Debora Donnini – Città del Vaticano per Vaticannews.va
La strada della solidarietà o quella della cultura dello scarto e della difesa elitaria. E’ il bivio a cui la pandemia ha messo davanti l’umanità chiamandola a una decisione. Perché da una crisi si esce o migliori o peggiori. Si tratta di un tempo di prova che diventa un tempo di scelta. Anzi, che può anche rappresentare “una reale opportunità di conversione” per ripensare i sistemi economici e finanziari che soffrono di “un’ingiusta distribuzione delle ricchezze” e di un divario crescente fra ricchi e poveri. Nel videomessaggio pronunciato in lingua spagnola e indirizzato all’Assemblea generale dell’Onu, nata nel 1945 dopo due devastanti guerre mondiali, il Papa traccia una rotta vera e propria per uscire dal tempo di crisi attuale, aggravato dal Covid-19, e lo fa richiamando i capisaldi del suo magistero e chiedendo alla comunità internazionale di “sforzarsi per porre fine alle ingiustizie economiche”. Una rotta che tocca quindi i nodi centrali del vivere insieme, con la meta di poter costruire una società più fraterna.
Ci troviamo quindi di fronte ad una scelta tra una delle due vie possibili: una porta al rafforzamento del multilateralismo, espressione di una rinnovata corresponsabilità mondiale, di una solidarietà fondata sulla giustizia e nel compimento della pace e l’unità della famiglia umana, progetto di Dio sul mondo; l’altro, dà preferenza a atteggiamenti di autosufficienza, nazionalismo, protezionismo, individualismo e isolamento, tralasciando i più poveri, i più vulnerabili, gli abitanti delle periferie esistenziali. E certamente sarà dannoso per l’intera comunità, causando autolesionismo verso tutti.
In uno scacchiere internazionale segnato da guerre, minacce e ingiustizie il Papa richiama quindi l’Onu alla sua missione fondamentale:
Il nostro mondo in conflitto ha bisogno che l’Onu diventi un laboratorio per la pace sempre più efficace, il che richiede che i membri del Consiglio di Sicurezza, soprattutto quelli Permanenti, agiscano con maggiore unità e determinazione. A tale proposito, la recente adozione del cessate il fuoco globale durante la crisi attuale, è una misura molto nobile, che richiede la buona volontà di tutti per la sua applicazione costante.
Il primo aspetto che affronta riguarda proprio la questione dei vaccini. Il Papa rinnova il suo appello alla politica e al settore privato “a adottare le misure adeguate a garantire l’accesso ai vaccini contro il Covid-19 e alle tecnologie essenziali necessarie per assistere i malati”. E, anzi, chiede che se bisogna privilegiare qualcuno, “che sia il più povero, il più vulnerabile”, proprio perché non ha risorse economiche.
Un compito complesso questo ripensare il futuro della casa comune e del “progetto comune”: servono onestà e dialogo per migliorare la cooperazione fra Stati. La questione della pace e della sicurezza, minacciate certamente da povertà, epidemie e terrorismo, non può prescindere dalla corsa agli armamenti. Si assiste, afferma Francesco, a un’erosione del multilateralismo. In particolare il Papa menziona la minaccia rappresentata dalle nuove forme di tecnologia militare – come sono i sistemi letali di armi autonome (LAWS) – che stanno separando la guerra sempre di più dall’azione umana. Quella che è da smantellare è prima di tutto la logica perversa che attribuisce al possesso di armi, la sicurezza personale e sociale e che in realtà giova solo all’industria bellica e anzi alimenta un clima di sfiducia fra i popoli. Il riferimento è alla “deterrenza nucleare” che si basa sulla minaccia del reciproco annientamento. Per Papa Francesco è invece molto importante sostenere i principali strumenti giuridici internazionali di disarmo nucleare. E la Santa Sede si augura – ricorda – che la prossima Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP) si traduca in misure efficaci per il disarmo. Il Papa ribadisce anche l’importanza di ridurre le sanzioni internazionali che rendono per gli Stati difficile sostenere le loro popolazioni.
