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Papa Francesco, nel suo libro “Io credo, noi crediamo”: ‘Il nostro comandamento principale è l’amore’

Io credo noi crediamo
La fede contenuta nel Credo o Simbolo degli Apostoli – la preghiera che riassume le verità a cui è tenuto ogni cristiano – spiegata dal Papa nel volume “Io credo, noi crediamo”, edito da Rizzoli e Lev e da oggi in libreria. Mentre recitiamo il Credo, scrive nella prefazione Francesco, riconosciamo chi è Dio ma “parliamo anche di noi”, amati e salvati dal Signore

Adriana Masotti – Città del Vaticano

Quali sono le verità di fede che definisce un cristiano e come deve vivere per esserlo davvero? Sono le domande a cui Papa Francesco risponde, dialogando con don Marzo Pozza, cappellano del carcere di Padova, nel volume “Io credo, noi crediamo” che prosegue un percorso di riflessione cominciato con l’analisi di altre due preghiere, il Padre nostro e l’Ave Maria.

La nostra fede non è un’ideologia

La professione di fede conosciuta come Simbolo degli Apostoli confessa Dio Creatore del Cielo e della Terra, la sua incarnazione in Gesù per la salvezza degli uomini, lo Spirito Santo che dà la vita, la Chiesa e la comunione dei Santi, il perdono dei peccati, la risurrezione, la vita eterna. Ma il Credo non è solo un insieme di formule, come scrive il Papa stesso nella prefazione al testo, “è anche l’espressione della vita e dell’esperienza che contraddistingueva i cristiani”. La coerenza tra fede e vita, è fondamentale per il Papa, la fede cristiana non è una fede astratta, ideologica, lontana dalla concretezza della realtà. “Non crediamo – afferma il Papa – in un Dio astratto o immaginario, frutto delle nostre idee o teorie. Noi crediamo nel Dio Padre che Gesù ci ha fatto incontrare e che è amore.” “I santi – osserva – sono i veri protagonisti del cristianesimo: uomini e donne che hanno capito cosa vuol dire credere in un Dio che è Padre”.

Bisogna essere capaci di sporcarsi le mani

“Il nostro comandamento principale è l’amore”, afferma, per questo Francesco sostiene: “Quando vedo cristiani troppo ‘puliti’, che ritengono di possedere tutte le verità, l’ortodossia, la vera dottrina – e dicono: bisogna fare così e così –, ma sono incapaci di sporcarsi le mani per aiutare qualcuno a sollevarsi; quando vedo questi cristiani io dico: voi non siete cristiani; siete teisti con l’acqua benedetta cristiana, ma ancora non siete arrivati al cristianesimo.” L’amore al prossimo è quindi condizione essenziale di chi vuol essere cristiano e non potrebbe essere diversamente se il Dio in cui crede è Padre, è Amore, è un Dio “ammalato di misericordia” a cui affidarsi.

La Tradizione non è un museo

La rigidità non appartiene al modo di pensare di Papa Francesco che in questo libro parla anche del rapporto tra la Tradizione della Chiesa e lo Spirito che è sempre nuovo e spinge continuamente la Chiesa a rinnovare se stessa: “Alle volte – si legge nel libro – pensiamo che custodire la Tradizione significhi costruire un museo, un museo delle cose; e la Chiesa diventa un museo. No, la Tradizione è viva, non una collezione di cose, riti… è viva. E cresce, deve crescere, come la radice fa crescere l’albero perché dia fiori e frutti. Dobbiamo sempre tornare alla Tradizione per attingervi quel succo, quella linfa che fa crescere”.

Satana, il giudizio universale, la resurrezione

Un tema di cui Papa Francesco parla spesso è l’esistenza del demonio. Lo fa anche nelle pagine di questo libro sottolineando la differenza tra credere in qualcuno e credere nell’esistenza di qualcuno. Scrive: “Io credo Satana, credo alla sua esistenza, ma non lo amo. Non dico «credo in», perché so che esiste, ma devo difendermi dalle sue seduzioni”. Belle e confortanti le parole del Papa sul giudizio universale: “Immagino il momento in cui, nel tramonto della vita – confida Francesco – mi avvicinerò a Dio, sedotto da quella bellezza, con animo umiliato, la testa china; immagino il suo abbraccio e il mio sguardo che si solleverà verso il suo. Non oserei guardarlo senza prima aver ricevuto il suo abbraccio”. Nei diversi capitoli Papa Francesco precisa il suo pensiero su temi come la resurrezione, il dialogo con i defunti, il paradiso, il purgatorio e l’inferno, la pluralità delle espressioni di fede in Gesù perché “Dio è sempre più grande di noi e nessuna parola, nessuna espressione, può esaurire la grandezza del suo amore”.

Il nostro essere figli di Dio

Nel capitolo dedicato alla remissione dei peccati, il Papa ritorna a parlare anche del populismo, riapparso sulla scena mondiale, che “opprime il povero e strumentalizza la fede”. Costruisce un culto intorno al suo “portavoce”, uomini e donne “che pensano solo a se stessi” e “alimentano il culto di sé, credendosi Dio”. Il testo tuttavia non analizza punto per punto il contenuto della fede cristiana. Come scrive lui stesso, ancora nella prefazione: “Ho preferito piuttosto condividere il significato quotidiano, esistenziale, semplice eppure profondo, del nostro essere figli di Dio – invitati alla mensa dell’amore con la Trinità stessa – e dell’amicizia con i fratelli nella fede e con l’umanità intera”.

Credito: Vatican News

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