Categorie: Finis Mundi

Papa Francesco: No al feticismo del denaro e alla dittatura di un’economia senza volto

Un mondo più umano è possibile se non si resta inerti davanti a tante ingiustizie, un mondo più giusto e fraterno in cui non si sacrificano le persone sull’altare del denaro e del profitto: è quanto ha detto il Papa incontrando i rappresentanti della società civile del Paraguay nel Palazzetto dello Sport “León Condou” di Asunción.

Ad aprire l’incontro un’orchestra giovanile di strumenti riciclati, applauditissima. Poi si sono susseguite alcune testimonianze: una contadina a rappresentare i popoli indigeni e un’altra donna, dirigente degli industriali cristiani, e quattro uomini in rappresentanza dei movimenti cattolici e dei lavoratori del Paese, hanno parlato delle speranze, delle difficoltà e delle lotte in Paraguay per una società migliore. Papa Francesco apprezza le loro testimonianze forti, perché “un popolo che vive nell’inerzia dell’accettazione passiva – dice – è un popolo morto”. “Dio è sempre a favore di tutto ciò che aiuta a sollevare, a migliorare la vita dei suoi figli”, a vincere le “tante inequità” che scartano un numero sempre maggiore di persone.

Cari amici, buenas tardes

(…) Risponderò alle vostre domande. Conoscevo alcune e altre non. Cercherò di rispondere a tutte queste domande …

mi dà gioia poter stare qui con voi, rappresentanti della società civile, per condividere i sogni e gli ideali di un futuro migliore. Ringrazio Mons. Adalberto Martínez Flores, Segretario della Conferenza Episcopale del Paraguay, per le parole di benvenuto che mi ha rivolto a nome di tutti. (…)

Vedervi tutti, ciascuno proveniente da un settore, da un’organizzazione di questa amata società paraguaiana, con le sue gioie, preoccupazioni, lotte e ricerche, mi porta a compiere un rendimento di grazie a Dio. Un popolo che non mantiene vive le sue preoccupazioni, un popolo che vive nell’inerzia dell’accettazione passiva, è un popolo morto. Al contrario, vedo in voi la linfa di una vita che scorre e che vuole germinare.

Questo sempre Dio lo benedice. Dio è sempre a favore di tutto ciò che aiuta a sollevare, a migliorare la vita dei suoi figli. Ci sono cose che vanno male, sì. Ci sono situazioni ingiuste, sì. Ma vedervi e sentirvi mi aiuta a rinnovare la speranza nel Signore, che continua ad agire in mezzo al suo popolo. Venite da diverse visioni, situazioni e percorsi di ricerca, tutti insieme formate la cultura paraguaiana. Tutti siete necessari nella ricerca del bene comune. «Nelle condizioni attuali della società mondiale, dove si riscontrano tante inequità e sono sempre più numerose le persone che vengono scartate» (Enc. Laudato si’, 158), vedervi qui è un dono. 

(…)

Voglio ringraziare anche le persone che hanno formulato le domande, poiché in esse ho potuto vedere prima di tutto l’impegno per lavorare insieme e instancabilmente per il bene della Patria.

1. In riferimento alla prima domanda, mi è piaciuto sentire dalla bocca di un giovane la preoccupazione di far sì che la società sia un luogo di fraternità, di giustizia, di pace e dignità per tutti. La giovinezza è tempo di grandi ideali. (…) Quanto è importante che voi giovani comprendiate che la vera felicità passa attraverso la lotta per un Paese più fraterno! Che buona cosa che voi giovani notiate che la felicità e il piacere non sono sinonimi. (…) Ma che la felicità richiede l’impegno e la dedizione. Voi siete molto preziosi (…) e non dovete  camminare nella vita come “anestetizzati”! Il Paraguay ha un’abbondante popolazione giovane ed è una grande ricchezza. Per questo motivo, penso che la prima cosa da fare è evitare che questa forza, questa luce, si spenga nei vostri cuori, e contrastare la crescente mentalità che considera inutile e assurdo aspirare a cose che valgano la pena. Giocarsela per qualcosa, giocarsela per qualcuno. Non abbiate paura di dare tutto in campo. Non abbiate paura di dare il meglio di voi. (…) 

Questo sì, non fatelo da soli. Cercate di discutere, approfittate per ascoltare la vita, le storie, i racconti delle persone anziane, dei vostri nonni. Perdete molto tempo ad ascoltare tutte le cose buone che hanno da insegnarvi. Essi sono i custodi di quel patrimonio spirituale di fede e di valori che plasmano un popolo e rischiarano il vostro cammino. Trovate consolazione anche nella forza della preghiera, in Gesù. Nella sua presenza quotidiana e costante. Lui non delude. Gesù, attraverso la memoria del vostro popolo, è il segreto perché il vostro cuore si mantenga sempre gioioso nella ricerca della fraternità, della giustizia, della pace e della dignità per tutti.

Mi è piaciuta la poesia di Carlos Miguel Giménez, che Mons. Adalberto Martínez ha citato. Penso che riassuma bene quello che volevo dirvi: «[Sogno] un paradiso senza guerra tra fratelli, ricco di uomini sani di anima e cuore… e un Dio che benedice la sua nuova ascensione». Sì,(…) Dio è la garanzia della nostra dignità di uomini.

