Sancta Sedes

Papa Francesco nel Caucaso sulle orme del Pellegrinaggio di Giovanni Paolo II che visitò il Paese 15 anni fa

S. Giovanni Paolo II visitò l’Armenia dal 25 al 27 settembre 2001 [1] e si recò alla capitale, Erevan (o Yerevan), Etchmiadzin e al Monastero di Khor Virab. Del magistero di Papa Wojtyla nel corso di questo Pellegrinaggio, per lui impegnativo e faticoso per le sue condizioni di salute, proponiamo alcuni passaggi importanti per leggere il percorso storico recente dell’Armenia. Sicuramente molti di questi contenuti saranno riproposti e aggiornati durante il viaggio di Papa Francesco.

Pace e rispetto recipro
Il passato dell’Armenia è inseparabile dalla sua fede cristiana. La fedeltà al Vangelo di Gesù Cristo contribuirà ugualmente anche al futuro che la Nazione sta costruendo, dopo le devastazioni del secolo passato. Signor Presidente, cari Amici, avete appena celebrato il decimo anniversario della vostra indipendenza.
Si è trattato di un passo significativo sul cammino verso una società giusta e armoniosa, nella quale tutti si sentano pienamente come a casa e possano vedere rispettati i loro legittimi diritti. Tutti, e in particolare, quanti sono responsabili della cosa pubblica, sono chiamati oggi a un genuino impegno per il bene comune, nella giustizia e nella solidarietà, ponendo il progresso del popolo davanti a qualsiasi altro interesse parziale. E questo è vero anche nell’urgente ricerca della pace in questa regione. La pace può essere costruita solo sulle solide fondamenta del rispetto reciproco, della giustizia nelle relazioni fra comunità diverse, e nella magnanimità da parte dei forti.
Aeroporto internazionale Zvartnotz, Yerevan, 25 settembre 2001

Il fratello Karekin
Il mio pensiero, in questo momento, va ai Suoi venerati Predecessori. Mi riferisco al Catholicos Vazken I, che tanto fece perché il suo popolo potesse vedere la terra promessa della libertà, e ritornò a Dio proprio nel momento in cui giunse l’indipendenza. Penso all’indimenticabile Catholicos Karekin I, che per me fu come un fratello. Il mio progetto di rendergli visita, quando la cattiva salute stava prendendo il sopravvento su di lui, non poté essere realizzato, anche se lo speravo con tutto il cuore. Questo desiderio si compie qui oggi con Vostra Santità, Fratello egualmente caro e amato. Attendo ardentemente i prossimi giorni quando, mano nella mano con Lei, incontrerò il popolo armeno e insieme renderemo grazie a Dio Onnipotente per diciassette secoli di fedeltà a Cristo.


Cattedrale Apostolica di Etchmiadzin, 25 settembre 2001

Il campanile di Panki
Quando uomini dal cuore malvagio spararono alla Croce del campanile di Panik, essi cercavano di offendere quel Dio in cui non credevano. Ma la loro violenza era diretta anzitutto contro il popolo, che aveva raccolto le pietre per costruire una casa al Signore; contro di voi, che in quelle chiese avevate ricevuto il dono della fede nelle acque del Battesimo e il dono dello Spirito Santo nella Cresima; contro di voi, che in esse vi riunivate per condividere il banchetto celeste alla mensa dell’Eucaristia; contro di voi, i cui matrimoni, in quei luoghi di preghiera, erano stati benedetti così che le vostre famiglie fossero sante, e che lì avevate dato l’estremo saluto ai vostri cari nella sicura speranza di essere riuniti con loro un giorno in Paradiso.
Pur preservando e sviluppando la propria identità, la Chiesa Armena non esitò ad impegnarsi nel dialogo con altre tradizioni cristiane, attingendo al loro patrimonio spirituale e culturale. Già sin dagli inizi, non soltanto le Sacre Scritture, ma anche le opere principali dei Padri Siriaci, Greci e Latini furono tradotte in armeno. La liturgia armena trasse la propria ispirazione dalle tradizioni liturgiche della Chiesa in Oriente e in Occidente. Grazie a questa straordinaria apertura di spirito, la Chiesa Armena, lungo la propria storia, è stata particolarmente sensibile alla causa dell’unità dei cristiani. Santi Patriarchi e Dottori, quali sant’Isacco Magno, Babghèn di Otmus, Zaccaria di Dzag, Nerses Šnorhali, Nerses di Lambron, Stefano di Salmasta, Giacomo di Julfa e altri, erano ben conosciuti per lo zelo verso l’unità della Chiesa.
Cattedrale di S. Gregorio l’Illuminatore, Yerevan, 26 settembre 2001

