Categorie: Familia et Mens

Papa Francesco: Le famiglie non sono un problema, sono prima di tutto un’opportunità!

Papa Francesco ha incontrato le famiglie cubane. E’ questo l’ultimo appuntamento pubblico a Cuba, in serata la partenza per Washington.

Con una poesia che a molti ha ricordato il discorso alla luna di San Giovanni XXIII, Papa Francesco ha benedetto tutte le donne incinte, i bambini nel loro grembo, ovunque si trovino, a Santiago, in tutta Cuba, ed anche nel mondo intero attraverso i mezzi di comunicazione:

A questo punto mi viene un’immagine, quando nell’udienza del mercoledì passo a salutare la gente, e tante donne mi mostrano il loro grembo per la benedizione. Propongo una cosa a tutte le donne che son incinte di speranza, perchè il figlio è una speranza. Toccatevi il grembo e, ad ogni bambino e bambina, io do la mia benedizione. Desidero che nasca sano, che cresca bene. Accarezzate il figlio che state aspettando. Io do la mia benedizione

Il discorso pronunciato dal Santo Padre:

Siamo in famiglia. E quando uno sta in famiglia si sente a casa. Grazie famiglie cubane, grazie cubani per avermi fatto sentire in tutti questi giorni in famiglia, per avermi fatto sentire a casa. Questo incontro con voi è come “la ciliegina sulla torta”.

Concludere la mia visita vivendo questo incontro in famiglia è un motivo per rendere grazie a Dio per il “calore” che promana da gente che sa ricevere, che sa accogliere, che sa far sentire a casa. Grazie.

Ringrazio Mons. Dionisio García, Arcivescovo di Santiago, per il saluto che mi ha rivolto a nome di tutti, e la coppia che ha avuto il coraggio di condividere con tutti noi i propri aneliti e sforzi per vivere la famiglia come una “chiesa domestica”.

Il Vangelo di Giovanni ci presenta come primo avvenimento pubblico di Gesù le Nozze di Cana, nella festa di una famiglia. Lì è con Maria sua madre e alcuni dei suoi discepoli, a condividere la festa familiare.



Le nozze sono momenti speciali nella vita di molti. Per i “più veterani”, genitori, nonni, è un’occasione per raccogliere il frutto della semina. Dà gioia all’anima vedere i figli crescere e poter formare la propria famiglia. È l’opportunità di vedere, per un istante, che tutto ciò per cui si è lottato ne valeva la pena. Accompagnare i figli, sostenerli, stimolarli perché possano decidersi a costruire la loro vita, a formare la loro famiglia, è un grande compito per tutti i genitori. A loro volta, i giovani sposi sono nella gioia. Tutto un futuro che comincia, tutto ha “sapore” di cosa nuova, di speranza. Nelle nozze sempre si incontrano il passato che ereditiamo e il futuro che ci attende. C’è una memoria e una speranza: sempre si apre l’opportunità di ringraziare per tutto ciò che ci ha permesso di giungere fino ad oggi con lo stesso amore che abbiamo ricevuto.

E Gesù comincia la sua vita pubblica in un matrimonio. Si inserisce in questa storia di semina e raccolto, di sogni e ricerche, di sforzi e impegno, di lavori faticosi che hanno arato la terra perché dia il suo frutto. Gesù comincia la sua vita pubblica all’interno di una famiglia, in seno ad una comunità domestica. Ed è in seno alle nostre famiglie che Egli continua ad inserirsi, continua ad esser parte. Ad entrare nelle famiglie.

È interessante osservare come Gesù si manifesta anche nei pranzi, nelle cene. Mangiare con diverse persone, visitare diverse case è stato per Gesù un luogo privilegiato per far conoscere il progetto di Dio. Egli va a casa degli amici – Marta e Maria –, ma non è selettivo, non gli importa se sono pubblicani o peccatori, come Zaccheo. Non solo Egli agiva così, ma quando inviò i suoi discepoli ad annunciare la buona novella del Regno di Dio, disse loro: «Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno» (Lc 10,7). Matrimoni, visita alle famiglie, cene, qualcosa di speciale avranno questi momenti nella vita delle persone perché Gesù preferisca manifestarsi lì.

Ricordo nella mia diocesi precedente che molte famiglie mi spiegavano che l’unico momento che avevano per stare insieme era normalmente la cena, di sera, quando si tornava dal lavoro, e i più piccoli finivano i compiti di scuola. Era un momento speciale di vita familiare. Si commentava il giorno, ciò che ognuno aveva fatto, si metteva in ordine la casa, si sistemavano i vestiti, si organizzavano gli impegni principali per i giorni seguenti. Sono momenti in cui uno arriva anche stanco, e può capitare di assistere a qualche discussione, a qualche litigata. (tra i coinugi. Questo succede ma non bisogna avere paura. Ho più paura dei matrimoni senza discussioni. Questo è raro, è strano) Gesù sceglie questi momenti per mostrarci l’amore di Dio, Gesù sceglie questi spazi per entrare nelle nostre case e aiutarci a scoprire lo Spirito vivo e operante nelle nostre cose quotidiane. È in casa che impariamo la fraternità, la solidarietà, il non essere prepotenti. È in casa che impariamo ad accogliere e apprezzare la vita come una benedizione e che ciascuno ha bisogno degli altri per andare avanti. È in casa che sperimentiamo il perdono, e siamo continuamente invitati a perdonare, a lasciarci trasformare. In casa non c’è posto per le “maschere”, siamo quello che siamo e, in un modo o nell’altro, siamo invitati a cercare il meglio per gli altri.

