“L’amore rende liberi anche in carcere, anche se deboli e limitati”, e solo l’amore donatoci da Gesù può spezzare le catene della schiavitù del peccato, soprattutto quella “del proprio ego”. All’udienza generale in piazza San Pietro, Papa Francesco approfondisce il terzo comandamento, dedicato al giorno del riposo. Il Decalogo “promulgato nel libro dell’Esodo”, precisa il Pontefice, è ripetuto “nel libro del Deuteronomio in modo pressoché identico”, fatta eccezione per questa Terza Parola, che compare prima come riposo per benedire la creazione e poi “commemora la fine della schiavitù”. Si tratta di un giorno in cui “lo schiavo si deve riposare come il padrone, per celebrare la memoria della Pasqua di liberazione”.
Il variegato mosaico delle schiavitù
Nella catechesi, Papa Bergoglio chiarisce che esistono vari “tipi di schiavitù, sia esteriore che interiore”: ci sono, infatti, “le costrizioni esterne come le oppressioni, le vite sequestrate dalla violenza e da altri tipi di ingiustizia”; così come “i blocchi psicologici, i complessi, i limiti caratteriali”. Una serie di realtà esistenziali dalle quali è apparentemente impossibile prendere le distanze. Eppure la storia ci offre esempi di uomini che, pur segnati da forme di oppressione, sono riusciti a conoscere il “riposo della misericordia”: ad esempio, San Massimiliano Kolbe e il Cardinale Van Thuan.
“La misericordia di Dio ci libera. E quando tu ti incontri con la misericordia di Dio, hai una libertà interiore grande e, anche, sei capace di trasmetterla”.
Gli schiavi del proprio io
Il Pontefice mette, in modo particolare, in guardia dalla “schiavitù del proprio ego”, una “schiavitù che incatena più di una prigione, più di una crisi di panico”.
“L’ego può diventare un aguzzino che tortura l’uomo ovunque sia e gli procura la più profonda oppressione, quella che si chiama ‘peccato’, che non è banale violazione di un codice, ma fallimento dell’esistenza e condizione di schiavi”.
L’invidioso ha l’anima gialla
Innumerevoli sono i peccati che possono incatenare l’essere umano e Papa Francesco li ricorda: così non c’è tregua per il goloso, “perché la gola è l’ipocrisia dello stomaco, che è pieno ma ci fa credere che è vuoto”; “l’ansia del possesso distrugge l’avaro”; “il fuoco dell’ira e il tarlo dell’invidia rovinano le relazioni”.
“Gli scrittori dicono che l’invidia fa venire giallo il corpo e l’anima, come quando una persona ha l’epatite: diventa gialla. Gli invidiosi hanno gialla l’anima, perché mai possono avere la freschezza della salute dell’anima. L’invidia distrugge”.
L’amore di Gesù crocifisso
Il “vero schiavo”, dunque, è colui che incapace di amare, e il terzo comandamento per i cristiani è “profezia del Signore Gesù, che spezza la schiavitù interiore del peccato per rendere l’uomo capace di amare”.
“L’amore vero è la vera libertà: distacca dal possesso, ricostruisce le relazioni, sa accogliere e valorizzare il prossimo, trasforma in dono gioioso ogni fatica e rende capaci di comunione. L’amore rende liberi anche in carcere, anche se deboli e limitati”.
La risposta d’amore di Maria
Nei saluti in lingua italiana, Papa Francesco ricorda, infine, l’odierna memoria liturgica del Santissimo Nome di Maria.
“Tutti noi cristiani siamo invitati a cogliere nel nome di Maria, il grande progetto che Dio ha avuto su questa creatura eccelsa, e, allo stesso tempo, la risposta d’amore che, da Madre, diede al suo Figlio Gesù, collaborando, senza risparmio, alla sua opera di salvezza”.
Fonte www.vaticannews.va
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