Sancta Sedes

Papa Francesco: Le migrazioni, se gestite con umanità, offrono un’opportunità di incontro e di crescita per tutti

Intervista del Papa alla rivista “Libertà Civili” del Ministero dell’Interno: «Le migrazioni, se gestite con umanità, sono un’opportunità di crescita per tutti. Non fomentare la paura dello straniero»

«Le migrazioni, se gestite con umanità, offrono un’opportunità di incontro e di crescita per tutti». Ancora una volta Francesco torna sull’imponente tema delle migrazioni che segna il nuovo millennio: lo fa nella breve intervista rilasciata a Libertà Civili, rivista bimestrale del Ministero dell’Interno italiano, dedicata all’approfondimento delle migrazioni, pubblicata oggi. Questa volta, però, l’appello del Pontefice non è indirizzato solo ai governi e alla comunità internazionale, ma si rivolge anche ai media che troppo spesso tendono ad utilizzare «stereotipi negativi» nel trattare una tematica così carica di implicazioni umane, sociali e politiche.

 

«Basti pensare all’uso scorretto che spesso fanno dei termini con cui appellano migranti e rifugiati», dice Francesco nel colloquio con il direttore del giornale Giuseppe Sangiorgi. «Quante volte si sente parlare di “clandestino” come sinonimo di migrante. Questo non è corretto; è un’informazione che parte da una base errata e che spinge l’opinione pubblica a elaborare un giudizio negativo». Senza pensare, poi, al «sensazionalismo» a cui gran parte dei media di oggi punta: «Fa più scalpore un fatto di cronaca nera rispetto al racconto di una buona notizia», sottolinea il Papa, «è più favorevole parlare di alcuni casi di delinquenza che vedono come protagonista un migrante, piuttosto che raccontare i molti casi di integrazione promossi dagli stessi migranti».

Un circolo vizioso che il Pontefice invita ad interrompere perché «la buona informazione può abbattere i muri della paura e dell’indifferenza. L’altro, il diverso, spaventa quando non è conosciuto – evidenzia – ma se lo si racconta e lo si fa entrare a casa della gente, attraverso le immagini e le storie, presentato nei suoi aspetti più umani e più positivi, allora la conoscenza va oltre lo stereotipo e l’incontro diventa autentico». E «quando passa la paura, anche le porte si aprono e l’accoglienza è spontanea».




I mass media, pertanto, dovrebbero essere spinti dal «dovere di spiegare i diversi aspetti delle migrazioni, facendo conoscere all’opinione pubblica anche le cause di questo fenomeno»: violazioni di diritti umani, conflitti e disordini sociali, mancanza di beni di prima necessità, catastrofi naturali e catastrofi causate dall’uomo, giusto per elencarne alcuni. «Tutto questo deve essere raccontato chiaramente così da permettere la giusta conoscenza del fenomeno migratorio e, di conseguenza, il giusto approccio», rimarca Bergoglio.

E il giusto approccio è quello di intendere le migrazioni – quando gestite con umanità – come «un’opportunità d’incontro e di crescita per tutti». Papa Francesco invita in tal senso a non «perdere il senso della responsabilità fraterna», ricordando che «la difesa dell’essere umano non conosce barriere»:«Siamo tutti uniti nel voler garantire una vita dignitosa a ogni uomo, donna, bambino costretto ad abbandonare la propria terra.  Non c’è differenza di credo che possa contrastare questa volontà».

Nell’intervista, Bergoglio ricorda pure il suo primo viaggio del settembre 2013 a Lampedusa, “la porta d’Europa”, come pure quello dell’aprile 2016 nell’isola di Lesbo, meta di approdo di migliaia di profughi che vi arrivano «attraverso viaggi drammatici via terra e purtroppo anche via mare», «stanchi e stremati» nella speranza di «salvare la propria vita». Entrambi i viaggi sono stati momenti «di condivisione fraterna e di vicinanza al grido di tanti innocenti che chiedono solo di poter salvare la propria vita», dice il Papa ricordando la presenza in questa tappa cruciale del suo pontificato dell’arcivescovo di Atene Ieronymos e del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo. «La condivisione fraterna con altre confessioni appella le coscienze a non voltare le spalle alla richiesta di aiuto e alla speranza dei fratelli e delle sorelle in difficoltà», afferma.




Il Papa osserva poi come in Europa e in altre parti del mondo si stia attraversando «un momento critico nella gestione di politiche migratorie». «I governanti hanno bisogno di lungimiranza e di coesione – sottolinea – per un vigile rispetto dei diritti fondamentali della persona e per porre fine alle cause della migrazione forzata che obbligano alla fuga civili».

Proprio per dare impulso a questo cammino è stata istituita la Sezione Migranti e Rifugiati in seno al nuovo Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, attivo dal 1° gennaio 2017, alle «dipendenze» dello stesso Pontefice. Una scelta mirata, data dal fatto che «i milioni di migranti, rifugiati, sfollati e vittime della tratta hanno bisogno di una cura particolare», spiega Bergoglio nell’intervista, «per questo, ho deciso di occuparmi personalmente di loro, almeno per un tempo». La missione principale è «sostenere la Chiesa e i Pastori – a livello locale, regionale e internazionale – nell’accompagnamento delle persone in ogni tappa del processo migratorio con attenzione particolare a coloro che, in diversi modi, sono costretti a spostarsi o fuggire, o che vivono disagi e sofferenze nei Paesi di origine, transito e destinazione». Quindi, «tutti coloro che fuggono da conflitti, dalle persecuzioni e dalle emergenze umanitarie, sia naturali che frutto dell’operato umano», oppure «vittime della tratta, migranti in situazione irregolare, lavoratori migranti in situazione di sfruttamento e donne, adolescenti e bambini migranti in situazione di vulnerabilità».

«Vi è senz’altro una necessità di cooperazione internazionale per la gestione delle politiche migratorie che siano rispettose per chi riceve e per chi viene accolto», sottolinea ancora il Papa. Che esorta a non trascurare la dimensione familiare del processo di integrazione, ribadendo «la necessità di politiche atte a favorire e privilegiare i ricongiungimenti familiari». Chiedendo infine «programmi specifici» per aiutare e sensibilizzare le popolazioni autoctone, Francesco parla ai Paesi europei e agli altri Paesi «che hanno sperimentato sulla propria pelle sia l’immigrazione sia l’emigrazione», e li invita a fare tesoro del loro passato. «Quanto è stato difficile nel dopoguerra per milioni di europei che partivano spesso con tutta la famiglia e attraversavano l’Oceano per approdare in Sud America o negli Stati Uniti!», esclama. «Non è stata un’esperienza facile nemmeno per loro. Hanno sofferto il peso di essere considerati degli estranei, arrivati da lontano e senza alcuna conoscenza della lingua locale. Non è stato un processo di integrazione facile, ma si è sempre concluso con successo!».




Dunque è importante «essere consapevoli del contributo apportato dai migranti al Paese di arrivo». Perché «la storia è la stessa» e solo «quando riusciremo a considerare il migrante come un arricchimento per la nostra società, allora saremo capaci di praticare la vera accoglienza e riusciremo a dare loro ciò che in passato abbiamo ricevuto». Dal passato, perciò, «abbiamo molto da imparare», insiste il Papa, «è importante agire con consapevolezza, senza fomentare la paura dello straniero».

di Salvatore Cernuzio per Vatican Insider

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