Nella catechesi il Santo Padre approfondisce il tema della preghiera…
L’UDIENZA – “Abbiamo bisogno dello spirito di Elia”, uomo di vita contemplativa e allo stesso tempo attiva, “capace di scagliarsi contro il re e la regina, dopo che questi avevano fatto uccidere Nabot per impossessarsi della sua vigna”. Stamani all’udienza generale in Aula Paolo VI, il Papa riprende le catechesi sulla preghiera ispirandosi all’esperienza di questo profeta:
Quanto bisogno abbiamo noi di credenti, di cristiani zelanti, che agiscano davanti a persone che hanno responsabilità dirigenziale con il coraggio di Elia, per dire: “Questo non va fatto! Questo è un assassinio!”.
I cristiani sono, quindi, chiamati a non vivere “una dicotomia”. Bisogna stare davanti al Signore, sostiene, e anche andare incontro ai fratelli a cui ci invia:
La preghiera non è un rinchiudersi con il Signore per truccarsi l’anima: no, questo non è preghiera. Questa è finta di preghiera. La preghiera è un confronto con Dio e un lasciarsi inviare a servire i fratelli. Il banco di prova della preghiera è l’amore concreto per il prossimo. E viceversa: i credenti agiscono nel mondo dopo aver prima taciuto e pregato; altrimenti la loro azione è impulsiva, è priva di discernimento, è un correre affannoso senza meta. E quando i credenti fanno così, fanno tante ingiustizie perché non sono andati prima dal Signore a pregare, a discernere cosa devono fare.
Con questa catechesi, Papa Francesco riprende dunque le riflessioni sulla preghiera interrotto a fine giugno per la pausa estiva e poi per il ciclo dedicato a come guarire il mondo dalla pandemia, iniziato il 5 agosto scorso. La Scrittura – spiega il Papa – presenta Elia come “un uomo dalla fede cristallina”, un uomo integerrimo, “incapace di compromessi meschini”, che nonostante le prove rimane fedele a Dio. “Nel suo stesso nome che potrebbe significare ‘Jahvè è Dio’ è racchiuso il segreto della sua missione”, nota ancora Francesco, ricordando come il suo simbolo sia il fuoco e come Elia sia l’esempio di tutte le persone di fede che conoscono tentazioni e sofferenze, “ma non vengono meno all’ideale per cui son nate”.
La fede di Elia, prosegue il Papa, sembra conoscere un progresso fino a raggiungere il suo culmine nell’esperienza sul monte Oreb quando Dio si manifesta a lui non come una tempesta impetuosa o un terremoto, ma “nel mormorio di un vento leggere”. “O meglio – aggiunge a braccio – una traduzione che riflette bene quell’esperienza: in un filo di silenzio sonoro”. Un segno umile, dunque, con cui Dio comunica con Elia che in quel momento è fuggiasco e pensava di aver fallito, facendo tornare la pace nel suo cuore:
Questa è la vicenda di Elia, ma sembra scritta per tutti noi. In qualche sera possiamo sentirci inutili e soli. È allora che la preghiera verrà e busserà alla porta del nostro cuore. Un lembo del mantello di Elia lo possiamo raccogliere tutti noi, come ha raccolto la metà del mantello il suo discepolo Eliseo. E anche se avessimo sbagliato qualcosa, o ci sentissimo minacciati e impauriti, tornando davanti Dio con la preghiera, ritorneranno come per miracolo anche la serenità e la pace. Questo è quello che ci insegna l’esempio di Elia.
La preghiera, osserva ancora Francesco, è “la linfa che alimenta la sua esistenza” tanto da farne uno dei personaggi più cari alla tradizione monastica e da farlo eleggere da alcuni come “padre spirituale della vita consacrata a Dio”. Elia è “l’uomo di Dio, che si erge a difensore del primato dell’Altissimo” ma – evidenzia il Papa – è anche costretto a fare i conti con le sue fragilità. “Nell’animo di chi prega, il senso della propria debolezza è più prezioso dei momenti di esaltazione”, spiega ancora Francesco, ricordando che ci sono “momenti di preghiera che noi sentiamo che ci tirano su, anche di entusiasmo, e momenti di preghiera di dolore, di aridità, di prove”. “La preghiera – ripete – è così: lasciarsi portare da Dio e lasciarsi anche bastonare da situazioni brutte e anche dalle tentazioni”.
Elia, “uno dei personaggi più avvincenti di tutta la Sacra Scrittura”, travalica poi i confini di ogni epoca, tanto che, ricorda Francesco, lo troviamo anche nel Vangelo quando compare al fianco di Gesù, assieme a Mosè, nella Trasfigurazione.
di Debora Donnini
“Anche oggi, in questo tempi di pandemia, è necessario tenere tra le mani la corona del rosario, pregando per noi, per i nostri cari e per tutti gli uomini”.
Francesco esorta a riscoprire “la bellezza della preghiera del Rosario, che ha alimentato, attraverso il secoli, la fede del popolo cristiano”. “Prendere in mano il Rosario ogni giorno e ad alzare il vostro sguardo verso la Madonna, segno di consolazione e di sicura speranza”, il saluto ai pellegrini portoghesi.
“L’odierna festa della Beata Vergine del Rosario ci ricorda l’importanza della preghiera contemplativa. Meditando i misteri della salvezza, ci svela sempre di più il volto d’amore di Dio stesso che siamo chiamati a contemplare nell’eternità. La Madonna sia la nostra guida sicura sul cammino verso il Signore.”
“Ancora ci sono dei coraggiosi!”, l’omaggio a braccio agli sposi novelli. Non è mancato un saluto speciale del Papa ai giovani della Svizzera che partecipano ad una “settimana conoscitiva” sulla Guardia Svizzera Pontificia. (M.N. Agensir.it)
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