“Il Crocifisso, sorgente di speranza”, questo il tema della catechesi all’udienza generale del Mercoledì Santo. Papa Francesco parla di Gesù che sulla croce trasforma il dolore in amore: abbiamo bisogno di semplicità, di riscoprire il valore della sobrietà, spogliando l’anima del superfluo che la appesantisce.
di Vaticannews.va
Papa Francesco invita a guardare al Crocifisso in cui Gesù appare spogliato e ferito. Spogliato: Lui che è Dio si è lasciato privare di tutto. Noi che siamo così attaccati alle apparenze, che vogliamo sempre mostrare agli altri il nostro volto truccato, che “pensiamo che l’importante sia ostentare, così che gli altri dicano bene di noi” e che ci riempiamo di cose superflue, “non troviamo pace”. “Gesù spogliato di tutto – afferma il Papa – ci ricorda che la speranza rinasce col fare verità su di noi”.
Questo serve: tornare al cuore, all’essenziale, a una vita semplice, spoglia di tante cose inutili, che sono surrogati di speranza. Oggi, quando tutto è complesso e si rischia di perdere il filo, abbiamo bisogno di semplicità, di riscoprire il valore della sobrietà, della rinuncia, di fare pulizia di ciò che inquina il cuore e rende tristi. Ciascuno di noi può pensare a una cosa inutile di cui può liberarsi per ritrovarsi.
E per scendere nel concreto, il Papa lancia a braccio un’idea, un “bell’esercizio” che ciascuno di noi può fare:
Qui, quindici giorni fa, a Santa Marta, dove io abito – che è un albergo per tanta gente – si è sparsa la voce che per questa Settimana Santa sarebbe bello guardare il guardaroba e spogliare, mandare via le cose che abbiamo, che non usiamo… Voi non immaginate la quantità di cose! È bello spogliarsi delle cose inutili. E questo è andato ai poveri, alla gente che ha bisogno. Anche noi, tante cose inutili abbiamo dentro il cuore – e fuori pure. Guardate il vostro guardaroba: guardatelo e fate pilizia lì. (…) Guardate il guardaroba dell’anima: quante cose inutili hai, quante illusioni stupide.
Gesù è ferito, nel corpo e nell’anima, sottolinea il Papa tornando al testo scritto della catechesi. “Gesù è solo: tradito, consegnato e rinnegato dai suoi”. E’ dileggiato, a lui la folla preferisce Barabba. E Francesco si domanda in che modo tutto questo “aiuta la nostra speranza”:
Anche noi siamo feriti: chi non lo è nella vita? Chi non porta le cicatrici di scelte passate, di incomprensioni, di dolori che restano dentro e si fatica a superare? Ma anche di torti subiti, di parole taglienti, di giudizi inclementi? Dio non nasconde ai nostri occhi le ferite che gli hanno trapassato il corpo e l’anima. Le mostra per farci vedere che a Pasqua si può aprire un passaggio nuovo: fare delle proprie ferite dei fori di luce.
Tutto dipende da quello che facciamo delle nostre ferite, afferma ancora il Papa. Vediamo che Gesù in croce continua ad amare e “perdona chi lo ferisce” vincendo così il male. E noi che cosa ne facciamo? Rimaniamo nel rancore e nella tristezza oppure ci uniamo a Gesù?
Sì, le nostre ferite possono diventare fonti di speranza quando, anziché piangerci addosso, asciughiamo le lacrime altrui; quando, anziché covare risentimento per quanto ci è tolto, ci prendiamo cura di ciò che manca agli altri; quando, anziché rimuginare in noi stessi, ci chiniamo su chi soffre; quando, anziché essere assetati d’amore per noi, dissetiamo chi ha bisogno di noi. Perché soltanto se smettiamo di pensare a noi stessi, ci ritroviamo.
“Avvicinandosi la festa della Pasqua”, il Papa esorta pure ad avere riguardo degli ultimi e di quanti soffrono. Lo fa nel saluto ai fedeli di lingua araba, chiedendo di portare “nella mente e nel cuore le sofferenze dei malati, dei poveri, degli emarginati, ricordando anche le vittime innocenti delle guerre, affinché il Cristo, con la sua Resurrezione, conceda a tutti la pace, la consolazione e le benedizioni”
Nelle parole di Francesco, a chiusura dell’udienza generale, anche un riferimento alla Giornata mondiale dello sport per la pace e lo sviluppo, indetta dalle Nazioni Unite, che si celebra domani. L’auspicio del Papa è che la ricorrenza “contribuisca a intensificare i propositi di solidarietà e atteggiamenti di amicizia e condivisione fraterna”.
Istituita 10 anni fa dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a ricordo del giorno in cui, nel 1896, furono inaugurati, ad Atene, i primi giochi olimpici dell’era moderna, la Giornata internazionale dello sport per lo sviluppo e la pace, quest’anno sul tema “Scoring for People and the Planet”, vuole essere un’opportunità per riconoscere il ruolo positivo dello sport e dell’attività fisica nelle comunità e nella vita delle persone in tutto il mondo. Lo sport offre un enorme potenziale per il progresso degli obiettivi dello sviluppo sostenibile, e per la promozione della pace e dei diritti umani, si legge sulla pagina web dell’Onu dedicata all’evento, dall’emancipazione delle donne e delle ragazze, di giovani, persone con disabilità e gruppi emarginati e per questo domani, a New York, al Palazzo di vetro, si terranno una serie di conversazioni che metteranno in evidenza il potere del calcio e di altri sport in tal senso. Le discussioni si concentreranno in particolare sulla sostenibilità e l’azione per il clima, sull’uguaglianza di genere e la lotta contro il razzismo e l’incitamento all’odio.
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