Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
L’appello di Papa Francesco è un sussurro ma risuona potente tra i cipressi e gli alberi di ulivo del Cimitero Militare francese di Roma, luogo di storia e memoria dove il Vescovo di Roma ha scelto quest’anno di celebrare la Messa per tutti i fedeli defunti. In particolare, come detto ieri all’Angelus, per le vittime della guerra; le guerre mondiali, come pure le guerre combattute “a pezzi” ancora oggi in ogni angolo del globo.
Il Pontefice incede lento e a capo chino nel lungo corridoio che separa le distese di verde, dove sorgono le lapidi dei soldati francesi deceduti durante la Seconda Guerra mondiale. Lapidi tutte in fila e tutte uguali: una croce in marmo che sovrasta la scritta “Mort pour la France”. In questo storico sito romano arroccato sulla collina di Monte Mario, sconosciuto a molti cittadini della Capitale ma di grande importanza per i francesi a Roma, Francesco arriva in anticipo di quasi mezz’ora, superando in auto l’ingresso che reca l’incisione “Cimitière Militaire Français” – Campagne d’Italie 1943 – 1944”.
Il Papa cammina da solo, in un silenzio orante, tra le lapidi. Si dirige anzitutto in un vialetto lastricato di tombe, su una di queste depone una rosa bianca, poi si ferma per qualche istante in preghiera, a mani giunte e occhi chiusi. Finito questo “cammino”, Francesco saluta alcuni dei presenti e i sacerdoti concelebranti, quindi, indossati i paramenti, mentre il coro intona un canto, si dirige verso l’altare decorato allestito sotto una tensostruttura bianca che ripara dall’insolito sole quasi primaverile. Le letture sono in francese, i canti in italiano. Alla Messa, celebrata all’aria aperta, sono presenti diversi fedeli.
L’omelia del Pontefice è interamente a braccio, come ogni anno in questa ricorrenza. Francesco inizia ricordando una scritta all’ingresso di un cimitero in un villaggio del nord Italia: “Tu che passi, ferma il passo, e pensa dei tuoi passi all’ultimo passo”. Un invito che ha colpito profondamente il Papa che ne aveva fatto già menzione in un’omelia a Santa Marta del 2016 e che oggi offre lo spunto per rammentare a tutti i fedeli che “la vita è un cammino” e che “tutti noi siamo in cammino”: “Se vogliamo fare qualcosa nella vita è un cammino, non una passeggiata, un cammino”.
Tanti sono i passi che compiamo ogni giorno “davanti a tanti fatti storici, tante situazioni difficili, tanti cimiteri”, dice.
“Tutti avremo un ultimo passo. Qualcuno potrà dirmi: ‘Ma padre, non sia così luttuoso, non sia così tragico’. Ma è la verità. L’importante è che quell’ultimo passo ci trovi in cammino, non girando in passeggiata; nel cammino della vita e non in un labirinto senza fine”.
Guardando alle tombe dei caduti in guerra, Papa Francesco esprime un secondo pensiero: “Questa gente è brava gente, è morta in guerra. È morta perché è stata chiamata a difendere la patria, difendere valori, a difendere ideali e, tante altre volte, difendere situazioni politiche tristi e lamentabili”.
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