Perseverare nella fedeltà per i sacerdoti e i religiosi significa anche chiedere perdono per i propri peccati, senza nasconderli: mai condurre una doppia vita. Questa l’esortazione rivolta da Papa Francesco al clero e ai religiosi dell’Uganda, incontrati nel pomeriggio nella Cattedrale di St. Mary, a Kampala.
Fedeltà alla memoria dei martiri
Memoria, testimonianza attraverso la fedeltà e preghiera. È triplice la missione che Papa Francesco affida ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai seminaristi dell’Uganda, che torna a definire “perla dell’Africa”. La riflessione del Papa, che ha consegnato il discorso preparato e ha parlato a braccio in spagnolo ai presenti in Cattedrale, parte dal ricordo dei martiri ugandesi, dal loro sangue: la Chiesa locale – dice Francesco – non deve “abituarsi ad ereditare” il bene dei nostri padri con un “ricordo lontano” di coloro che hanno dato “la loro stessa vita” per amore di Gesù, come evidenziato anche nel testo consegnato. Invita a chiedere la “grazia della memoria”:
“La Chiesa in Uganda, per essere fedele a questa memoria, deve continuare a essere testimone. Non deve vivere di rendita”.
Offrirsi a quelle diocesi che hanno bisogno di sacerdoti
La Cattedrale di St. Mary a Kampala – visitata da Paolo VI nel 1969 e da San Giovanni Paolo II nel 1993 e che custodisce i resti mortali del primo arcivescovo africano e di Kampala, mons. Joseph Kiwanka – accoglie 5 mila persone, che con le loro voci, i loro canti, i loro applausi intervallano le parole del Papa. Il Pontefice sottolinea a tutti come l’incarico che la Chiesa dà loro sia essere “testimoni”, attraverso la fedeltà “alla memoria, alla propria vocazione, allo zelo apostolico”, seguendo il “cammino della santità”. Cioè essere “missionari”, anche e soprattutto là dove ci sono pochi sacerdoti:
“Fedeltà significa offrirsi al vescovo per andare in un’altra diocesi che abbia bisogno di missionari. E questo non è facile”.
Uganda continuare ad essere ‘perla dell’Africa’
Le diocesi con molto clero, specifica, “si offrano” a quelle che ne hanno meno. Fedeltà vuol dire, aggiunge Francesco, anche “perseveranza nella vocazione”, avendo constatato di persona poco prima l’esempio delle suore della Casa di Carità di Nalukolongo: fedeltà ai poveri, ai malati, a coloro che sono più nel bisogno, “perché – prosegue – Cristo è lì”.
“L’Uganda è stata irrigata dal sangue dei martiri, dei testimoni. Oggi è necessario continuare a irrigarla, e per questo una nuova sfida, nuove testimonianze, nuove missioni. Altrimenti, perderete la grande ricchezza che avete e la ‘perla dell’Africa’ finirà conservata in un museo. Perché il demonio attacca così: a piccoli passi”.
Non condurre ‘doppia vita’, chiedere sempre perdono
Francesco ha ascoltato le parole di saluto di mons. John Baptist Kaggwa, vescovo incaricato della formazione dei sacerdoti e dei religiosi, e le testimonianze di un sacerdote e di una religiosa: tutti hanno fanno cenno proprio al tributo dei martiri ugandesi, all’impegno degli oltre 1.500 preti diocesani e missionari, dei circa 7.000 componenti l’Associazione dei religiosi d’Uganda, operativi in campo medico, educativo, pastorale, sociale, dei più di mille seminaristi del Paese. Il Papa, alla vigilia dell’Avvento e del Giubileo della Misericordia e nel pieno dell’Anno della vita consacrata, li invita poi a pregare perché – spiega – se un religioso, una religiosa, un sacerdote “smette di pregare o prega poco perché dice che ha molto lavoro”, ha già cominciato a perdere memoria e fedeltà.
“Preghiera significa anche umiltà, l’umiltà di andare regolarmente dal confessore a dirgli i propri peccati. Non si può ‘zoppicare’ con entrambe le gambe. I religiosi, le religiose, i sacerdoti non possono condurre una ‘doppia vita’. Se sei peccatore, se sei peccatrice, chiedi perdono. Ma non tenere nascosto quello che Dio non vuole; non tenere nascosta la mancanza di fedeltà. Non chiudete la memoria nell’armadio”.
Il testo consegnato: pace in Burundi
La riflessione del Papa viene accolta dai presenti, invitati a soffermarsi pure sul discorso consegnato in Cattedrale, in cui Francesco non dimentica tutti i popoli che “anelano” ad una vita nuova, al perdono e alla pace, pensando alle “tante situazioni che preoccupano”, a partire dalle realtà “più vicine”, come il Burundi percorso da sanguinose violenze: per il futuro del suo popolo auspica che “il Signore susciti nelle autorità e in tutta la società sentimenti e propositi di dialogo e di collaborazione, di riconciliazione e di pace”.
di Giada Aquilino per la Radio Vaticana
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