A cento anni dalla fondazione, Papa Francesco ha ricevuto in Aula Paolo VI i membri della Confederazione delle Cooperative Italiane esortandoli ad offrire percorsi di formazione permanente per chi vive ai margini della società, valorizzando le donne in ambito cooperativo “Opporre la relazione all’individualismo, la squadra all’interesse, il benessere di tutti agli interessi di pochi”; lavorare per diventare “imprenditori di carità”; cercare modi alternativi “per abitare una società che non sia governata dal dio denaro, un idolo che la illude e poi la lascia sempre più disumana e ingiusta”.
Sono pieni di significato i concetti che Papa Francesco evidenzia nell’udienza alla Confederazione delle Cooperative Italiane, fondata il 14 maggio 1919, che rappresenta circa 19mila imprese, offrendo lavoro a 528mila persone e nata sulla spinta dell’Enciclica sociale Rerum novarum di Papa Leone XIII del 1891. Imprenditori di carità Francesco nel suo discorso mette in luce l’importanza del centenario, “un traguardo che non può passare sotto silenzio”, e ricorda l’intuizione di Papa Pecci “fiorita sulla convinzione che il Vangelo non è relegabile solo a una parte dell’uomo o della società, ma parla a tutto l’uomo, per renderlo sempre più umano”.
Il Pontefice evidenzia così il contributo della Confederazione delle Cooperative Italiane, sottolineando che la Chiesa quando dice la verità ad alta voce ha “necessità di uomini e donne che trasformino in beni concreti ciò che i pastori predicano e i teologi insegnano”. È un forte segno di speranza quando la dottrina sociale della Chiesa non rimane una parola morta o un discorso astratto, ma diventa vita grazie a uomini e donne di buona volontà, che le danno carne e concretezza, trasformandola in gesti personali e sociali, concreti, visibili e utili. In questo senso, oggi, dire “grazie” a voi per i vostri cent’anni d’impegno è anche indicare un esempio per gli uomini del nostro tempo, che hanno bisogno di scoprirsi non solo “prenditori” di bene, ma “imprenditori” di carità. Il giusto modello di cooperativa Il Papa così indica il modello di cooperativa sociale che ha come scopo “l’equilibrata e proporzionata soddisfazione dei bisogni sociali” coniugando la logica dell’impresa con quella della solidarietà verso i soci e verso l’esterno, esplicando così “la sua funzione profetica e di testimonianza sociale alla luce del Vangelo”. Il vostro modello cooperativo, proprio perché ispirato alla dottrina sociale della Chiesa, corregge certe tendenze proprie del collettivismo e dello statalismo, che a volte sono letali nei confronti dell’iniziativa dei privati; e allo stesso tempo, frena le tentazioni dell’individualismo e dell’egoismo proprie del liberalismo.
La relazione, chiave per cambiare il mondo Interpretare la cooperativa in questo mondo vuol dire – sottolinea il Papa – andare “controcorrente rispetto la mentalità del mondo”, ostinarsi a restare umani, scoprire che la vera ricchezza “sono le relazioni e non i meri beni materiali”, trovando così “modi alternativi per vivere e abitare in una società che non sia governata dal dio denaro, un idolo che la illude e poi la lascia sempre più disumana e ingiusta”. Ma il vantaggio più importante ed evidente della cooperazione è vincere la solitudine che trasforma la vita in un inferno. Quando l’uomo si sente solo, sperimenta l’inferno. Quando, invece, avverte di non essere abbandonato, allora gli è possibile affrontare ogni tipo di difficoltà e fatica. Il nostro mondo – lo spaiiamo – è malato di solitudine. Camminando e lavorando insieme si sperimenta il grande miracolo della speranza: tutto ci sembra di nuovo possibile. In questo senso la cooperazione è un modo per rendere concreta la speranza nella vita delle persone. Non restare indifferenti a chi si toglie la vita per disperazione “La cooperazione – dice il Pontefice – è un altro modo di declinare la prossimità che Gesù ha insegnato nel Vangelo”, non si può restare indifferenti davanti al dramma di chi si toglie la vita perché solo, bisogna mettere in gioco noi stessi per fare la differenza “con impegno, amore, competenza, vicinanza e tenerezza”. E’ solidarietà impegnarsi per dare lavoro equamente retribuito a tutti; permettere a contadini resi più fragili dal mercato di far parte di una comunità che li rafforza e li sostiene; a un pescatore solitario di entrare in un gruppo di colleghi; ad un facchino di essere dentro una squadra, e così via. In questo modo, cooperare diventa uno stile di vita. Ecco: cooperare è uno stile di vita. “Io vivo, ma da solo, faccio il mio, e vado avanti…”: è un modo di vita, uno stile di vita. L’altro no: “Io vivo con gli altri, in cooperazione. È un altro stile di vita, e noi scegliamo questo. Sconfiggere con la creatività l’ingiustizia sociale Focalizzando l’attenzione sulla fantasia e il coraggio degli amici del paralitico, episodio riportato dal Vangelo di Marco, Francesco mette in luce la loro “strategia vincente” per aiutare l’amico malato a incontrare Gesù che gli cambierà la vita. Calandolo dal tetto, aprono una via per l’incontro e così “il miracolo della cooperazione – spiega il Papa – è una strategia di squadra che apre un varco nel muro della folla indifferente che esclude chi è più debole”. In questo senso possiamo dire che la cooperazione è un modo per “scoperchiare il tetto” di un’economia che rischia di produrre beni ma a costo dell’ingiustizia sociale. È sconfiggere l’inerzia dell’indifferenza e dell’individualismo facendo qualcosa di alternativo e non soltanto lamentandosi. Chi fonda una cooperativa crede in un modo diverso di produrre, un modo diverso di lavorare, un modo diverso di stare nella società. Chi fonda una cooperativa ha un po’ della creatività e del coraggio di questi quattro amici del paralitico Le periferie esistenziali e le donne per costruire un nuovo futuro “Non si può essere felici da soli”: rimarca il Papa che apprezza il lavoro delle cooperative nelle periferie esistenziali dove si annidano le vulnerabilità, sulle orme di Gesù che fece proprio della periferia il centro della sua missione. Da qui l’invito a percorrere nuove strade per chi è ai margini, facendogli acquisire “abilità professionali e offrire percorsi di formazione permanente”. Nel cuore di Francesco ci sono soprattutto le donne che “portano il peso della povertà materiale, dell’esclusione sociale e dell’emarginazione culturale”. Il tema della donna dovrebbe tornare a essere tra le priorità dei progetti futuri in ambito cooperativo. Non è un discorso ideologico. Si tratta invece di assumere il pensiero della donna come punto di vista privilegiato per imparare a rendere la cooperazione non solo strategica ma anche umana. La donna vede meglio che cos’è l’amore per il volto di ognuno. La donna sa meglio concretizzare ciò che noi uomini a volte trattiamo come “massimi sistemi”. Testimoni di rinascita Prima della riflessione del Papa, il presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, ha parlato dell’esperienza dei soci, “servitori del bene comune”. Ha presentato il progetto: “Non ti scordar di me” realizzato in 27 parrocchie della periferia romana, nato sulla scia delle raccomandazioni di Francesco indicate alcuni anni nell’ultimo incontro. Un’iniziativa che ha dato vita a 870 giornate di attività e realizzato oltre 5mila visite a bambini e anziani. Gardini ha poi ricordato alcune esperienze come la cooperativa: “Un fiore per la vita” nata sui terreni confiscati dalla camorra, nella Terra dei fuochi, o di una cooperativa capace di reinventarsi grazie ai suoi lavoratori che erano stati tutti licenziati e poi riassunti. Infine è stata illustrata l’esperienza di “Civico 81” di Cremona che ha preso vita nell’ex seminario dei padri saveriani, oggi diventato luogo di lavoro per 150 cooperatori sociali e che si avvale di consulenti, medici, liberi professionisti. Al centro dell’intervento ci sono le fragilità di cui si occupa tra le altre cose un poliambulatorio, un centro prelievi accanto ad un bistrot e un mercatino di verdura e frutta biologica. di Benedetta Capelli – Città del Vaticano per Vaticannews.va
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