La parabola dell’amministratore disonesto nel Vangelo di questa domenica interroga il cristiano e lo invita – commenta il Papa prima della preghiera mariana – a farsi “scaltro” nell’assicurarsi non il successo mondano ma la vita eterna dando valore più alle persone e alle relazioni che ai beni e alle ricchezze possedute
Gabriella Ceraso – Città del Vaticano
Essere scaltri, non disonesti; saper “invertire la rotta” scegliendo il bene e non il male. A questo ci esorta Gesù nella parabola che il Vangelo di Luca narra in questa domenica. Papa Francesco commentandola – prima dell’Angelus – aiuta quanti lo ascoltano, anche in una Piazza San Pietro già avvolta da un clima autunnale, a trovarne la chiave di lettura.
Al centro c’è la figura di un amministratore “furbo e disonesto” che, accusato di aver dilapidato i beni del padrone, sta per essere licenziato. E allora, fa notare il Papa, dinanzi a una situazione divenuta difficile, non si lascia scoraggiare ma “escogita una via d’uscita”. Prima, “con lucidità” riconosce i suoi limiti che gli impediscono di svolgere altre attività, poi “con astuzia” decide di “derubare il padrone per l’ultima volta”. E allora “chiama i debitori e riduce i debiti che hanno nei confronti del padrone”, riuscendo così a farseli amici e quindi ad esserne ricompensato. Questo è – aggiunge il Papa parlando a braccio- “ottenere gratitudine con la corruzione, come purtroppo è consuetudine oggi”. Da qui la prima sottolineatura:
Gesù presenta questo esempio non certo per esortare alla disonestà, ma alla scaltrezza. Infatti sottolinea: «Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza» (v. 8), cioè con quel misto di intelligenza e furbizia, che ti permette di superare situazioni difficili. La chiave di lettura di questo racconto sta nell’invito di Gesù alla fine della parabola: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne» (v. 9). Ma, sembra un pò confuso, questo, ma non lo è: la “ricchezza disonesta” è il denaro – detto anche “sterco del diavolo” – e in generale i beni materiali.
Ma cosa significa “Farsi amici con il denaro”? E quale è l’uso della ricchezza cui Gesù fa riferimento in relazione alle “dimore eterne”? Anche qui preziosa è la spiegazione del Pontefice: la ricchezza – dice- può spingere a creare “muri”, a causare “divisioni”, “discriminazioni”. Al contrario ciò che Gesù chiede ai discepoli è una “inversione di rotta”:
“Fatevi degli amici con la ricchezza”. È un invito a saper trasformare beni e ricchezze in relazioni, perché le persone valgono più delle cose e contano più delle ricchezze possedute. Nella vita, infatti, porta frutto non chi ha tante ricchezze, ma chi crea e mantiene vivi tanti legami, tante relazioni, tante amicizie attraverso le diverse “ricchezze”, cioè i diversi doni di cui Dio l’ha dotato.
Quindi solo se saremo capaci di compiere questa “inversione di rotta”, di trasformare con una buona amministrazione “le ricchezze in strumenti di fraternità e di solidarietà”, ad accoglierci in Paradiso troveremo Dio ma anche tutti coloro che abbiamo aiutato e con i quali abbiamo condiviso i doni ricevuti. Per questo nel Vangelo sta scritto: “Fatevi degli amici con la ricchezza, perchè essi vi accolgano nelle dimore eterne”.
Come ci interroga dunque la parabola di oggi e l’intero Vangelo di questa XXV Domenica del Tempo Ordinario? Anche noi possiamo nella vita trovarci senza via d’uscita, come l’amministratore disonesto messo alle strette dal padrone e anche noi potremo domandarci “Che cosa farò, ora?”. E qui il richiamo, caro al Papa, alla misericordia di Dio dinanzi alla quale si spalanca la libertà dell’uomo:
Fratelli e sorelle, questa pagina evangelica fa risuonare in noi l’interrogativo dell’amministratore disonesto, cacciato dal padrone: «Che cosa farò, ora?» (v. 3). Di fronte alle nostre mancanze, ai nostri fallimenti, Gesù ci assicura che siamo sempre in tempo per sanare con il bene il male compiuto. Chi ha causato lacrime, renda felice qualcuno; chi ha sottratto indebitamente, doni a chi è nel bisogno. Facendo così, saremo lodati dal Signore “perché abbiamo agito con scaltrezza”, cioè con la saggezza di chi si riconosce figlio di Dio e mette in gioco sé stesso per il Regno dei cieli.
Ci aiuti dunque la Vergine santa, sono le parole conclusive del Papa, ad “essere scaltri nell’assicurarci non il successo mondano, ma la vita eterna, affinché al momento del giudizio finale le persone bisognose che abbiamo aiutato possano testimoniare che in loro abbiamo visto e servito il Signore”
Al termine della recita dell’Angelus Papa Francesco ha salutato i tanti partecipanti alla corsa podistica Via Pacis, i quali, nonostante il clima certo non favorevole, hanno portato questa mattina per le strade di Roma un messaggio di pace e dialogo; poi, ricordando l’appuntamento del prossimo 29 settembre con la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato – quest’anno sul tema “Non si tratta solo di migranti” -ha invitato a partecipare alla Messa che presiederà in Piazza San Pietro per “esprimere anche con la preghiera, la nostra vicinanza ai migranti e rifugiati del mondo intero”.
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