Chi adora Dio non diventa schiavo di nessuno. Non c’è vero culto eucaristico senza compassione dinanzi alle ferite di chi soffre.
Paolo Ondarza – Città del Vaticano per Vaticannews.va
“Non sempre sulle tavole del mondo il pane è condiviso; non sempre emana il profumo della comunione; non sempre è spezzato nella giustizia”. A conclusione del Congresso Eucaristico svoltosi a Matera, città del pane, di fronte a circa 12mila fedeli Francesco esorta a ‘vergognarsi’ per le quotidiane ingiustizie, disparità, soprusi compiuti ogni giorno verso i deboli, l’indifferenza nei riguardi dei poveri. Lo fa commentando il Vangelo offerto dalla liturgia odierna, un testo che presenta da una parte il ricco che sfoggia opulenza e banchetta, dall’altra il povero, Lazzaro, coperto di piaghe e in attesa che qualche mollica cada da quella mensa per sfamarsi.
Il primato è di Dio
L’Eucaristia ricorda che il primato è di Dio, sottolinea il Vescovo di Roma. Il ricco infatti non è in relazione con Dio, nella sua vita non c’è posto per Lui, pensa solo al proprio benessere e alla ricchezza mondana. Di quest’uomo nel brano evangelico non si ricorda neanche il nome:
Com’è triste anche oggi questa realtà, quando confondiamo quello che siamo con quello che abbiamo, quando giudichiamo le persone dalla ricchezza che hanno, dai titoli che esibiscono, dai ruoli che ricoprono o dalla marca del vestito che indossano. È la religione dell’avere e dell’apparire, che spesso domina la scena di questo mondo, ma alla fine ci lascia a mani vuote.
Dio è il centro, non la vanità
Il povero invece ha un nome: Lazzaro, significa “Dio aiuta”. “Pur nella povertà – osserva Papa Francesco – può conservare integra la sua dignità perché vive nella relazione con Dio”, “speranza incrollabile della sua vita”. Questa è la sfida posta dall’Eucaristia alla vita di ciascuno: “adorare Dio e non sé stessi, mettere Lui al centro e non la vanità del proprio io”.
Perché se adoriamo noi stessi, moriamo nell’asfissia del nostro piccolo io; se adoriamo le ricchezze di questo mondo, esse si impossessano di noi e ci rendono schiavi; se adoriamo il dio dell’apparenza e ci inebriamo nello spreco, prima o dopo la vita stessa ci chiederà il conto.