Piazza San Pietro, in un caldissimo pomeriggio di fine luglio, è rinfrescata da 70 mila foulard di tutti i colori, dei giovani ministranti venuti a Roma da 19 paesi, soprattutto d’Europa, ma anche Usa e perfino Antigua e Barbuda, per il loro XII Pellegrinaggio internazionale, sotto il motto: “Cerca la pace e perseguila!”, tratto dal Salmo 34, versetto 15.
Culmine del loro incontro, dal 30 luglio al 3 agosto, l’abbraccio con Papa Francesco, che alle 18 di un afoso pomeriggio romano percorre in papamobile tutta via Conciliazione per salutare ragazzi partiti soprattutto dalla Germania, sono 50 mila, ma anche da Belgio, Francia, Gran Bretagna, Croazia, Lussemburgo, Austria, Portogallo, Romania, Russia, Svizzera, Serbia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Ucraina, Ungheria.
Il presidente della Cim (Coetus Internationalis Ministrantium), che organizza il pellegrinaggio, monsignor Ladislav Nemet, saluta il Pontefice ricordando che “oggi, viviamo in pace quasi ovunque in Europa. Molto spesso accettiamo questo stato di pace come un fatto del tutto normale, quasi ovvio“. E sarebbe bello, aggiunge, „se una vita in pace in tutte le parti del mondo fosse così naturale!“.
La prego di incoraggiarci, conclude il presidente della Cim, ”affinché possiamo dare più spazio al nostro desiderio di pace che alle nostre paure. Vogliamo portare a casa l’esperienza di un cuore aperto: alle nostre famiglie, alla nostra scuola, ai nostri amici e ai nostri parenti, ambiti che non sono sempre facili”. Crediamo fermamente che il nostro desiderio di pace, raggiungerà anche la società. Perché “vogliamo rendere il nostro mondo un luogo dove possiamo vivere pacificamente e bene insieme. Perché in un mondo così anche a Dio piace essere a casa”.
Quindi il vescovo presenta i doni di tre ministranti di Ucraina, Usa e Germania: un braccialetto da pellegrino con piccoli spilli che simboleggiano la comunità colorata dei chierichetti, di diversi Paesi, intorno all’altare. Il secondo è un foulard da pellegrino, bianco, fatto appositamente per il Papa, con la promessa di pregare per Francesco “affinché possa sempre trovare la strada giusta e le parole giuste per un futuro di pace in questo mondo“.
Delle cinque domande che seguono, è l’ultima che stimola la riflessione più intensa del Pontefice. La pone in ungherese un ragazzo serbo: “Vogliamo servire il Signore e il prossimo. Ma fare il bene non è sempre facile, non siamo ancora santi. Come possiamo tradurre il nostro servizio, nella vita quotidiana, in opere concrete di carità e in un cammino verso la santità?”
Ci vuole fatica per fare sempre il bene e diventare santi, risponde Papa Bergoglio, “ma la strada della santità non è per i pigri”. Per camminare verso la santitrà Gesù ci ha dato un programma semplice: il comandamento dell’amore di Dio e del prossimo.
Per concretizzare il comandamento dell’amore, Gesù ci ha indicato le opere di misericordia. Sono una via impegnativa ma alla portata di tutti. Basta che ciascuno di noi cominci a chiedersi: “Che cosa posso fare io, oggi, per venire incontro ai bisogni del mio prossimo?”. E questo prossimo, una al giorno, non importa se sia amico o sconosciuto, connazionale o straniero. Credetemi, così facendo potete diventare davvero santi, uomini e donne che trasformano il mondo vivendo l’amore di Cristo.
Un altro giovane sul palco chiede al Papa come portare la pace che ci doniamo durante la messa anche al di fuori delle nostre chiese. E Francesco risponde che “La ricerca della pace comincia dalle piccole cose. Per esempio, a casa, dopo un litigio tra fratelli, mi chiudo in me stesso, facendo l’offeso, o provo a fare un passo verso l’altro? So fare la pace nei piccoli gesti?”
Sono pronto a domandarmi in ogni situazione: “Che cosa farebbe Gesù al mio posto?”. Se facciamo questo, e cerchiamo di metterlo in pratica con decisione, porteremo la pace di Cristo nella vita di ogni giorno e saremo costruttori e strumenti di pace.
Alla ragazza portoghese che gli chiede come vivere insieme la contemplazione spirituale e il servizio pratico, il Papa spiega che bisogna mettersi “umilmente davanti a Dio, così come si è, senza truccarci, senza travestirci, con i pregi e i limiti, chiedendo a Lui come meglio poter servire Lui e il nostro prossimo”.
C’è chi poi gli chiede come far tornare a Cristo e alla Chiesa i molti giovani che non partecipano più alla messa. Francesco ricorda che come giovani oggi potete essere apostoli che sanno attirare gli altri a Gesù.
Non c’è bisogno di tante parole, sono più importanti i fatti, la vicinanza, il servizio. I giovani – come tutti, del resto – hanno bisogno di amici che danno un buon esempio, che fanno senza pretendere, senza aspettarsi qualcosa in cambio. E in questo modo voi fate sentire anche com’è bella la comunità dei credenti perché il Signore abita in mezzo a loro, com’è bello far parte della famiglia della Chiesa.
Infine una giovane tedesca gli chiede: perché la fede è tanto importante per Lei, mentre molta gente dice dio non aver bisogno di Dio? “La fede è essenziale, mi fa vivere – risponde il Papa – direi che la fede è come l’aria che respiriamo”. Dio vuole entrare in relazione vitale con noi, e noi siamo chiamati a fare altrettanto.
Non possiamo credere in Dio e pensare di essere figli unici! L’unico figlio unico che ha Dio è Gesù, ma solo perché è Dio. Ma tra gli uomini non ci sono figli unici di Dio. Tutti siamo figli di Dio. Siamo chiamati a formare la famiglia di Dio, cioè la Chiesa, la comunità di fratelli e sorelle in Cristo.
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Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
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