Debora Donnini – Città del Vaticano
Non si può vivere il Vangelo facendo compromessi, altrimenti si finisce con lo spirito del mondo, che punta al dominio degli altri ed è “nemico di Dio”, ma scegliere la strada del servizio. La riflessione del Papa, stamani nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta, parte dal brano del Vangelo odierno (Mc 9,30-37) nel quale Gesù dice ai Dodici che se uno vuole essere il primo è chiamato a farsi ultimo e servitore di tutti. Gesù sapeva che lungo la strada i discepoli avevano discusso tra loro su chi fosse il più grande “per ambizione”. Questo litigare dicendo “io devo andare avanti, io devo salire”, spiega il Papa, è lo spirito del mondo. Ma anche la Prima Lettura della Liturgia di oggi (Gc 4,1-10) ricalca questo aspetto, quando l’apostolo Giacomo ricorda che l’amore per il mondo è nemico di Dio.
Quest’ansia di mondanità, quest’ansia di essere più importante degli altri e dire: “No! Io merito questo, non lo merita quell’altro”. Questo è mondanità, questo è lo spirito del mondo e chi respira questo spirito, respira l’inimicizia di Dio. Gesù, in un altro passo, dice ai discepoli: “O siete con me o siete contro di me”. Non ci sono compromessi nel Vangelo. E quando uno vuole vivere il Vangelo facendo dei compromessi, alla fine si trova con lo spirito mondano, che sempre cerca di fare compromessi per arrampicarsi di più, per dominare, per essere più grande.
Tante guerre e tante liti vengono proprio dai desideri mondani, dalle passioni, evidenzia il Papa facendo ancora riferimento alle parole di san Giacomo. È vero “oggi tutto il mondo è seminato da guerre. Ma le guerre che sono fra di noi? Come quella che c’era fra gli apostoli: chi è il più importante?”, si chiede Francesco:
“Guardate la carriera che ho fatto: adesso non posso andare indietro!”. Questo è lo spirito del mondo e questo non è cristiano. “No! Tocca a me! Io devo guadagnare di più per avere più soldi e più potere”. Questo è lo spirito del mondo. E poi, la malvagità delle chiacchiere: il pettegolezzo. Da dove viene? Dall’invidia. Il grande invidioso è il diavolo, lo sappiamo, lo dice la Bibbia. Dall’invidia. Per l’invidia del diavolo entra il male nel mondo. L’invidia è un tarlo che ti spinge a distruggere, a sparlare, a annientare l’altro.
Nel dialogo dei discepoli c’erano tutte queste passioni e per questo Gesù li rimprovera e li esorta a farsi servitori di tutti e a prendere l’ultimo posto:
Chi è il più importante nella Chiesa? Il Papa, i vescovi, i monsignori, i cardinali, i parroci delle parrocchie più belle, i presidenti delle associazioni laicali? No! Il più grande nella Chiesa è quello che si fa servitore di tutti, quello che serve tutti, non che ha più titoli. E per far capire questo prese un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo con tenerezza – perché Gesù parlava con tenerezza, ne aveva tanta – disse loro: “Chi accoglie un bambino, accoglie me”, cioè chi accoglie il più umile, il più servitore. Questa è la strada. La strada contro lo spirito del mondo è una sola: l’umiltà. Servire gli altri, scegliere l’ultimo posto, non arrampicarsi.
Non bisogna, quindi, “negoziare con lo spirito del mondo”, non bisogna dire: “Ho diritto a questo posto, perché, guardate la carriera che ho fatto”. La mondanità, infatti, “è nemica di Dio”. Bisogna invece ascoltare questa parola “tanto saggia” e incoraggiante che Gesù dice nel Vangelo: “Se uno vuole essere il primo sia l’ultimo di tutti, sia il servitore di tutti”.
Credito: Vatican News
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