Nella Messa a Santa Marta, Francesco pensa a quanti sono morti a causa del Covid-19, morti spesso da soli, senza la carezza dei loro cari e senza il funerale.
Papa Francesco presiede la Messa a Casa Santa Marta nel martedì della quarta settimana di Pasqua. Nell’introduzione, Francesco ha rivolto il suo pensiero a quanti sono morti a causa del nuovo coronavirus:
Preghiamo oggi per i defunti che sono morti per la pandemia. Sono morti da soli, sono morti senza la carezza dei loro cari, tanti di loro, neppure con il funerale. Il Signore li riceva nella gloria.
Nell’omelia il Papa ha commentato il Vangelo odierno (Gv 10, 22-30) in cui i giudei chiedono a Gesù di dire apertamente se sia lui il Cristo. Ma il Signore risponde: “Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore”. Questo – ha detto il Papa – ci suscita un dubbio: ma io credo? E si chiede: cosa mi ferma davanti alla porta che è Gesù? “Ci sono degli atteggiamenti previ alla confessione di Gesù. Anche per noi, che siamo nel gregge di Gesù. Sono come ‘antipatie previe’, che non ci lasciano andare avanti nella conoscenza del Signore”.
Il primo ostacolo è la ricchezza: “Anche tanti di noi, che siamo entrati dalla porta del Signore, poi ci fermiamo e non andiamo avanti perché siamo imprigionati nelle ricchezze. Il Signore è stato duro, con le ricchezze” perché “sono un impedimento per andare avanti. Ma dobbiamo cadere nel pauperismo? No. Ma non essere schiavi delle ricchezze, non vivere per le ricchezze, perché le ricchezze sono un signore, sono il signore di questo mondo e non possiamo servire due signori. E le ricchezze ci fermano”.
“Un’altra cosa che impedisce di andare avanti nella conoscenza di Gesù, nell’appartenenza di Gesù – ha detto – è la rigidità: la rigidità di cuore. Anche la rigidità nell’interpretazione della Legge. Gesù rimprovera i farisei, i dottori della Legge per questa rigidità. Che non è fedeltà: la fedeltà è sempre un dono a Dio; la rigidità è una sicurezza per me stesso”. Francesco racconta un aneddoto: una signora che aveva partecipato a un matrimonio di sabato pomeriggio gli chiese se valeva come Messa domenicale, ma le letture erano diverse e temeva di essere caduta in peccato mortale, perché forse era andata a “una Messa che non era vera, perché le Letture non erano vere”. “Quella signora apparteneva a un movimento ecclesiale … Rigidità. Questo ci allontana dalla saggezza di Gesù, dalla saggezza di Gesù; ti toglie la libertà. E tanti pastori fanno crescere questa rigidità nelle anime dei fedeli, e questa rigidità non ci fa entrare dalla porta di Gesù”.
Il Papa descrive un altro impedimento: l’accidia. Quella stanchezza che “ci toglie la volontà di andare avanti” e “ti porta al tepore e ti fa tiepido. L’accidia … è un’altra cosa che ci impedisce di andar avanti”.
Un altro atteggiamento brutto è il clericalismo, perché “si mette al posto di Gesù”. Dice: “Questo è così, così, così, e se non fai così, così, così tu non puoi entrare”. Un clericalismo che toglie la libertà della fede dei credenti. È una malattia, questa; brutta, nella Chiesa: l’atteggiamento clericalista”.
Un’altra cosa che ci impedisce di andare avanti nella conoscenza di Gesù “è lo spirito mondano. Quando l’osservanza della fede, la pratica della fede finisce in mondanità. E tutto è mondano. Pensiamo alla celebrazione di alcuni sacramenti in alcune parrocchie: quanta mondanità c’è lì! E non si capisce bene la grazia della presenza di Gesù”.
In tutti questi atteggiamenti – afferma il Papa – “manca la libertà. E non si può seguire Gesù senza libertà”. Certo, a volte “la libertà va oltre e uno scivola” – osserva il Papa – “ma peggio è scivolare prima” di iniziare a camminare verso Gesù.
Al termine dell’omelia il Papa prega il Signore di illuminarci “per vedere dentro di noi se c’è la libertà” di andare verso Gesù e “diventare pecore del suo gregge”.
Gesù mio, credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Ti amo sopra ogni cosa e ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io ti abbraccio e tutto mi unisco a Te. Non permettere che mi abbia mai a separare da Te.
Il Papa ha terminato la celebrazione con l’adorazione e la benedizione eucaristica. Prima di lasciare la Cappella dedicata allo Spirito Santo, è stata intonata l’antifona mariana “Regina caeli”, cantata nel tempo pasquale:
Regína caeli laetáre, allelúia.
Quia quem merúisti portáre, allelúia.
Resurréxit, sicut dixit, allelúia.
Ora pro nobis Deum, allelúia.
(Regina dei cieli, rallegrati, alleluia.
Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia,
è risorto, come aveva promesso, alleluia.
Prega il Signore per noi, alleluia).
Fonte Vatican News
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