“L’Europa ha un patrimonio ideale e spirituale unico al mondo che merita di essere riproposto con passione e rinnovata freschezza”. E’ il tweet di Papa Francesco pubblicato oggi sul suo account @Pontifex, nel giorno di San Benedetto patrono d’Europa.
Sulle parole del Papa, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CCEE, il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa:
R. – Le parole del Santo Padre sono di grandissima importanza specialmente in questo momento viste le difficoltà in cui si imbatte l’Unione Europea sono sotto gli occhi di tutti. Quindi queste parole giungono come un grande richiamo, un grandissimo incoraggiamento per il cammino europeo
.Dovrebbero arrivare alla mente, al cuore – ed è quello che tutti speriamo – dei principali responsabili, naturalmente, affinché innanzitutto si rendano conto in prima persona del grande patrimonio che è il Continente Europeo nel suo insieme e quindi l’unione, il cammino dell’Unione Europea. A volte si ha l’impressione che non sia luminosa e chiara questa consapevolezza nel cuore come lo era nel cuore dei padri fondatori. Senza questa consapevolezza, questa convinzione tutto diventa molto più difficile.
D. – Il Papa parla di riproporre il patrimonio dell’Europa “con rinnovata freschezza”. Oggi l’Europa sembra un po’ stanca e ripiegata, forse – appunto – poco consapevole della sua unicità …
R. – Certamente. Quando si perde l’identità originale, poi non si sa più chi siamo. Allora l’entusiasmo viene meno, perché subentra lo smarrimento del dove andare, chi siamo, cosa dobbiamo fare. È la natura delle cose: vale per l’Europa nel suo insieme, per uno Stato, vale per qualunque persona
. Quindi il discorso delle nostre origini cristiane fondamentalmente non è un discorso accademico o, peggio, campanilistico. Si tratta proprio della questione di ciò che siamo, di ciò che è l’Europa nella sua origine, nella sua vocazione e nella sua missione che il Papa riconferma essere universale. Questo è importantissimo.
D. – Tra le vocazioni dell’Europa c’è sicuramente quella dell’accoglienza, un momento dove anche questa dimensione specifica dell’Europa – pensiamo al dibattito e anche alle chiusure rispetto ai migranti – si trova in difficoltà …
R. – Sì, perché quando subentra la paura, che nasce da uno smarrimento ideale e identitario, la paura suggerisce di fare delle trincee, di rinchiudersi, di perimetrarsi anziché mettersi in dialogo, perché per mettersi in dialogo bisogna veramente avere qualcosa da dire senza battere l’aria o dire dei luoghi comuni, delle frasi fatte, più o meno ad effetto, che però non dicono nulla nella sostanza. Bisogna sapere chi si è. Quindi il discorso identitario non è assolutamente contrario, contrapposto al dialogo, ma è la premessa, il presupposto necessario.
Fonte: Radio Vaticana
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