Centrale, in questo intervento, la questione del lavoro, segnato sempre più dalla complessa questione dell’intelligenza artificiale, dall’incertezza, dalla robotizzazione generalizzata. Il suo richiamo è a cambiare il paradigma economico dominante, che cerca solo di aumentare gli utili delle imprese mentre uno degli obiettivi principali di ogni imprenditore dovrebbe essere quello di offrire lavoro a più persone. “Il progresso tecnologico è utile e necessario – evidenzia – purché serva a far sì che il lavoro delle persone sia più dignitoso, più sicuro, meno gravoso e spossante”.
I mezzi per fare il cambiamento ci sono, ma serve “un quadro di riferimento etico più forte” capace di superare la “cultura dello scarto”, sostiene il Papa richiamandosi a un’espressione a lui cara. Ovvero una cultura che alla fine si traduce in “un attentato contro l’umanità”, se lo si chiama con il suo nome. All’origine c’è, ribadisce Francesco, “una promozione ideologica con visioni riduzioniste della persona”, con una negazione dei diritti fondamentali e un desiderio di potere assoluto, che domina la società di oggi.
I diritti fondamentali, infatti, “continuano a essere violati impunemente”. Si tratta di elenco molto lungo che offre l’immagine di “un’umanità violata”. In questo panorama drammatico, “anche i credenti religiosi – osserva – continuano a soffrire ogni tipo di persecuzioni, compreso il genocidio dovuto alle loro credenze”. E tra questi, “noi cristiani siamo vittime”, ricorda menzionando quanti a volte sono costretti persino a fuggire dalle loro terre di origine.
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Le crisi umanitarie sono poi diventate lo status quo
. I diritti non vi sono garantiti e le cosiddette armi convenzionali stanno diventando sempre più “armi di distruzione di massa”. Il suo pensiero va in particolar modo a rifugiati, migranti, sfollati interni:Fatto ancor più grave, in migliaia vengono intercettati in mare e rispediti con la forza in campi di detenzione dove sopportano torture e abusi. Molti sono vittime della tratta, della schiavitù sessuale o del lavoro forzato, sfruttati in compiti umilianti, senza un salario equo. Tutto ciò è intollerabile, ma oggi è una realtà che molti ignorano intenzionalmente!
In merito alla risposta a queste crisi, il Papa fa riferimento alla grande promessa dei due patti Mondiali sui rifugiati e la migrazione, notando però che spesso non c’è poi il sostegno politico necessario o che a volte i singoli Stati evitano le loro responsabilità. Da qui il suo forte appello a usare questa crisi attuale per un cambiamento positivo:
Ciononostante, la crisi attuale è un’opportunità: è un’opportunità per l’Onu, è un’opportunità per generare una società più fraterna e compassionevole. Ciò include il riconsiderare il ruolo delle istituzioni economiche e finanziarie, come quelle di Bretton-Woods, che devono rispondere al rapido aumento delle disuguaglianze tra i super ricchi e i permanentemente poveri. Un modello economico che promuova la sussidiarietà, sostenga lo sviluppo economico a livello locale e investa nell’istruzione e nelle infrastrutture a beneficio delle comunità locali, fornirà la base per il successo economico stesso e, al contempo, per il rinnovamento della comunità e della nazione in generale.
Nella stessa linea, il suo rinnovato appello a ridurre o condonare il debito che pesa nei bilanci dei più poveri. Richiamandosi, nel lungo videomessaggio, a diversi passaggi di suoi interventi precedenti, Papa Francesco esorta anche all’impegno per la chiusura dei paradisi fiscali, a prevenire l’evasione e il riciclaggio di denaro perché “questo è il momento propizio per rinnovare l’architettura internazionale”.
