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Papa Francesco nella Veglia Pasquale: ‘Fratello, sorella, non avere paura. E’ risorto e ti attende in Galilea!’

Papa Francesco nella Veglia Pasquale: ‘Fratello, sorella, non avere paura. E’ risorto e ti attende in Galilea!’

Nella serata del Sabato Santo, il Santo Padre Francesco ha presieduto, all’Altare della Cattedra, nella Basilica Vaticana, la solenne Veglia Pasquale nella Notte Santa. Il rito della Benedizione del fuoco si è svolto ai piedi dell’Altare della Confessione. La processione iniziale  dall’Altare della Confessione a quello della Cattedra passando dal lato
dell’“Altare di San Giuseppe”. Al canto del Gloria ha luogo la progressiva accensione della
Basilica, fino all’illuminazione completa. Nel corso della cerimonia è omessa la preparazione del Cero pasquale e non hanno luogo i battesimi, ma la sola Rinnovazione delle promesse battesimali, preceduta dalla benedizione dell’acqua lustrale.

Papa Francesco Veglia Pasquale

Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa pronuncia nel corso della Veglia Pasquale, dopo la proclamazione del Santo Vangelo:

Le donne pensavano di trovare la salma da ungere, invece hanno trovato una tomba vuota.
Erano andate a piangere un morto, invece hanno ascoltato un annuncio di vita. Per questo, dice il Vangelo, quelle donne «erano piene di spavento e di stupore» (Mc 16,8). Stupore: in questo caso è un timore misto a gioia, che sorprende il loro cuore nel vedere la grande pietra del sepolcro rotolata via e dentro un giovane con una veste bianca. È la meraviglia di ascoltare quelle parole: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto» (v. 6). E poi quell’invito: «Egli vi precede in Galilea, là lo vedrete» (v. 7).

Accogliamo anche noi questo invito, l’invito di Pasqua: andiamo in Galilea dove il Signore Risorto ci precede. Ma cosa significa “andare in Galilea”?

Andare in Galilea significa, anzitutto, ricominciare. Per i discepoli è ritornare nel luogo
dove per la prima volta il Signore li ha cercati e li ha chiamati a seguirlo. È il luogo del primo incontro e del primo amore. Da quel momento, lasciate le reti, essi hanno seguito Gesù, ascoltando la sua predicazione e assistendo ai prodigi che compiva. Eppure, pur stando sempre con Lui, non lo hanno compreso fino in fondo, spesso hanno frainteso le sue parole e davanti alla croce sono scappati, lasciandolo solo. Malgrado questo fallimento, il Signore Risorto si presenta come Colui che, ancora una volta, li precede in Galilea; li precede, cioè sta davanti a loro. Li chiama e li richiama a seguirlo, senza mai stancarsi. Il Risorto sta dicendo loro: “Ripartiamo da dove abbiamo iniziato. Ricominciamo. Vi voglio nuovamente con me, nonostante e oltre tutti i fallimenti”.

Il video dell’Omelia di Papa Francesco

In questa Galilea impariamo lo stupore dell’amore infinito del Signore, che traccia sentieri nuovi dentro le strade delle nostre sconfitte.

Ecco il primo annuncio di Pasqua che vorrei consegnarvi: è possibile ricominciare sempre, perché c’è una vita nuova che Dio è capace di far ripartire in noi al di là di tutti i nostri fallimenti. Anche dalle macerie del nostro cuore Dio può costruire un’opera d’arte, anche dai frammenti rovinosi della nostra umanità Dio prepara una storia nuova. Egli ci precede sempre: nella croce della sofferenza, della desolazione e della morte, così come nella gloria di una vita che risorge, di una storia che cambia, di una speranza che rinasce. E in questi mesi bui di pandemia sentiamo il Signore risorto che ci invita a ricominciare, a non perdere mai la speranza.