Per questo la comunità cristiana chiama le famiglie con il nome di chiese domestiche, perché è nel calore della casa che la fede permea ogni angolo, illumina ogni spazio, costruisce la comunità. Perché è in momenti come questi che le persone hanno cominciato a scoprire l’amore concreto e operante di Dio.

In molte culture al giorno d’oggi vanno sparendo questi spazi, vanno scomparendo questi momenti familiari, pian piano tutto tende a separarsi, isolarsi; scarseggiano i momenti in comune, per essere uniti, per stare in famiglia. Allora non si sa aspettare, non si sa chiedere permesso né scusa, né dire grazie, perché la casa viene lasciata vuota. (Non vuota di gente ma) Vuota di relazioni, vuota di contatti, vuota di incontri. Poco tempo fa una persona che lavora con me mi raccontava che sua moglie e i figli erano andati in vacanza e lui era rimasto solo (perchè doveva lavorare in quel periodo). Il primo giorno la casa stava tutta in silenzio, “in pace”, niente in disordine. Il terzo giorno, quando gli ho chiesto come stava, mi ha detto: “Voglio già che ritornino tutti”. Sentiva che non poteva vivere senza sua moglie e i suoi figli. E’ questo quello che intendo.

Senza famiglia, senza il calore di casa, la vita diventa vuota, cominciano a mancare le reti che ci sostengono nelle difficoltà, che ci alimentano nella vita quotidiana e motivano la lotta per la prosperità. La famiglia ci salva da due fenomeni attuali: la frammentazione (la divisione) e la massificazione. In entrambi i casi, le persone si trasformano in individui isolati, facili da manipolare e governare. Società divise, rotte, separate o altamente massificate sono conseguenza della rottura dei legami familiari; quando si perdono le relazioni che ci costituiscono come persone, che ci insegnano ad essere persone.

Ci si dimentica di come si dice papà, mamma, nonno, nonna. Queste sono relazioni fondamentali.

La famiglia è scuola di umanità, che insegna a mettere il cuore nelle necessità degli altri, ad essere attenti alla vita degli altri.

Quando viviamo bene in famiglia, gli egoismi diventano piccoli, ma quando non si vive una vita di famiglia si ingrandiscono queste personalità…io con me stesso e per me, totalmente centrato su me steso… Non c’è più fraternità, ci sono solo discussioni.

Nonostante le molte difficoltà che affliggono oggi le nostre famiglie, non dimentichiamoci, per favore, di questo: le famiglie non sono un problema, sono prima di tutto un’opportunità. Un’opportunità che dobbiamo curare, proteggere, accompagnare.

Si discute molto sul futuro, su quale mondo vogliamo lascare ai nostri figli, quale società vogliamo per loro. Credo che una delle possibili risposte si trova guardando voi: vogliamo lasciare un mondo con le famiglie. Certamente non esiste la famiglia perfetta, non esistono sposi perfetti, genitori perfetti né figli perfetti, ma questo non impedisce che siano la risposta per il domani. Dio ci stimola all’amore e l’amore sempre si impegna con le persone che ama. Per questo, abbiamo cura delle nostre famiglie, vere scuole del domani. Abbiamo cura delle nostre famiglie, veri spazi di libertà. Abbiamo cura delle nostre famiglie, veri centri di umanità.

A questo punto mi viene un’immagine, quando nell’udienza del mercoledì passo a salutare la gente, e tante donne mi mostrano il loro grembo per la benedizione. Propongo una cosa a tutte le donne che son incinte di speranza, perchè il figlio è una speranza. Toccatevi il grembo e, ad ogni bambino e bambina, io do la mia benedizione. Desidero che nasca sano, che cresca bene. Accarezzate il figlio che state aspettando. Io do la mia benedizione.

Non voglio concludere senza fare riferimento all’Eucaristia. Avrete notato che Gesù vuole utilizzare come spazio del suo memoriale una cena. Sceglie come spazio della sua presenza tra noi un momento concreto della vita familiare. Un momento vissuto e comprensibile per tutti, la cena.

L’Eucaristia è la cena della famiglia di Gesù, che da un confine all’altro della terra si riunisce per ascoltare la sua Parola e nutrirsi con il suo Corpo. Gesù è il Pane di Vita delle nostre famiglie, vuole essere sempre presente nutrendoci con il suo amore, sostenendoci con la sua fede, aiutandoci a camminare con la sua speranza, perché in tutte le circostanze possiamo sperimentare che Egli è il vero Pane del cielo.

Tra pochi giorni parteciperò insieme alle famiglie del mondo intero all’Incontro Mondiale delle Famiglie, e tra meno di un mese al Sinodo dei Vescovi che ha per tema la Famiglia. Vi invito a pregare in modo particolare per queste due intenzioni, perché sappiamo tutti insieme aiutarci a prenderci cura della famiglia, perché sempre più sappiamo scoprire l’Emmanuele, il Dio che vive in mezzo al suo popolo facendo delle famiglie la sua dimora.

Di Alessandro Ginotta per PAPABOYS 3.0

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