C’è terra e terra. C’è la terra-merce, da cui risucchiare brutalmente ogni linfa per ingrassare gli utili, in barba al rispetto dei suoi cicli biologici, e poi abbandonarla “perché non serve a niente”. E c’è la terra coltivata con rispetto, perché è una “madre” nei cui solchi affondano non solo semi e bulbi ma anche le radici stesse della vita umana.
Senza agricoltura non c’è umanità
È questa distinzione che Francesco opera nel riproporre la visione cristiana del lavoro agricolo, al cospetto della Confederazione dei coltivatori diretti, che da 70 anni si lascia ispirare dall’etica cristiana promuovendo “un’agricoltura sociale dal volto umano, fatta di relazioni solide e vitali tra l’uomo e la terra”, come riconosce il Papa, che tratta l’argomento terra con parole di grande sensibilità. “Non c’è umanità senza coltivazione della terra – osserva – non c’è vita buona senza il cibo che essa produce per gli uomini e le donne di ogni continente”. Per cui, afferma, l’agricoltura merita di “essere valorizzata” da “concrete scelte politiche ed economiche”:
“Si tratta di eliminare quegli ostacoli che penalizzano un’attività così preziosa e che spesso la fanno apparire poco appetibile alle nuove generazioni (…) Nello stesso tempo occorre prestare la dovuta attenzione alla fin già troppo diffusa sottrazione di terra all’agricoltura per destinarla ad altre attività, magari apparentemente più redditizie. Anche qui domina il dio denaro, no? E’ come si dice di quelle persone che non hanno sentimenti, che vendono la famiglia, vendono la madre, ma qui è la tentazione di vendere la madre terra!”.
Il pane è sacro, la terra di tutti
Il lavoro agricolo, nota il Papa, si collega con “due aree critiche”: povertà e fame. E qui entrano in rotta di collisione la visione cristiana, che parla di “destinazione universale dei beni della terra”, e il sistema economico “dominante” che, stigmatizza Francesco, “esclude molti dalla loro giusta fruizione”:
“L’assolutizzazione delle regole del mercato, una cultura dello scarto e dello spreco che nel caso del cibo ha proporzioni inaccettabili, insieme con altri fattori, determinano miseria e sofferenza per tante famiglie. Va quindi ripensato a fondo il sistema di produzione e distribuzione del cibo. Come ci hanno insegnato i nostri nonni, con il pane non si scherza! Ma, io ricordo, da bambino, quando cadeva il pane, ci insegnavano a prenderlo e baciarlo e riportarlo sul tavolo. Il pane partecipa in qualche modo della sacralità della vita umana, e perciò non può essere trattato soltanto come una merce”.
La terra va custodita non svenduta
La terra, dice e ribadisce più volte Papa Francesco, deve essere custodita, con quella “passione” e quella “dedizione” che da tempo immemore le riservano i contadini. E oggi, in epoca di mutamenti e di eventi climatici sempre più estremi, questo tipo di attenzione è imprescindibile:
“Come continuare a produrre buon cibo per la vita di tutti quando la stabilità climatica è a rischio, quando l’aria, l’acqua e il suolo stesso perdono la loro purezza a causa dell’inquinamento? Davvero ci accorgiamo dell’importanza di una puntuale azione di custodia del creato; davvero è urgente che le Nazioni riescano a collaborare per questo scopo fondamentale”.
Agricoltura a basso impatto ambientale
Queste considerazioni portano Francesco a individuare una sfida: quella di realizzare, dice, “un’agricoltura a basso impatto ambientale”, per cui coltivare e custodire la terra siano attività capaci di andare di pari passo, permettendo alle prossime generazioni di continuare ad abitare il pianeta e a godere dei suoi frutti:
“Vorrei rivolgere un invito e una proposta. L’invito è quello di ritrovare l’amore per la terra come “madre” – direbbe san Francesco – dalla quale siamo tratti e a cui siamo chiamati a tornare costantemente. E da qui viene anche la proposta: custodire la terra, facendo alleanza con essa, affinché possa continuare ad essere, come Dio la vuole, fonte di vita per l’intera famiglia umana”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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