La fede di Maria illumina una società cieca di fronte a quelli che sono esclusi “dall’orgoglio accecante di pochi”. Così il Papa nell’omelia della Messa, celebrata in spagnolo nella Basilica di San Pietro, in occasione della Festa della Beata Vergine Maria di Guadalupe, Patrona delle Americhe e delle Filippine. A partecipare tanti gruppi di fedeli delle comunità latinoamericane e filippine presenti a Roma, come anche numerosi cardinali, vescovi, religiosi e membri della Curia romana. A tutti Francesco chiede di imitare Maria e guardare gli altri con il suo stesso sguardo.
I canti dei vari idiomi indigeni, dal nahuatl al quechua fino al guaranì, e l’ingresso delle bandiere in rappresentanza dei diversi paesi devoti a Maria, fanno da cornice alla Messa nella Festa della Madonna di Guadalupe. Forte la partecipazione di Francesco: questa è la terza volta consecutiva che celebra la Messa in onore di Nostra Signora di Guadalupe. Brilla ancora infatti l’immagine del Papa nel suo pellegrinaggio al Santuario messicano.
L’omelia di Francesco parte proprio dal Vangelo proclamato, la visita di Maria ad Elisabetta, entrambe incinta. Al centro l’esclamazione di Elisabetta: “Beata colei che ha creduto”. Un’omelia dunque sulla fede di Maria che illumina “la nostra società”, che spesso lascia tanti “fuori gioco”, specialmente chi ha difficoltà a raggiungere il minimo indispensabile:
“Es una sociedad que le gusta jactarse de sus avances científicos y tecnológicos…
E’ Una società alla quale piace vantarsi dei suoi progressi scientifici e tecnologici, ma che è diventata cieca e insensibile davanti a migliaia di volti che restano indietro nel cammino, esclusi dall’orgoglio accecante di pochi”.
Si tratta dunque di una società che finisce col creare una cultura di disillusione e di angoscia. Sembrerebbe, nota Francesco, che ci siamo abituati a vivere “nella società della sfiducia”. Il Papa ripercorre quindi la sofferenza del mondo:
“Qué difícil es presumir de la sociedad del bienestar …
Quanto è difficile vantarsi della società del benessere quando vediamo che il nostro caro continente americano si è abituato a vedere migliaia e migliaia di bambini e di giovani di strada che mendicano e dormono nelle stazioni dei treni, nei sotterranei della metropolitana o dove riescono a trovare un posto. Bambini e giovani sfruttati in lavori clandestini o costretti a trovare una moneta agli incroci delle strade, pulendo i parabrezza delle nostre auto e sentono che nel ‘treno della vita’ non c’è posto per loro”.
E ancora le famiglie segnate dalle dolore di vedere i propri figli vittime dei “mercanti della morte”. “Quanto è duro – nota – vedere come abbiamo normalizzato l’esclusione dei nostri anziani obbligandoli a vivere nella solitudine”, o vedere le donne, alcune da bambine o adolescenti, sottoposte a varie forme di violenza. Sono situazioni che “possono farci dubitare della nostra fede”, dice il Papa:
“Frente a todas estas situaciones, tenemos que decir con Isabel: ‘Feliz de ti por haber creído’…
Davanti a tutte queste situazioni, così tutti dobbiamo dire con Elisabetta: ‘Beata colei che ha creduto’, e imparare da quella fede forte e servizievole che ha caratterizzato e caratterizza nostra Madre. Celebrare Maria è, in primo luogo, fare memoria della madre, fare memoria che non siamo né mai saremo un popolo orfano. Abbiamo una Madre! E dove è la madre c’è sempre presenza e sapore di casa. Dove è la madre, i fratelli potranno litigare ma sempre trionferà il senso dell’unità”.
Dove c’è una Madre, non mancherà “la lotta per la fraternità”. E il Papa racconta di essere sempre stato impressionato in America Latina da “quelle madri lottatrici che, spesso da sole, riescono a mandare avanti i figli”. “Così è Maria con noi: siamo i suoi figli”, afferma Francesco che la definisce “donna lottatrice di fronte alla società della sfiducia”, “donna che lotta per rafforzare la gioia del Vangelo”, “per dare ‘carne’ al Vangelo”. Al centro dunque dell’omelia del Papa, la fede di Maria.
“Dio ci fa visita nelle viscere di una donna, muovendo le viscere di un’altra donna con un canto d benedizione”, prosegue il Pontefice. “Quando Dio ci viene incontro muove le nostre viscere” fino a trasformare tutta la nostra vita in lode. Maria è “la prima discepola e missionaria”, “la nuova arca dell’alleanza” che esce a far visita così come nel 1531 fece in Messico, a Tepeyac, quando apparve all’indio Juan Diego, per accompagnare un popolo che era in gestazione con dolore, “diventando Madre sua e di tutti nostri popoli”.
Il Papa chiede che impariamo da questa fede perché Maria è come icona del discepolo, donna che sa accompagnare “la nostra fede” nelle diverse tappe. Una fede forte, dice il Papa richiamandosi ad una brano di Romano Guardini. Quindi sottolinea l’importanza della sua presenza:
“Su presencia nos lleva a la reconciliación, dándonos fuerza para generar lazos …
La sua presenza ci porta alla riconciliazione, dandoci forza per generare legami nella nostra benedetta terra latinoamericana, dicendo ‘sì’ alla vita e ‘no’ a ogni tipo di indifferenza, di esclusione, di scarto dei popoli o di persone”.
“Non abbiamo paura di uscire a guardare gli altri con il suo stesso sguardo. Uno sguardo che ci fa fratelli”, chiede il Papa. E questo si può fare perché c’è la consapevolezza di essere tra le braccia di nostra madre.
Il servizio è di Debora Donnini per la Radio Vatcana
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