Forte l’appello del Santo Padre nell’udienza generale di oggi 19 Agosto 2020…
(Vatican News – Alessandro Di Bussolo)
L’APPELLO – Una chiamata ad “agire ora”, per “cambiare questo mondo” che è “ingiusto per i poveri e i più vulnerabili”, prima che il virus possa nuovamente intensificarsi, “per guarire le epidemie provocate da piccoli virus invisibili”, e quelle “provocate dalle grandi e visibili ingiustizie sociali”, partendo “dall’amore di Dio, ponendo le periferie al centro e gli ultimi al primo posto”. È quella di Papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale di oggi, la terza incentrata sulla pandemia di Covid-19, pronunciata ancora una volta nella Biblioteca del Palazzo apostolico, senza fedeli.
Agire ora per cambiare le “strutture sociali malate” e “far crescere un’economia di sviluppo integrale dei poveri e non di assistenzialismo”. Perché il rischio, sottolineato dal Papa, è che nel vaccino per il Covid-19 si dia “la priorità ai più ricchi”. E sarebbe scandaloso se tutta l’assistenza economica prevista, soprattutto con denaro pubblico “si concentrasse a riscattare industrie che non contribuiscono all’inclusione degli esclusi, alla promozione degli ultimi, al bene comune o alla cura del creato” .
Un virus “che non fa eccezioni tra le persone”, esordisce Francesco, “ha trovato, nel suo cammino devastante, grandi disuguaglianze e discriminazioni. E le ha aumentate!”. La risposta alla pandemia dev’essere quindi duplice. Da un lato “è indispensabile trovare la cura per un virus piccolo ma tremendo, che mette in ginocchio il mondo intero”.
Dall’altro, dobbiamo curare un grande virus, quello dell’ingiustizia sociale, della disuguaglianza di opportunità, della emarginazione e della mancanza di protezione dei più deboli.
Questa è la risposta di chi segue il Vangelo e la sua “opzione preferenziale per i poveri”, spiega il Pontefice. Quella dei seguaci di Gesù, che venendo nel mondo, “non ha scelto una vita di privilegio, ma la condizione di servo”, nascendo “in una famiglia umile” e lavorando “come artigiano”. All’inizio della sua predicazione, ricorda Papa Francesco, “ha annunciato che nel Regno di Dio i poveri sono beati”, e “stava in mezzo ai malati, ai poveri e agli esclusi, mostrando loro l’amore misericordioso di Dio”.
Per questo, i cristiani “si riconoscono dalla loro vicinanza ai poveri, ai piccoli, ai malati e ai carcerati, agli esclusi e ai dimenticati, a chi è privo del cibo e dei vestiti”.
Questo è un criterio-chiave di autenticità cristiana. Alcuni pensano, erroneamente, che questo amore preferenziale per i poveri sia un compito per pochi, ma in realtà è la missione di tutta la Chiesa.
E citando san Giovanni Paolo II nell’enciclica Sollicitudo rei socialis, il Papa aggiunge: “Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri”. Questa preferenza per i più bisognosi, che ci viene da fede, speranza e amore, “va oltre la pur necessaria assistenza”, prosegue Francesco riprendendo alcuni passi della sua enciclica Evangelii gaudium, perché implica “il camminare assieme, il lasciarci evangelizzare da loro, che conoscono bene Cristo sofferente, il lasciarci “contagiare” dalla loro esperienza della salvezza, dalla loro saggezza e creatività”.
Condividere con i poveri significa arricchirci a vicenda. E, se ci sono strutture sociali malate che impediscono loro di sognare per il futuro, dobbiamo lavorare insieme per guarirle, per cambiarle.
Portare le periferie al centro, chiarisce ancora il Pontefice, significa centrare la nostra vita in Cristo, “che ‘si è fatto povero’ per noi, per arricchirci ‘per mezzo della sua povertà’. E’ giusto essere “preoccupati per le conseguenze sociali della pandemia”, sottolinea Papa Francesco, e voler “tornare alla normalità e riprendere le attività economiche”. Ma questa “normalità” non dovrebbe, per il Papa “comprendere le ingiustizie sociali e il degrado dell’ambiente”. Oggi “abbiamo un’occasione per costruire qualcosa di diverso”.
Per esempio, possiamo far crescere un’economia di sviluppo integrale dei poveri e non di assistenzialismo. Un’economia che non ricorra a rimedi che in realtà avvelenano la società, come i rendimenti dissociati dalla creazione di posti di lavoro dignitosi. Questo tipo di profitti è dissociato dall’economia reale, quella che dovrebbe dare beneficio alla gente comune.
Un profitto, aggiunge Francesco, che “inoltre risulta a volte indifferente ai danni inflitti alla casa comune”. L’opzione preferenziale per i poveri, chiarisce ancora, un’”esigenza etico-sociale che proviene dall’amore di Dio” ci spinge “a pensare e disegnare un’economia dove le persone, e soprattutto i più poveri, siano al centro”. E ci incoraggia, sottolinea il Pontefice, “anche a progettare la cura dei virus privilegiando coloro che ne hanno più bisogno”.
E che scandalo sarebbe se tutta l’assistenza economica che stiamo osservando – la maggior parte con denaro pubblico – si concentrasse a riscattare industrie che non contribuiscono all’inclusione degli esclusi, alla promozione degli ultimi, al bene comune o alla cura del creato.
Per questo, conclude Papa Francesco, “se il virus dovesse nuovamente intensificarsi in un mondo ingiusto per i poveri e i più vulnerabili, dobbiamo cambiare questo mondo”. Seguendo Gesù, il medico “della guarigione fisica, sociale e spirituale”…
Dobbiamo agire ora, per guarire le epidemie provocate da piccoli virus invisibili, e per guarire quelle provocate dalle grandi e visibili ingiustizie sociali. Propongo che ciò venga fatto a partire dall’amore di Dio, ponendo le periferie al centro e gli ultimi al primo posto. A partire da questo amore, ancorato alla speranza e fondato nella fede, un mondo più sano sarà possibile.
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