Vivere con amore, affidarsi al Signore nel momento della prova, chiedere e accordare il perdono. Queste le grazie da chiedere a Gesù in questa settimana.
Come riporta Avvenire.it, in queste settimane, ha ricordato il Papa, la catechesi del mercoledì sta affrontando la preghiera del Padre Nostro. Alla vigilia del Triduo pasquale, vale la pena soffermarsi sulle parole con cui lo stesso Gesù ha pregato il Padre, in tre precisi momenti: subito dopo l’Ultima Cena, nel giardino dei Getsemani e in Croce.
La prima invocazione, dopo l’Ultima Cena, è: «Padre è venuta l’ora, glorifica il Figlio Tuo». «Gesù domanda la gloria – osserva Francesco -, una richiesta che sembra paradossale mentre la Passione è alle porte». Ma di quale gloria si tratta? È forse la gloria del mondo? «La gloria nella Bibbia – spiega il Papa – segna il rivelarsi di Dio. Gesù è colui che manifesta in modo definitivo la salvezza di Dio. La gloria di Dio è tutta amore, amore puro folle e impensabile, al di là di ogni limite e misura».
Chiediamo dunque al Signore, esorta il Papa, «di togliere i veli ai nostri occhi perché guardando il crocifisso possiamo accogliere che Dio è amore». Dio a Pasqua azzera le distanze, mostrandosi in un’umiltà di un amore che dà tutto. «La vera gloria è la gloria dell’amore». Nella gloria del mondo, l’io sta al centro dell’attenzione e riceve riconoscimento, onori, omaggio. «La gloria di Dio invece è paradossale: al centro non c’è l’io ma l’altro, a Pasqua il Padre glorifica il Figlio mentre il Figlio glorifica il Padre».
Possiamo chiederci, suggerisce Francesco: «Qual è la gloria per cui vivo: la mia o quella di Dio?».
La seconda preghiera di Gesù al Padre avviene nel giardino dei Getsemani. Gesù comincia a sentire paura e angoscia per ciò che l’attende: tradimento, disprezzo, sofferenza. «Nell’abisso di quella desolazione rivolge al Padre la parola più tenera e dolce: “Abbah”, cioè “papà
”». Nella preghiera c’è la forza di andare avanti nel dolore.«Nei nostri Getsemani, perché ognuno li ha, li ha avuti o li avrà – osserva il Papa -, spesso scegliamo di rimanere soli anziché dire “Padre”. Ma quando nella prova restiamo chiusi in noi stessi ci scaviamo un tunnel dentro che ha un’unica direzione sempre più a fondo in noi stessi«. «Il problema più grande – afferma il Papa – non è il dolore ma come lo si affronta: la solitudine non offre via d’uscita, la preghiera sì perché è relazione, è affidamento». «Quando entriamo nei nostri Getsemani, ricordiamoci di pregare così: “Padre”».
Infine Gesù si rivolge al Padre quando è sulla Croce: perdonali perché non sanno quello che fanno. «Prega per i suoi uccisori, il Vangelo specifica che avviene nel momento della crocifissione. Al vertice del dolore giunge il culmine dell’amore, cioè il perdono, il dono all’ennesima potenza che spezza il circolo del male».
Anche noi, esorta il Papa, «preghiamo di vivere le nostre giornate per la gloria di Dio, cioè con amore, di saperci affidare nelle prove e di trovare nell’incontro con i Padre il perdono e il coraggio di perdonare».
«Sono vicino ai francesi, Notre-Dame torni a essere opera corale a lode di Dio»
Al termine della catechesi, dopo aver rivolto il saluto ai pellegrini di lingua francese, il Papa ha ricordato il dramma dell’incendio della cattedrale parigina di Notre-Dame: «Colgo questa occasione per esprimere alla comunità diocesana di Parigi, a tutti i parigini, all’intero popolo francese il mio grande affetto e la mia vicinanza dopo l’incendio della cattedrale di Notre-Dame. Cari fratelli e sorelle, sono rimasto addolorato e mi sento tanto vicino a tutti voi. A quanti si sono prodigati anche rischiando di persona va la gratitudine di tutta la Chiesa. La Vergine Maria li benedica e sostenga il lavoro di ricostruzione, possa essere un’opera corale a lode e gloria di Dio».
Fonte avvenire.it
Redazione Papaboys
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