Lo esterminio di un milione e mezzo di cristiani
Gli Armeni hanno adorato Dio come loro Padre, hanno professato Cristo come loro Signore e hanno invocato lo Spirito Santo come loro santificatore; hanno amato la Chiesa apostolica universale come loro Madre. Il supremo comandamento di Cristo di amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stessi è divenuto uno stile di vita per gli Armeni fin dall’antichità. Sorretti da grande fede essi hanno scelto di rendere testimonianza alla verità e di accettare la morte, se necessario, per aver parte alla vita eterna. Il martirio per amore di Cristo divenne così una grande eredità per molte generazioni di Armeni. Il tesoro più prezioso che una generazione poteva trasmettere alla successiva era quello della fedeltà al Vangelo cosicché, con la grazia dello Spirito Santo, i giovani divenissero risoluti quanto i loro antenati nel rendere testimonianza alla verità. Lo sterminio di un milione e mezzo di Cristiani Armeni, che generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo, e il successivo annientamento di migliaia di persone sotto il regime totalitario, sono tragedie ancora vive nel ricordo della generazione attuale. Gli innocenti che furono massacrati senza motivo non sono canonizzati, ma molti di loro sono stati certamente confessori e martiri per il nome di Cristo. Noi preghiamo per il riposo delle loro anime ed esortiamo i fedeli a non perdere mai di vista il significato del loro sacrificio. Rendiamo grazie a Dio perché il cristianesimo in Armenia è sopravvissuto alle avversità degli ultimi diciassette secoli e perché la Chiesa Armena è ora libera di compiere la propria missione di proclamare la Buona Novella nella moderna Repubblica di Armenia e in molte zone vicine e lontane, nelle quali sono presenti comunità Armene.


L’Armenia è di nuovo un Paese libero, come negli antichi tempi del Re Tiridate e di san Gregorio l’Illuminatore. Negli ultimi dieci anni, è stato riconosciuto il diritto dei cittadini della nascente Repubblica a professare liberamente la propria religione. In Armenia e nella diaspora, sono state fondate nuove istituzioni Armene, sono state costruite chiese e sono state create scuole e associazioni. In tutto ciò riconosciamo la mano amorevole di Dio, poiché Egli ha reso visibili i suoi miracoli nel corso di tutta la storia di una piccola nazione, che ha conservato la sua particolare identità grazie alla fede cristiana. A motivo della sua fede e della sua Chiesa, il popolo Armeno ha sviluppato un’unica cultura cristiana, che di fatto è un preziosissimo apporto al tesoro del cristianesimo nel suo insieme.
L’esempio dell’Armenia cristiana attesta che la fede in Cristo suscita speranza in ogni situazione umana, per quanto difficile. Preghiamo affinché la luce salvifica della fede cristiana possa risplendere sui deboli e sui forti, sulle nazioni sviluppate e su quelle in via di sviluppo di questo mondo. Oggi in particolare, la complessità e le sfide della situazione int
Dichiarazione Comune di Sua Santità Giovanni Paolo II e di Sua Santità Karekin II, 27 settembre 2001