2. La seconda domanda si riferiva al dialogo come mezzo per costruire un progetto di nazione che includa tutti. (…) Effettivamente il dialogo non è facile. Ci sono molte difficoltà che devono essere superate e, a volte, sembra che noi ci impegniamo a rendere le cose ancora più difficili. Perché ci sia dialogo è necessaria una base fondamentale, un’identità. (…) Il dialogo presuppone, esige da noi la cultura dell’incontro. Un incontro che sappia riconoscere che la diversità non solo è buona: è necessaria. 

(…) Quindi il punto di partenza non può essere che l’altro si sta sbagliando. (…) Il bene comune si cerca a partire dalle nostre differenze, dando sempre la possibilità a nuove alternative. Vale a dire: cerca qualcosa di nuovo. (…) Non togliere “la propria fetta”, (…) ma discutere insieme, pensare a una soluzione migliore per tutti. Molte volte questa cultura dell’incontro si vede coinvolta nel conflitto. (…) È logico e prevedibile. Non dobbiamo temerlo, o ignorarlo, al contrario siamo invitati a farcene carico. Questo significa: «Accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 227). (…)

Perché «l’unità è superiore al conflitto» (ibid. 228). Un’unità che non rompe le differenze, ma che le vive in comunione attraverso la solidarietà e la comprensione. Cercando di capire le ragioni dell’altro, la sua esperienza, i suoi desideri, potremo vedere che in gran parte sono aspirazioni comuni. Questa è la base dell’incontro: siamo tutti fratelli, figli dello stesso Padre celeste, e ciascuno con la propria cultura, la propria lingua, le proprie tradizioni, ha molto da offrire alla comunità. (…) Le autentiche culture non sono chiuse in sé stesse, (…) ma sono chiamate ad incontrarsi con altre culture e creare nuove realtà. (…) Senza questo presupposto essenziale, senza questa base di fraternità sarà molto difficile giungere al dialogo. Se qualcuno considera che ci sono persone, culture, situazioni di seconda, terza o quarta categoria… qualcosa di sicuro andrà male, perché manca semplicemente il minimo, il riconoscimento della dignità dell’altro. (…) 

3. E questo mi dà lo spunto per rispondere all’inquietudine espressa nella terza domanda: accogliere il grido dei poveri per costruire una società più inclusiva. (…) Un aspetto fondamentale per promuovere i poveri è nel modo in cui li vediamo. Non serve uno sguardo ideologico, che finisce per utilizzarli al servizio di altri interessi politici o personali (cfr ibid., 199). (…) 

Per ricercare effettivamente il loro bene, la prima cosa è avere una vera preoccupazione per la loro persona, apprezzarli per la loro bontà. Ma un reale apprezzamento richiede di essere disposti a imparare da loro. I poveri hanno molto da insegnarci in umanità, in bontà, in sacrificio e solidarietà. E noi cristiani abbiamo inoltre un motivo in più per amare e servire i poveri: in loro vediamo il volto e la carne di Cristo, che si è fatto povero per arricchirci per mezzo della sua povertà (cfr 2 Cor 8,9). (…) 

Certamente, sono molto necessarie per un Paese la crescita economica e la creazione di ricchezza, e che questa arrivi a tutti i cittadini, senza che nessuno rimanga escluso. La creazione di questa ricchezza dev’essere sempre in funzione del bene comune, e non di quello di pochi. E in questo c’è da essere ben chiari. «L’adorazione dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,1-35) ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 55). Le persone la cui vocazione è di aiutare lo sviluppo economico hanno il compito di assicurare che questo abbia sempre un volto umano. (…) Nelle loro mani c’è la possibilità di offrire un lavoro a molte persone e dare così speranza a tante famiglie. Il lavoro è un diritto e dà dignità alle persone. Portare il pane a casa, offrire ai figli un tetto, la salute e l’istruzione, sono aspetti essenziali della dignità umana, e gli imprenditori, i politici, gli economisti, devono lasciarsi interpellare da essi. Vi chiedo di non cedere ad un modello economico idolatrico che abbia bisogno di sacrificare vite umane sull’altare del denaro e del profitto. Nell’economia, nell’azienda, nella politica, la prima cosa è la persona e l’ambiente in cui vive.

Giustamente il Paraguay è noto in tutto il mondo per essere stato la terra dove iniziarono le “Riduzioni”, una delle più interessanti esperienze di evangelizzazione e di organizzazione sociale della storia. In esse, il Vangelo era l’anima e la vita di comunità dove non c’era fame, né disoccupazione, né analfabetismo né oppressione. Questa esperienza storica ci insegna che una società più umana è possibile anche oggi.(…) Quando c’è amore per l’uomo, e volontà di servirlo, è possibile creare le condizioni affinché tutti abbiano accesso a beni necessari, senza che nessuno sia escluso. (…) 

Cari amici, è una grande gioia vedere la quantità e la varietà delle associazioni che sono impegnate nella costruzione di un Paraguay sempre migliore e più prospero. (…) Vi vedo come una grande sinfonia, ognuno con la sua peculiarità e la propria ricchezza, ma cercando l’armonia finale. Questo è ciò che conta. (…) 

Amate la vostra Patria, i vostri concittadini, e soprattutto amate i più poveri. Così sarete davanti al mondo una testimonianza che un altro modello di sviluppo è possibile. Sono convinto che avete la più grande forza che esiste: la vostra umanità, la vostra fede, il vostro amore. (…) 

Chiedo alla Vergine di Caacupé, nostra Madre, che abbia cura di voi, vi protegga e vi sostenga nei vostri sforzi. Che Dio vi benedica! e pregate per me.

A cura di Redazione Papaboys fonti: Radio Vaticana / Il Sismografo / tweet in tempo reale di Alessandro Ginotta

 

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