Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Nell’omelia della celebrazione eucaristica iniziata tra i canti festosi degli oltre quarantamila fedeli al Palaexpo di Ginevra, Papa Francesco, ricordando la preghiera del Padre Nostro, indica tre parole “che ci portano al cuore della fede”: padre, pane e perdono. “La parola ‘Padre’ – spiega il Papa dal palco sovrastato da un grande crocifisso sospeso – è “la chiave di accesso al cuore di Dio”. Gesù – aggiunge – è il “Pane quotidiano”, “l’alimento base per vivere bene”. Francesco sottolinea che “il Padre è felice quando ci amiamo e perdoniamo di vero cuore”.
Dio, anzitutto, è Papà, Padre. Solo dicendo Padre – afferma il Papa – “preghiamo in “lingua cristiana”, preghiamo “in cristiano”. “Padre nostro” – spiega Francesco – è “la formula della vita”, quella che rivela la nostra identità di essere “figli amati”. E’ una formula che risolve il teorema della solitudine e che ci indica cosa fare: “amare Dio, nostro Padre, e gli altri, nostri fratelli”. Il “Padre nostro” – osserva il Pontefice – è “la preghiera del noi, della Chiesa” e ci offre “la segnaletica della vita spirituale”. “Ogni volta che facciamo il segno della croce all’inizio della giornata e prima di ogni attività importante, ogni volta che diciamo ‘Padre nostro’, ci riappropriamo delle radici che ci fondano”. “Non stanchiamoci – sottolinea Francesco – di dire Padre nostro”:
Dicendo ‘Padre nostro’ affermiamo che ogni essere umano ci appartiene, e di fronte alle tante cattiverie che offendono il volto del Padre, noi suoi figli siamo chiamati a reagire come fratelli, come buoni custodi della nostra famiglia, e a darci da fare perché non vi sia indifferenza nei riguardi del fratello, di ogni fratello: del bambino che ancora non è nato come dell’anziano che non parla più, del conoscente che non riusciamo a perdonare come del povero scartato. Questo il Padre ci chiede, ci comanda: di amarci con cuore di figli, che sono tra loro fratelli.
Gesù è il pane quotidiano: “se non è il nostro cibo di vita, il centro delle giornate, il respiro della quotidianità, tutto è vano”. “A volte, però, Gesù lo riduciamo a un contorno”. Il pane – ricorda poi il Papa – è quel cibo che purtroppo manca “a tanti nostri fratelli e sorelle”. “Guai – aggiunge – a chi specula sul pane! Il cibo di base per la vita quotidiana dei popoli deve essere accessibile a tutti”. In una società in cui per molti “la vita è tanto complicata” perché “si corre dal mattino alla sera”, si “impone una scelta di vita sobria, libera dalle zavorre superflue”:
Scegliamo la semplicità del pane per ritrovare il coraggio del silenzio e della preghiera, lievito di una vita veramente umana. Scegliamo le persone rispetto alle cose, perché fermentino relazioni personali, non virtuali. Torniamo ad amare la fragranza genuina di quel che ci circonda. Quando ero piccolo, a casa, se il pane cadeva dalla tavola, ci insegnavano a raccoglierlo subito e a baciarlo. Apprezzare ciò che di semplice abbiamo ogni giorno, custodirlo: non usare e gettare, ma apprezzare e custodire.
E’ difficile perdonare “ma il Signore pretende come dono il nostro perdono”. Francesco ricorda poi che l’unico commento originale al Padre nostro, quello di Gesù, si concentra in una frase sola: “Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”. Il perdono rinnova, fa miracoli e lo vediamo – aggiunge – nella storia cristiana:
Perdonarci tra noi, riscoprirci fratelli dopo secoli di controversie e lacerazioni, quanto bene ci ha fatto e continua a farci! Il Padre è felice quando ci amiamo e perdoniamo di vero cuore (cfr Mt 18,35). E allora ci dona il suo Spirito. Chiediamo questa grazia: di non arroccarci con animo indurito, pretendendo sempre dagli altri, ma di fare il primo passo, nella preghiera, nell’incontro fraterno, nella carità concreta. Così saremo più simili al Padre, che ama senza tornaconto. Ed egli riverserà su di noi lo Spirito di unità.
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