La Santa Sede e la Chiesa Apostolica armena
Aprirono il fuoco contro la Croce; e tuttavia, voi continuaste a cantare le lodi del Signore, custodendo e venerando la veste sacerdotale del vostro ultimo prete, quale traccia della sua presenza in mezzo a voi. Cantavate i vostri inni nella sicura consapevolezza che dal Cielo la sua voce era unita alla vostra nella lode a Cristo, l’eterno Sommo Sacerdote. Adornavate i vostri luoghi di culto al meglio che potevate; e oltre alle immagini di Gesù e di sua Madre Maria, vi era spesso l’immagine del Papa di Roma insieme a quella del Catholicos della Chiesa Apostolica Armena. Avevate compreso che ovunque i cristiani soffrivano, anche se divisi tra di loro, esisteva già una profonda unità.
Questa è la ragione per cui la vostra storia recente non è stata segnata dalla triste opposizione tra le Chiese, che ha travagliato i cristiani in altre terre non lungi da qui. Ricordo ancora quando, una volta scomparso l’inverno dell’ateismo ideologico, il defunto Catholicos Vazken I invitò la Santa Sede di Roma a mandare un sacerdote per i cattolici di Armenia. Scelsi allora per voi Padre Komitas, uno dei figli spirituali dell’Abate Mechitar. Quest’anno la comunità mechitarista celebra i trecento anni di fondazione. Rendiamo grazie al Signore per la gloriosa testimonianza che i monaci hanno dato; e manifestiamo loro la nostra gratitudine per quanto stanno facendo per rinnovare la cultura armena!
Benché non fosse più giovane, Padre Komitas accettò immediatamente e con entusiasmo di unirsi a voi nel compito difficile della ricostruzione. Venne a vivere a Panik, dove restaurò la Croce che le armi da fuoco avevano tentato di distruggere. Con spirito fraterno nei confronti del clero e dei fedeli della Chiesa Apostolica Armena, riaprì e abbellì la chiesa per i cattolici, che l’avevano difesa così a lungo. Ora egli riposa al lato di essa, vicino anche nella morte al suo popolo, mentre attende la risurrezione dei giusti.
In seguito, con la fraterna comprensione del Catholicos Vazken, che nel Parlamento nazionale difese i diritti dei cattolici in Armenia, sono stato in grado di inviarvi come Pastore un altro mechitarista, Padre Nerses, che consacrai Vescovo nella Basilica di san Pietro. Egli è figlio di un confessore della fede che pagò la sua fedeltà a Cristo nelle prigioni comuniste. All’Arcivescovo Nerses voglio dire una parola speciale di gratitudine. Quando ne fu richiesto, egli lasciò prontamente la sua amata comunità mechitarista nell’isola di san Lazzaro a Venezia per venire a rendere il suo servizio tra di voi come padre amorevole e maestro rispettato. Ora è aiutato dall’Arcivescovo Vartan, un altro figlio spirituale dell’Abate Mechitar. Auguro anche a lui un lungo e fruttuoso ministero pastorale.
Insieme con il suo Vicario precedente, divenuto in seguito Vescovo dei cattolici armeni in Iran, ed ora con l’Arcivescovo Coadiutore, i sacerdoti e le religiose che spendono così generosamente le loro energie per amore del Vangelo, l’Arcivescovo Nerses vi ha insegnato e vi ha fatto vedere che la Chiesa Cattolica in questa terra non è una rivale. I nostri rapporti sono improntati a spirito fraterno. Come negli anni del silenzio avevate posto l’immagine del Papa accanto a quella del Catholicos, così oggi in questa liturgia pregheremo non solo per la gerarchia cattolica, ma anche per Sua Santità Karekin II, Catholicos di Tutti gli Armeni. Santa Messa in rito latino, Etchmiadzin, 27 settembre 200, Omelia


Luis Badilla – Francesco Gagliano (Fonte ilsismografo.blogspot.it)

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