Sancta Sedes

Papa Francesco nella S. Messa di oggi: ‘Non c’è gioia cristiana quando si chiudono le porte’

“Stiamo attenti a chi approfitta dell’irregolarità di molti migranti”. Papa Francesco celebra messa a Iquique, nel nord del Cile, terra di migrazioni: «Non c’è gioia cristiana quando si chiudono le porte, quando si fa sentire agli altri che sono di troppo. Non priviamoci del bene che chi arriva sa offrire»

«Siamo attenti a q uelli che approfittano dell’irregolarità di molti migranti, perché non conoscono la lingua o non hanno i documenti in regola. Siamo di fronte alla precarizzazione del lavoro che distrugge vite e famiglie». Papa Francesco prima di lasciare il Cile sbarca a Iquique, capitale della regione Tarapacà, nel nord del Paese ai piedi delle Ande. Si affaccia sul Pacifico e sorge in un punto dove l’oceano e il deserto si incontrano. Fondata in epoca coloniale, la città apparteneva al Perù fino alla fine dell’Ottocento, quando venne conquistata dalle truppe cilene.

È una terra considerata zona franca, e rappresenta la porta d’accesso da altri Paesi sudamericani come il Perù e la Bolivia. Qui Bergoglio celebra al Campus Lobito, una vasta area sul mare a venti chilometri dalla città, una messa per l’integrazione fra i popoli in onore di Nuestra Señora del Carmen, Madre e Regina del Cile, in presenza della statua della “Virgen de Tirana”, oggetto di grande devozione popolare in tutto il Nord del Paese, trasportata per l’occasione dall’omonimo santuario.

Ad attendere il Pontefice ci sono i fedeli di diverse etnie, riconoscibili dai loro costumi tradizionali che si differenziano per i colori sgargianti e i particolari ornamenti. Con i loro strumenti, le loro danze e il loro canto accompagnano tutta la messa celebrata su un grande palco adornato da fiori e simboli indigeni in legno.

Un aspetto che il Papa evidenzia nella sua omelia, in cui, dopo la lettura del Vangelo delle nozze di Cana, sottolinea che il messaggio del Vangelo sia fonte di gioia: «Una gioia che si propaga di generazione in generazione e della quale siamo eredi. Come sapete bene questo, voi, cari fratelli del nord cileno! Come sapete vivere la fede e la vita in un clima di festa!», dice Francesco. Ed esalta questa capacità di far festa: «Vengo come pellegrino a celebrare con voi questo modo bello di vivere la fede. Le vostre feste patronali, i vostri balli religiosi – che si prolungano per una settimana –, la vostra musica, i vostri vestiti fanno di questa zona un santuario di pietà popolare. Perché non è una festa che rimane chiusa all’interno del tempio, ma riesce a rivestire a festa tutto il villaggio». «Voi sapete celebrare – continua il Papa – cantando e danzando la paternità, la provvidenza, la presenza amorosa e costante; genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione».

Bergoglio sottolinea poi l’azione di Maria alla nozze di Cana. «Lei è attenta a tutto quello che succede intorno e, come buona madre, non sta tranquilla e così si accorge che nella festa, nella gioia condivisa, stava accadendo qualcosa: c’era qualcosa che stava per “annacquare” la festa. E accostandosi a suo Figlio, le uniche parole che le sentiamo dire sono: “Non hanno vino”». La Madonna, afferma ancora il Pontefice, «donna di poche parole, ma molto concrete, si avvicina anche ad ognuno di noi per dirci solamente: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. E in questo modo si apre la strada al primo miracolo di Gesù: far sentire ai suoi amici che anch’essi partecipano al miracolo».

Francesco, come già aveva fatto nel luglio 2015 in Bolivia commentando lo stesso Vangelo, ricorda che «il miracolo comincia quando gli inservienti avvicinano le anfore dell’acqua che erano destinate alla purificazione. Così anche ognuno di noi può cominciare il miracolo, di più, ognuno di noi è invitato a partecipare al miracolo per gli altri». Iquique, aggiunge, «è una “terra di sogni” (questo significa il nome in aymara); terra che ha saputo ospitare gente di diversi popoli e culture che hanno dovuto lasciare i loro cari e partire. Una partenza sempre basata sulla speranza di ottenere una vita migliore, ma sappiamo che è sempre accompagnata da bagagli carichi di paura e di incertezza per quello che verrà».

Iquique è una zona «di immigrati che ci ricorda la grandezza di uomini e donne; di famiglie intere che, davanti alle avversità, non si danno per vinte e si fanno strada in cerca di vita. Essi – specialmente quelli che devono lasciare la loro terra perché non hanno il minimo necessario per vivere – sono icone della Santa Famiglia, che dovette attraversare deserti per poter continuare a vivere». «Questa terra – afferma Bergoglio – è terra di sogni, ma facciamo in modo che continui a essere anche terra di ospitalità. Ospitalità festosa, perché sappiamo bene che non c’è gioia cristiana quando si chiudono le porte; non c’è gioia cristiana quando si fa sentire agli altri che sono di troppo o che tra di noi non c’è posto per loro».

«Il grido del popolo di Dio, il grido del povero, che ha forma di preghiera e allarga il cuore e ci insegna ad essere attenti. Siamo attenti – chiede Francesco – a tutte le situazioni di ingiustizia e alle nuove forme di sfruttamento che espongono tanti fratelli a perdere la gioia della festa. Siamo attenti di fronte alla precarizzazione del lavoro che distrugge vite e famiglie. Siamo attenti a quelli che approfittano dell’irregolarità di molti migranti, perché non conoscono la lingua o non hanno i documenti in regola. Siamo attenti alla mancanza di casa, terra e lavoro di tante famiglie».

Infine, il Papa invita a seguire l’esempio della Madonna e dei servitori che portano le anfore d’acqua a Gesù per il miracolo della trasformazione in vino: «Come Maria diciamo con fede: non hanno vino. Come i servi della festa, portiamo quello che abbiamo, per quanto sembri poco. Come loro, non abbiamo paura a “dare una mano”, e che la nostra solidarietà e il nostro impegno per la giustizia facciano parte del ballo e del canto che possiamo intonare a nostro Signore. Approfittiamo anche per imparare e lasciarci impregnare dai valori, dalla sapienza e dalla fede che i migranti portano con sé. Senza chiuderci a quelle “anfore” piene di sapienza e di storia che portano quanti continuano ad arrivare in queste terre. Non priviamoci di tutto il bene che hanno da offrire».
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di Andrea Tornielli per Vatican Insider

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