Papa Francesco Veglia Pasquale

Andare in Galilea, in secondo luogo, significa percorrere vie nuove. È muoversi nella
direzione contraria al sepolcro. Le donne cercano Gesù alla tomba, vanno cioè a fare memoria di ciò che hanno vissuto con Lui e che ora è perduto per sempre. Vanno a rimestare la loro tristezza. È l’immagine di una fede che è diventata commemorazione di un fatto bello ma finito, solo da ricordare. Tanti vivono la “fede dei ricordi”, come se Gesù fosse un personaggio del passato, un amico di gioventù ormai lontano, un fatto accaduto tanto tempo fa, quando da bambino frequentavo il catechismo. Una fede fatta di abitudini, di cose del passato, di bei ricordi dell’infanzia, che non mi tocca più, non mi interpella più. Andare in Galilea, invece, significa imparare che la fede, per essere viva, deve rimettersi in strada. Deve ravvivare ogni giorno l’inizio del cammino, lo stupore del primo incontro. E poi affidarsi, senza la presunzione di sapere già tutto, ma con l’umiltà di chi si lascia sorprendere dalle vie di Dio. Andiamo in Galilea a scoprire che Dio non può essere sistemato tra i ricordi dell’infanzia ma è vivo, sorprende sempre. Risorto, non finisce mai di stupirci.

Ecco il secondo annuncio di Pasqua: la fede non è un repertorio del passato, Gesù non è un personaggio superato.

Egli è vivo, qui e ora. Cammina con te ogni giorno, nella situazione che stai vivendo, nella prova che stai attraversando, nei sogni che ti porti dentro. Apre vie nuove dove ti sembra che non ci siano, ti spinge ad andare controcorrente rispetto al rimpianto e al “già visto”.
Anche se tutto ti sembra perduto, apriti con stupore alla sua novità: ti sorprenderà.
Andare in Galilea significa, inoltre, andare ai confini. Perché la Galilea è il luogo più
distante: in quella regione composita e variegata abitano quanti sono più lontani dalla purezza rituale di Gerusalemme. Eppure Gesù ha iniziato da lì la sua missione, rivolgendo l’annuncio a chi porta avanti con fatica la vita quotidiana, agli esclusi, ai fragili, ai poveri, per essere volto e presenza di Dio, che va a cercare senza stancarsi chi è scoraggiato o perduto, che si muove fino ai confini dell’esistenza perché ai suoi occhi nessuno è ultimo, nessuno escluso. Lì il Risorto chiede ai suoi di andare, anche oggi. È il luogo della vita quotidiana, sono le strade che percorriamo ogni giorno, sono gli angoli delle nostre città in cui il Signore ci precede e si rende presente, proprio nella vita di chi ci passa accanto e condivide con noi il tempo, la casa, il lavoro, le fatiche e le speranze. In Galilea impariamo che possiamo trovare il Risorto nel volto dei fratelli, nell’entusiasmo di chi sogna e nella rassegnazione di chi è scoraggiato, nei sorrisi di chi gioisce e nelle lacrime di chi soffre, soprattutto nei poveri e in chi è messo ai margini.

Ci stupiremo di come la grandezza di Dio si svela nella piccolezza, di come la sua bellezza splende nei semplici e nei poveri.

Ecco, allora, il terzo annuncio di Pasqua: Gesù, il Risorto, ci ama senza confini e visita ogni nostra situazione di vita.

Egli ha piantato la sua presenza nel cuore del mondo e invita anche noi a
superare le barriere, vincere i pregiudizi, avvicinare chi ci sta accanto ogni giorno, per riscoprire la grazia della quotidianità. Riconosciamolo presente nelle nostre Galilee, nella vita di tutti i giorni. Con Lui, la vita cambierà. Perché oltre tutte le sconfitte, il male e la violenza, oltre ogni sofferenza e oltre la morte, il Risorto vive e conduce la storia.

Fratello, sorella, se in questa notte porti nel cuore un’ora buia, un giorno che non è ancora
spuntato, una luce sepolta, un sogno infranto, apri il cuore con stupore all’annuncio della Pasqua: “Non avere paura, è risorto! Ti attende in Galilea”. Le tue attese non resteranno incompiute, le tue lacrime saranno asciugate, le tue paure saranno vinte dalla speranza. Perché il Signore ti precede, cammina davanti a te. E, con Lui, la vita ricomincia.

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