Isabella Piro – Città del Vaticano per Vaticannews.va
È l’episodio dell’emorroissa, ovvero della donna sofferente di perdite di sangue, narrato nel Vangelo di Marco (5,21-43) il filo conduttore della catechesi che precede l’Angelus, pronunciata da Papa Francesco dalla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico.
“In questo periodo, la malattia è ancora al centro delle cronache”, dice il Pontefice, ma il dolore e la morte non hanno l’ultima parola, perché “Gesù vince questo nemico”. Di qui, l’invito di Francesco a concentrarsi sulla guarigione della donna per mano di Gesù. Ritenuta impura a causa delle perdite emorragiche, infatti, “era emarginata” e “viveva sola, con il cuore ferito”:
La malattia più grande della vita qual è? Il cancro, la tubercolosi, la pandemia? No. La malattia più grande della vita è la mancanza di amore, è non riuscire ad amare. E la guarigione che più conta è la guarigione degli affetti.
In questa donna senza nome, spiega Francesco, “possiamo vederci tutti”: come lei, che aveva speso tutti i suoi averi cercando una cura per la sua patologia, anche noi cerchiamo rimedi sbagliati per “saziare la nostra mancanza d’amore”:
Pensiamo che a renderci felici siano il successo e i soldi, ma l’amore non si compra, è gratuito. Ci rifugiamo nel virtuale, ma l’amore è concreto. Non ci accettiamo così come siamo e ci nascondiamo dietro i trucchi dell’esteriorità, ma l’amore non è apparenza. Cerchiamo soluzioni da maghi, da santoni, per poi trovarci senza soldi e senza pace, come quella donna.
Il vero amore, invece, si trova in Gesù, nel “contatto diretto” con Lui, proprio come fa la donna che “si butta tra la folla per toccargli il mantello”:
Soprattutto in questo tempo, abbiamo capito quanto siano importanti il contatto, le relazioni. Lo stesso vale con Gesù: a volte ci accontentiamo di osservare qualche precetto e di ripetere preghiere, tante volte come i pappagalli…Ma il Signore attende che Lo incontriamo, che Gli apriamo il cuore, che, come la donna, tocchiamo il Suo mantello per guarire. Perché, entrando in intimità con Gesù, veniamo guariti nei nostri affetti.
Sull’emorroissa si posa, dunque, lo sguardo di Gesù che tra la gente “va in cerca di un volto e di un cuore pieno di fede”:
Gesù non guarda all’insieme, come noi, ma guarda alla persona. Non si arresta di fronte alle ferite e agli errori del passato, ma va oltre i peccati e i pregiudizi. (…) Quante volte, quando noi parliamo, cadiamo nel chiacchiericcio che è sparlare degli altri, “spellare” gli altri. Ma guarda che orizzonte di vita è questo…Non come Gesù che sempre guarda il modo di salvarci, guarda l’oggi, la buona volontà e non la storia brutta che noi abbiamo. Gesù va oltre i peccati. Gesù va oltre i pregiudizi. Non si ferma alle apparenze, arriva al cuore. E guarisce proprio lei, che era scartata da tutti. Con tenerezza, la chiama “figlia”.
L’invito del Papa, allora, è a fare proprio come Gesù, ad imitarLo, a rivolgere uno sguardo alle tante persone che ci vivono accanto, ferite e sole, e che “hanno bisogno di essere amate”, di sentire una nostra “carezza”:
Gesù ti chiede uno sguardo che non si fermi all’esteriorità, ma vada al cuore; uno sguardo non giudicante – finiamola di giudicare gli altri! – ma accogliente. Perché solo l’amore risana la vita. (…) Non giudicare, non giudicare la realtà personale, sociale, degli altri. Dio ama tutti! Non giudicare, lasciate vivere gli altri e cercate di avvicinarvi con amore.
Al termine dell’Angelus, poi, Francesco lancia un invito alla preghiera per l’odierna “Giornata della pace per l’Oriente”. “Il Signore sostenga gli sforzi di quanti si adoperano per il dialogo e la convivenza fraterna nel Medio Oriente, dove la fede cristiana è nata ed è viva, nonostante le sofferenze”. Francesco esorta anche i fedeli a pregare anche per il Papa, in prossimità della Festa dei Santi Pietro e Paolo, che si celebra il 29 giugno. Infine, il Pontefice esprime vicinanza alle vittime dell’urgano che ha colpito il sud est della Repubblica Ceca.
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