Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano per Vaticannews.va
“È una Cappella Sistina dipinta da voi!”. Il Papa alza la testa, poi la gira a destra e sinistra, per osservare con ammirazione e una punta anche di divertimento il murale di 3,5 km totalmente realizzato dai giovani di Scholas Occurrentes, al quale lui stesso dà la pennellata finale. È la firma del Vescovo di Roma a un nuovo mondo sognato dai giovani che lui stesso invita a “sporcarsi le mani, per non sporcarsi la vita”.
Francesco è a Cascais, litorale a pochi chilometri a ovest di Lisbona, per dedicare un intero appuntamento di circa un’ora ai ragazzi e ragazze dell’organismo diffuso in 190 Paesi, nell’ambito della sua seconda giornata in Portogallo per la Gmg. Arrivato in utilitaria nera, il Papa viene accolto da canti a cappella e urla di “Bienvenido Francisco!” in questa ex scuola trasformata in casa, consegnata anche grazie ad un accordo col governo del Portogallo e divenuta quartier generale del progetto
“Vita tra i mondi”. Iniziativa che ha coinvolto anziani e giovani, ricchi e poveri, credenti e non credenti, diverse nazionalità, tutti impegnati a realizzare la maestosa opera d’arte. Uno dei murales più grandi del mondo, commenta il direttore José Maria del Corral, che consegna al Pontefice un particolare pennello, incastrato in una scultura di ceramica bianca, usato nei popoli dell’Africa. Il Papa sorride, poi si alza dalla poltrona bianca con lo stemma papale e, tra gli sguardi dei giovani, si reca al muro alle sue spalle per disegnare tre cerchi verdi in un punto già segnato da diversi colori.È l’atto finale di un incontro caratterizzato, come tutti quelli di Scholas – l’ultimo a maggio all’Augustinianum di Roma – da una serie di domande e testimonianze dei giovani. Questa volta non solo i giovani di varie parti del mondo, ma di diverse religioni che pongono alcune domande al Papa o condividono le loro impressioni su questo progetto che unisce arte, cultura e, in qualche modo, la fede. C’è Paulo, evangelista, che si dice soddisfatto perché “persone che si esprimono l’una con l’altra in diverse religioni, diverse culture, non importa, non importa, tutti sono i benvenuti a Scholas”. Poi Mariana, cattolica, che parla del murale come qualcosa che è “molto più di un dipinto o di uno stare insieme”, bensì di un insieme “di storie, di vita e di molta condivisione, una condivisione che non era una condivisione superficiale o una condivisione di like su Instagram”. “Penso che al giorno d’oggi ci sia poca speranza nelle persone e dobbiamo capire veramente che nelle persone c’è anche quella speranza e quella voglia di vivere, anche se a volte è nascosta dietro un piccolo sorriso”, dice. Infine Aladje, musulmano, che rivela di essersi “innamorato” da questo movimento che “non vede la razza, non vede la religione, non vede la nostra cultura in sé, ma valorizza l’interculturalità che esiste e finisce per aiutare persone di diversa provenienza”. “Scholas è uno spazio multiculturale in questo senso e noi entriamo nella scuola senza lasciare da parte la nostra religione”, afferma il ragazzo.
Il Papa ascolta e poi risponde a braccio, in spagnolo. Si sofferma soprattutto sul concetto di “crisi”. Quelle che hanno una accezione negativa ma dalle quali possono nascere anche frutti di bene. “Nelle crisi bisogna camminare, raramente da soli e questo è anche importante. Per affrontare la crisi insieme e andare avanti, crescendo”, afferma, “una vita senza crisi è come l’acqua distillata. È asettica, senza sapore, non si può bere, non serve a niente se non ad essere conservata”. La crisi, invece, secondo Jorge Mario Bergoglio, “va fatta propria, va accettata, affrontata e risolta”. Anche perché da essa, cioè da questo “kaos” che “ognuno di noi” sperimenta nella vita può nascere un “kosmos”.
“C’era qualcuno che diceva che il cammino dell’uomo, la vita umana, è fare del kaos un kosmos”, dice Francesco in riferimento a Carl Gustav Jung. “Di quello che non ha senso, che è disordinato, creare un cosmo. Con un senso aperto invitante, includente”. “Qui non voglio diventare un catechista”, scherza il Papa, ma la stessa narrazione della creazione, con un “linguaggio poetico” mostra questo: dal nulla, nasce qualcosa: “Dio un giorno fa la luce e va trasformando delle cose”. “Nelle nostre vite succede la stessa cosa: ci sono momenti critici, molto caotici, dove non si sa come stare in piedi. Tutti passiamo questi momenti…”, afferma il Papa. Ed è qui che subentra “il lavoro personale” e il lavoro “di un gruppo”. “Il cosmo lo state creando voi. Non dimenticate mai questo”, dice ai giovani di Scholas.
Conclude l’incontro donando loro una icona che ritrae la parabola del Buon Samaritano, a lui tanto cara. “Nessuno è certo di essere buon samaritano, ma lo dobbiamo essere per tutti”, sottolinea Papa Francesco. Ricorda la vicenda di quest’uomo a terra, ferito, ignorato dai passanti anche perché sanguinante e “secondo la legge del tempo chi toccava sangue rimaneva impuro”. “Quante volte si preferisce la purezza rituale, alla vicinanza umana”, osserva il Papa. “Poi viene un samaritano, mentalità dell’epoca un po’ spavaldo, negoziante… non puro… e questo si ferma e lo vede e sentì compassione”. “Vi lascio una domanda: che cosa ti fa sentire compassione? O hai un cuore così asciutto che non riesci a sentire compassione? Che succede?”, chiede il Pontefice ai giovani. “A volte nella vita bisogna sporcarsi le mani per non sporcarsi il cuore”.
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