Nel ripercorrere il viaggio in Cile e Perù papa Francesco ha confermato il rifiuto di ogni compromesso sugli abusi sessuali sui minori. “La corruzione rovina il cuore”
Papa Francesco è entrato, a bordo della papamobile scoperta, in piazza San Pietro, dove oggi torna l’udienza generale per la prima volta quest’anno, dopo le precedenti svoltesi nell’aula Paolo VI.
Al centro della catechesi del Papa le denunce sulla corruzione e sugli abusi su minori, e l’appello accorato per un mondo che ha bisogno di pace.
Nel ripercorrere i momenti salienti con i giovani e le detenute, nel sottolineare le parole chiave del viaggio appena concluso in America Latina il Papa ha ricordato che “il mio arrivo in Cile era stato preceduto da diverse manifestazioni di protesta, per vari motivi – ha sottolineato Francesco -. E questo ha reso ancora più attuale e vivo il motto della mia visita: ‘Mi paz os doy – Vi do la mia pace. Sono le parole di Gesù rivolte ai discepoli, che ripetiamo in ogni Messa: il dono della pace, che solo Gesù morto
e risorto può dare a chi si affida a Lui”. “In particolare – ha assicurato il Papa – ho confermato i miei fratelli nel rifiuto di ogni compromesso con gli abusi sessuali sui minori, e al tempo stesso nella fiducia in Dio, che attraverso questa dura prova purifica e rinnova i suoi ministri”.
Il carcere senza reinserimento è una tortura infinita
Nel viaggio in Cile e Perù il Papa ha indicato “come metodo la via dell’ascolto: in particolare l’ascolto dei poveri, dei giovani e degli anziani, degli immigrati, e anche l’ascolto della terra – ha proseguito il Papa -. In questo stile di prossimità contano più i gesti delle parole, e un gesto importante che ho potuto compiere è stato visitare il carcere femminile di Santiago: i volti di quelle donne, molte delle quali giovani madri, coi loro piccoli in braccio, esprimevano malgrado tutto tanta speranza. Le ho incoraggiate ad esigere, da sé stesse e dalle istituzioni, un serio cammino di preparazione al reinserimento, come orizzonte che dà senso alla pena quotidiana”. “Non possiamo pensare un carcere senza idea reinserimento – ha quindi sottolineato -. Senza questo è una tortura. Anche gli ergastolani devono pensare alla possibilità di lavorare. Sempre il carcere deve avere questa idea del reinserimento”.
“Ai giovani ho lasciato la parola programmatica di Sant’Alberto Hurtado: ‘Cosa farebbe Cristo al mio posto?'”.
.
.
Fonte: Avvenire on line