Barbara Castelli – Città del Vaticano
“Responsabilità” e “memoria” sono i “vaccini” contro il virus dell’indifferenza, che “contagia pericolosamente i nostri tempi, tempi nei quali siamo sempre più connessi con gli altri, ma sempre meno attenti agli altri”. Nel discorso ai partecipanti alla Conferenza internazionale sulla responsabilità degli Stati, Istituzioni e individui nella lotta all’antisemitismo e ai crimini connessi all’odio antisemitico, Papa Francesco condanna non solo “l’odio, in tutte le sue forme”, ma ancor più la sua radice, l’indifferenza, perché “paralizza e impedisce di fare quel che è giusto anche quando si sa che è giusto”.
In un mondo sempre più connesso, risulta inspiegabile la spiccata incapacità delle persone di preoccuparsi per gli altri, anche se “il contesto globalizzato ci dovrebbe aiutare a comprendere che nessuno di noi è un’isola e che nessuno avrà un futuro di pace senza un degno avvenire per tutti”. Ecco perché il Pontefice insiste sulla responsabilità, che vuol dire “essere capaci di rispondere”. Non si tratta solo “di analizzare le cause della violenza e di rifiutarne le logiche perverse, ma di essere pronti e attivi nel rispondervi”.
L’indifferenza è sempre stata un “male insidioso” “accovacciato alla porta dell’uomo”, ne parla già la Genesi con Caino e Abele, una “radice perversa”, una “radice di morte che produce disperazione e silenzio”. “Ricordo questo silenzio assordante, che percepii nella mia visita ad Auschwitz-Birkenau: un silenzio inquietante, che lascia spazio solo alle lacrime, alla preghiera e alla richiesta di perdono”.
Nel breve ma intenso intervento, Papa Bergoglio rimarca anche che la “memoria è la chiave di accesso al futuro”, ed è comune “responsabilità consegnarla degnamente alle giovani generazioni”. In questo contesto, ricorda un documento della Commissione per i rapporti religiosi con l’Ebraismo, di cui ricorre quest’anno il ventesimo anniversario della pubblicazione: “Noi ricordiamo: una Riflessione sulla Shoah”. Nel solco delle parole di San Giovanni Paolo II, il Pontefice ribadisce che “per costruire la nostra storia” “abbiamo bisogno di una memoria comune”, “che non rimanga imprigionata nel risentimento ma, pur attraversata dalla notte del dolore, si dischiuda alla speranza di un’alba nuova”.
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La costruzione di un futuro senza “odi” e “discriminazioni” è nelle mani delle giovani generazioni, chiamate a “far fermentare una cultura della responsabilità, della memoria e della prossimità”, stabilendo “un’alleanza contro l’indifferenza”. Fondamentali in questo cammino, conclude Papa Francesco, saranno “le potenzialità dell’informazione” e la formazione, perché per “preparare un futuro veramente umano non è sufficiente respingere il male, ma serve costruire insieme il bene”.
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