Nell’Angelus della prima domenica di Avvento, Papa Francesco spiega come vivere questo tempo liturgico che ci prepara al Natale, e cioè all’accoglienza di Gesù, ma che risveglia in noi anche l’attesa del ritorno glorioso di Cristo e invita ciascuno di noi a prepararci all’ “incontro finale con Lui con scelte coerenti e coraggiose”:
In queste quattro settimane siamo chiamati a uscire da un modo di vivere rassegnato e abitudinario, alimentando speranze e sogni per un futuro nuovo. Il Vangelo di questa domenica va proprio in tale direzione e ci mette in guardia dal lasciarci opprimere da uno stile di vita egocentrico e dai ritmi convulsi delle giornate.
Gesù, nel brano odierno del Vangelo ci dice: “State attenti” e ancora “Vegliate in ogni momento pregando”.
Stare svegli e pregare: ecco come vivere questo tempo da oggi fino a Natale. Il sonno interiore nasce dal girare sempre attorno a noi stessi e dal restare bloccati nel chiuso della propria vita coi suoi problemi, le sue gioie e i suoi dolori.
Vigilare, afferma il Papa, significa guardare oltre se stessi, per aprirci ai fratelli e “al desiderio di un mondo nuovo”.
È il desiderio di tanti popoli martoriati dalla fame, dall’ingiustizia e dalla guerra; è il desiderio dei poveri, dei deboli, degli abbandonati. Questo tempo è opportuno per aprire il nostro cuore, per farci domande concrete su come e per chi spendiamo la nostra vita.
C’è poi la preghiera che è rivolgere i pensieri e il cuore a Gesù che sta per venire.
Pregare, attendere Gesù, aprirsi agli altri, essere svelti, non chiusi in noi stessi. Ma se noi pensiamo al Natale in un’area di consumismo, di vedere cosa posso comprare per fare quello e l’altro, di fare festa mondana, Gesù passerà e non lo troveremo. Noi attendiamo Gesù e lo vogliamo attendere nella preghiera, che è strettamente legata alla vigilanza.
Nella prima lettura di questa domenica il profeta Geremia invita il popolo, provato dall’esilio e che rischia di perdere la sua identità, alla speranza. E il Papa osserva che anche noi “rischiamo di mondanizzarci e di perdere la nostra identità, anzi, di ‘paganizzare’ lo stile cristiano”. Come allora il popolo d’Israele, abbiamo bisogno di credere che Dio realizzerà per noi le sue promesse.
Poi il riferimento di Francesco a Maria, la madre di Gesù, che ci accompagna in modo particolare in tempo di Avvento:
La Vergine Maria, che ci porta Gesù, donna dell’attesa e della preghiera, ci aiuti a rafforzare la nostra speranza nelle promesse del suo Figlio Gesù, per farci sperimentare che, attraverso il travaglio della storia, Dio resta sempre fedele e si serve anche degli errori umani per manifestare la sua misericordia.
Al termine della preghiera dell’Angelus, Papa Francesco ha ricordato la drammatica situazione che vive ancora, dopo otto anni, la Siria, devastata dalla guerra. Ha chiesto di pregare per quel popolo e perchè i cristiani possano rimanere in quelle terre. Aderendo all’iniziativa dell’associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre, Francesco ha poi acceso un grosso cero, simbolo della speranza che presto in Siria possa ritornare la pace. Un gesto che, ha detto il Papa, tanti bambini “faranno lo stesso, bambini siriani e tanti fedeli nel mondo contemporaneamente”.
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Adriana Masotti – Città del Vaticano
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