Papa Francesco nella chiesa del Getsemani: ‘no a doppiezze e falsita’

Nel pomeriggio il Papa ha incontrato i sacerdoti, i religiosi e i seminaristi nella Chiesa del Getsemani, accanto all’Orto degli Ulivi. Il Papa è partito dal passo del Vangelo di Luca: «Uscì e andò … al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono» (Lc 22,39).

Quando giunge l’ora segnata da Dio per salvare l’umanità dalla schiavitù del peccato – ha affermato il Papa – Gesù si ritira qui, nel Getsemani, ai piedi del monte degli Ulivi. Ci ritroviamo in questo luogo santo, santificato dalla preghiera di Gesù, dalla sua angoscia, dal suo sudore di sangue; santificato soprattutto dal suo ‘sì’ alla volontà d’amore del Padre. Abbiamo quasi timore di accostarci ai sentimenti che Gesù ha sperimentato in quell’ora; entriamo in punta di piedi in quello spazio interiore dove si è deciso il dramma del mondo”.

Quindi ha proseguito: “In quell’ora, Gesù ha sentito la necessità di pregare e di avere accanto a sé i suoi discepoli, i suoi amici, che lo avevano seguito e avevano condiviso più da vicino la sua missione. Ma qui, al Getsemani, la sequela si fa difficile e incerta; c’è il sopravvento del dubbio, della stanchezza e del terrore. Nel succedersi incalzante della passione di Gesù, i discepoli assumeranno diversi atteggiamenti nei confronti del Maestro: atteggiamenti di vicinanza, di allontanamento, di incertezza”.

Il Papa ha poi posto una serie di domande: “Farà bene a tutti noi, vescovi, sacerdoti, persone consacrate, seminaristi, in questo luogo, domandarci: chi sono io davanti al mio Signore che soffre? Chi sono io davanti al mio Signore che soffre? Sono di quelli che, invitati da Gesù a vegliare con Lui, si addormentano, e invece di pregare cercano di evadere chiudendo gli occhi di fronte alla realtà? Sono di quelli? O mi riconosco in quelli che sono fuggiti per paura, abbandonando il Maestro nell’ora più tragica della sua vita terrena? C’è forse in me la doppiezza, la falsità di colui che lo ha venduto per trenta monete, che era stato chiamato amico, eppure ha tradito Gesù?”.

E ha continuato: “Mi riconosco in quelli che sono stati deboli e lo hanno rinnegato, come Pietro? Egli poco prima aveva promesso a Gesù di seguirlo fino alla morte (cfr Lc 22,33); poi, messo alle strette e assalito dalla paura, giura di non conoscerlo. Assomiglio a quelli che ormai organizzavano la loro vita senza di Lui, come i due discepoli di Emmaus, stolti e lenti di cuore a credere nelle parole dei profeti (cfr Lc 24,25)? Oppure, grazie a Dio, mi ritrovo tra coloro che sono stati fedeli sino alla fine, come la Vergine Maria e l’apostolo Giovanni? Quando sul Golgota tutto diventa buio e ogni speranza sembra finita, solo l’amore è più forte della morte. L’amore della Madre e del discepolo prediletto li spinge a rimanere ai piedi della croce, per condividere fino in fondo il dolore di Gesù. Mi riconosco in quelli che hanno imitato il loro Maestro fino al martirio, testimoniando quanto Egli fosse tutto per loro, la forza incomparabile della loro missione e l’orizzonte ultimo della loro vita?”.

L’amicizia di Gesù nei nostri confronti – ha osservato – la sua fedeltà e la sua misericordia sono il dono inestimabile che ci incoraggia a proseguire con fiducia la nostra sequela di Lui, nonostante le nostre cadute, i nostri errori, anche i nostri tradimenti. Ma questa bontà del Signore non ci esime dalla vigilanza di fronte al tentatore, al peccato, al male e al tradimento che possono attraversare anche la vita sacerdotale e religiosa. Tutti noi siamo esposti al peccato, al male, al tradimento. Avvertiamo la sproporzione tra la grandezza della chiamata di Gesù e la nostra piccolezza, tra la sublimità della missione e la nostra fragilità umana. Ma il Signore, nella sua grande bontà e nella sua infinita misericordia, ci prende sempre per mano, perché non affoghiamo nel mare dello sgomento. Egli è sempre al nostro fianco, non ci lascia mai soli. Dunque, non lasciamoci vincere dalla paura e dallo sconforto, ma con coraggio e fiducia andiamo avanti nel nostro cammino e nella nostra missione”.

Il Papa ha concluso: “Voi, cari fratelli e sorelle, siete chiamati a seguire il Signore con gioia in questa Terra benedetta! E’ un dono e anche è una responsabilità. La vostra presenza qui è molto importante; tutta la Chiesa vi è grata e vi sostiene con la preghiera. Da questo luogo, luogo santo, desidero inoltre rivolgere un affettuoso saluto a tutti i cristiani di Gerusalemme: vorrei assicurare che li ricordo con affetto e che prego per loro, ben conoscendo la difficoltà della loro vita nella città. Li esorto ad essere testimoni coraggiosi della passione del Signore, ma anche della sua Resurrezione, con gioia e nella speranza. Imitiamo la Vergine Maria e san Giovanni, e stiamo accanto alle tante croci dove Gesù è ancora crocifisso. Questa è la strada nella quale il nostro Redentore ci chiama a seguirlo. Non ce n’è un’altra, è questa. «Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore» (Gv 12,26)”.

All’uscita dalla chiesa il Papa si è recato nell’Orto degli Ulivi, dove ha piantato una pianticella.

Un ultimo saluto tra Papa Francesco e Bartolomeo I. L’ incontro è avvenuto alla «Viri Galileai», una piccola chiesa greco-ortodossa sul Monte degli Ulivi, per la visita privata al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, in restituzione della visita compiuta domenica dal Patriarca al Papa nella Delegazione Apostolica di Gerusalemme. Al termine, il Papa e il Patriarca Ecumenico hanno benedetto insieme un gruppo di fedeli ortodossi riuniti nel cortile. A cura di Redazione Papaboys

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