulla. È anche questa un’esperienza comune alla vita spirituale: la strada verso il bene, ricorda il Vangelo, è stretta e in salita, richiede un combattimento, un vincere sé stessi. Inizio a pregare, o mi dedico a un’opera buona e, stranamente, proprio allora mi vengono in mente cose da fare con urgenza per non pregare e per non fare le cose buone. Tutti abbiamo questa esperienza. È importante, per chi vuole servire il Signore, non lasciarsi guidare dalla desolazione.
In un momento di tristezza, prosegue il Papa, tanti decidono di abbandonare una scelta fatta, “senza prima fermarsi a leggere questo stato d’animo”. E ricorda che “una regola saggia dice di non fare cambiamenti quando si è desolati.” Un esempio è Gesù che, come leggiamo nel Vangelo, respinge con fermezza le tentazioni del demonio, che scompaiono di fronte al suo atteggiamento risoluto di compiere la volontà del Padre. Francesco afferma:
Se sappiamo attraversare solitudine e desolazione con apertura e consapevolezza, possiamo uscirne rafforzati sotto l’aspetto umano e spirituale. Nessuna prova è al di fuori della nostra portata; nessuna prova sarà superiore a quello che noi possiamo fare. Ma non fuggire dalle prove: vedere cosa significa questa prova, cosa significa che io sono triste: perché sono triste? Cosa significa che io in questo momento sono in desolazione? Cosa significa che io sono in desolazione e non posso andare avanti?
“Andare avanti,” questo l’invito di Papa Francesco: se non riusciamo a vincere oggi la tentazione, camminiamo e “la vinceremo domani”. E conclude: “Che il Signore ti benedica in questo cammino – coraggioso! – della vita spirituale, che è sempre camminare.”
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