Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Nella Liturgia di oggi, il Vangelo racconta di uno scriba che si avvicina a Gesù e gli domanda: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?» (Mc 12,28). Gesù risponde citando la Scrittura e afferma che il primo comandamento è amare Dio; da questo poi, per naturale conseguenza, deriva il secondo: amare il prossimo come sé stessi (cfr vv. 29-31). Udita questa risposta, lo scriba non soltanto la riconosce giusta, ma nel farlo ripete quasi le stesse parole dette da Gesù: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici» (vv. 32-33).Perché, nel dare il suo assenso, quello scriba sente il bisogno di ridire le stesse parole di Gesù? Questa ripetizione pare tanto più sorprendente se pensiamo che siamo nel Vangelo di Marco, il quale ha uno stile molto conciso. Che senso ha allora questa ripetizione? È un insegnamento per noi che ascoltiamo. Perché la Parola del Signore non può essere ricevuta come una qualsiasi notizia di cronaca: va ripetuta, fatta propria, custodita.
La tradizione monastica usa un termine audace ma molto concreto: la Parola di Dio va “ruminata”. Possiamo dire che è così nutriente che deve raggiungere ogni ambito della vita: coinvolgere, come dice Gesù oggi, tutto il cuore, tutta l’anima, tutta la mente, tutta la forza (cfr v. 30). Deve risuonare, echeggiare e riecheggiare dentro di noi. Quando c’è quest’eco interiore, significa che il Signore abita il cuore. E dice a noi, come a quel bravo scriba del Vangelo: «Non sei lontano dal regno di Dio» (v. 34).
Cari fratelli e sorelle,
il Signore non cerca tanto degli abili commentatori delle Scritture, ma cuori docili che, accogliendo la sua Parola, si lasciano cambiare dentro. Ecco perché è così importante familiarizzare con il Vangelo, averlo sempre a portata di mano.
Quando lo facciamo, Gesù, Parola del Padre, ci entra nel cuore, diventa intimo a noi e noi portiamo frutto in Lui. Prendiamo ad esempio il Vangelo di oggi: non basta leggerlo e capire che bisogna amare Dio e il prossimo. È necessario che questo comandamento, il “grande comandamento”, risuoni in noi, venga assimilato, diventi voce della nostra coscienza. Allora non rimane lettera morta, perché lo Spirito Santo fa germogliare in noi il seme di quella Parola. E la Parola di Dio opera, è viva ed efficace (cfr Eb 4,12). Così ognuno di noi può diventare una “traduzione” vivente, diversa ma originale, dell’unica Parola di amore che Dio ci dona.
Oggi, dunque, prendiamo esempio dallo scriba. Ripetiamo le parole di Gesù, facciamole risuonare in noi: “Amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente e con tutta la forza e il prossimo come me stesso”.
E chiediamoci: questo comandamento, orienta davvero la mia vita? Trova riscontro nelle mie giornate? Ci farà bene stasera, prima di addormentarci, fare l’esame di coscienza su questa Parola, vedere se oggi abbiamo amato il Signore e abbiamo donato un po’ di bene a chi ci è capitato di incontrare.
La Vergine Maria, nella quale la Parola di Dio si è fatta carne, ci insegni ad accogliere nel cuore le parole vive del Vangelo.
Al terrmine della preghiera mariana, Francesco rivolge il suo pensiero e la sua preghiera al Vietnam per le gravi inondazioni e alla Sicilia colpita dal mal tempo. L’appello poi alla comunità internazionale per non dimenticare Haiti, terra segnata dal dolore.
L’invito alla preghiera è anche per l’imminente incontro Cop26 a Glasgow, e infine il pensiero ai martiri beatificati in Spagna, uccisi in odio alla fede durante la guerra civile.
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