Il Papa ricorda la sua visita 5 anni fa, nel 2015, all’Onu, avvenuta in “un periodo di multilateralismo veramente dinamico”, dice, un momento promettente immeditatamente prima dell’adozione dell’Agenza 2030 e poi dell’accordo di Parigi sul cambiamento climatico.
Tuttavia, dobbiamo onestamente ammettere che, sebbene siano stati compiuti alcuni progressi, la scarsa capacità della comunità internazionale a mantenere le promesse fatte cinque anni fa mi porta a ribadire che “dobbiamo evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze. Dobbiamo aver cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli”.
In questo orizzonte trova un posto importante anche la questione ambientale e dei cambiamenti climatici, legata alla crisi sociale. La sua attenzione torna all’Amazzonia. Rileva quindi la positiva crescita di sensibilità ecologica integrale e come segno concreto dell’impegno della Santa Sede, cita l’emendamento di Kigali al protocollo di Montreal.
Le pesanti conseguenze della crisi del Covid-19 si sono riversate anche sui bambini, fra i quali anche i migranti e i rifugiati non accompagnati. “La violenza contro i bambini, includendo l’orribile flagello dell’abuso infantile e la pornografia, è drammaticamente aumentata”, nota il Papa in uno dei passaggi centrali, ricordando che milioni di loro non possono tornare a scuola e questo, in molte parti del mondo, significa un incremento di lavoro minorile, abusi e malnutrizione.
Purtroppo, i paesi e le istituzioni internazionali stanno anche promuovendo l’aborto come uno dei cosiddetti “servizi essenziali” nella risposta umanitaria. È triste vedere quanto sia diventato semplice e conveniente, per alcuni, negare l’esistenza di vita come soluzione a problemi che possono e devono essere risolti sia per la madre sia per il bambino non nato. Imploro pertanto le autorità civili affinché prestino particolare attenzione ai bambini a cui vengono negati i loro diritti e la loro dignità fondamentali, in particolare il loro diritto alla vita e all’educazione.
Quindi, richiama l’appello della giovane Malala Yousafzai, che cinque anni fa all’Assemblea Generale ha ricordato che “un bambino, un insegnante, un libro e una penna può cambiare il mondo”.
Nell’indicare la rotta, legato alla realtà dei bambini è lo snodo fondamentale della famiglia. Il Papa ricorda con chiarezza che “i primi educatori sono sua madre e suo padre, la famiglia che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani descrive come ‘il nucleo naturale e fondamentale della società’”. E all’Onu ribadisce i pericoli che la minacciano:
Troppo spesso la famiglia è vittima di colonialismi ideologici che la rendono vulnerabile e finiscono col provocare in molti dei suoi membri, specialmente nei più indifesi – bambini e anziani – un senso di sradicamento e di orfanità. La disintegrazione della famiglia riecheggia nella frammentazione sociale che impedisce l’impegno per affrontare nemici comuni.
Uno degli obiettivi su cui poi bisogna tornare ad impegnarsi è la donna, evidenzia Papa Francesco ricordando anche che quest’anno si celebra il 25.mo anniversario della Conferenza di Pechino del 1995. Le donne infatti giocano un ruolo importante a tutti i livelli al servizio del bene comune ma molte di loro vengono lasciate indietro, vittime della violenza e dello sfruttamento. A loro il Papa rinnova la sua vicinanza auspicando che vi sia maggiore impegno nella lotta contro “queste pratiche perverse che denigrano non solo la donna ma tutta l’umanità che, con il suo silenzio e la mancanza di azioni concrete, diventa complice”.
Tutto il suo messaggio ha come sfondo la situazione creatasi con la pandemia, che ha insegnato che non possiamo vivere l’uno senza l’altro o contro l’altro. Le Nazioni Unite sono state create proprio per essere come “un ponte fra i popoli”. E la sfida che hanno, ricorda il Papa, è proprio quella di costruire insieme “il futuro che vogliamo”.
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