Tiziana Campisi – Città del Vaticano per Vaticannews.va
È la desolazione il tema dell’ottava catechesi di Francesco sul discernimento.
Il Pontefice lo sviluppa dopo il consueto giro in papamobile tra i fedeli riuniti in piazza San Pietro per l’udienza generale, durante il quale, ancora una volta, a bordo con sé accoglie cinque bambini. Il Papa evidenzia, anzitutto, che la desolazione – “quando nel cuore è tutto buio, triste” – può essere occasione di crescita, perché “se non c’è un po’ di insoddisfazione, un po’ di tristezza salutare”, se non si ha la “sana capacità di abitare nella solitudine”, di stare con sé stessi senza fuggire, si rischia “di rimanere sempre alla superficie delle cose” e di non raggiungere il centro della propria esistenza.
La desolazione provoca uno “scuotimento dell’anima”: quando uno è triste è come se l’anima si scuotesse; mantiene desti, favorisce la vigilanza e l’umiltà e ci protegge dal vento del capriccio. Sono condizioni indispensabili per il progresso nella vita, e quindi anche nella vita spirituale. Una serenità perfetta ma “asettica”, senza sentimenti, quando diventa il criterio di scelte e comportamenti, ci rende disumani: noi non possiamo non fare caso ai sentimenti, siamo umani e il sentimento è una parte della nostra umanità.
Non vivere i sentimenti rende indifferenti alla sofferenza degli altri e incapaci di accogliere la nostra, aggiunge il Pontefice, si crea come una “distanza asettica”.
Questa non è vita, questo è come se noi vivessimo in un laboratorio, chiusi per non avere dei microbi, delle malattie.
Un invito alla gratuità
Invece, l’inquietudine – una sana inquietudine, un cuore inquieto e in ricerca – può essere una spinta decisiva per dare una svolta alla propria vita. Così è stato per Agostino di Ippona, di Edith Stein, di Giuseppe Benedetto Cottolengo, di Charles de Foucauld, ricorda Francesco che fa notare come le scelte importanti abbiano un prezzo da pagare, con il cuore “un prezzo della decisione, un prezzo di portare avanti un po’ di sforzo”, ma alla portata di tutti. È il prezzo che tutti paghiamo per uscire dallo stato di indifferenza, che butta giù, sempre. E poi la desolazione “è anche un invito alla gratuità, prosegue Francesco, “a non agire sempre e solo in vista di una gratificazione emotiva”.
Essere desolati ci offre la possibilità di crescere, di iniziare una relazione più matura, più bella, con il Signore e con le persone care, una relazione che non si riduca a un mero scambio di dare e avere.
Questo tipo di relazione la viviamo da bambini quando cerchiamo i nostri genitori “per ottenere da loro qualcosa”, dunque “per un interesse”, come lo sono molte nostre preghiere chiarisce il Papa, “richieste di favori rivolte al Signore, senza un vero interesse nei suoi confronti”. Succedeva lo stesso a Gesù, “spesso circondato da tanta gente che lo cercava per ottenere qualcosa, guarigioni, aiuti materiali, ma non semplicemente per stare con Lui”.
Stare con Gesù nella desolazione
E invece, sottolinea Francesco, stare con Cristo “è una maniera molto bella di entrare in una relazione vera, sincera, con la sua umanità, con la sua sofferenza, anche con la sua singolare solitudine. Con Lui, che ha voluto condividere fino in fondo la sua vita con noi”. Fa bene imparare a stare con il Signore, “senza altro scopo”, aggiunge il Pontefice. È come “con le persone a cui vogliamo bene: desideriamo conoscerle sempre più, perché è bello stare con loro”.
La vita spirituale non è una tecnica a nostra disposizione, non è un programma di “benessere” interiore che sta a noi programmare. No. La vita spirituale è la relazione con il Vivente, con Dio, il Vivente, irriducibile alle nostre categorie. E la desolazione allora è la risposta più chiara all’obiezione che l’esperienza di Dio sia una forma di suggestione, una semplice proiezione dei nostri desideri.
Perchè se l’esperienza di Dio fosse una proiezione dei nostri desideri, precisa il Papa, “saremmo sempre noi a programmarla, saremmo sempre felici e contenti. Invece, “chi prega si rende conto che gli esiti sono imprevedibili: succede, infatti, che “esperienze e passi della Bibbia che ci hanno spesso entusiasmato” possano non suscitare alcun trasporto e che “inaspettatamente, esperienze, incontri e letture a cui non si era mai fatto caso o che si preferirebbe evitare – come l’esperienza della croce – portano una pace immensa”. È per questo, esorta il Pontefice, che non c’è da avere paura della desolazione, anzi bisogna “portarla avanti con perseveranza, non fuggire. E nella desolazione cercare di trovare il cuore di Cristo, trovare il Signore. E la risposta arriva, sempre”.
Affrontare le prove con l’aiuto della grazia di Dio
L’insegnamento che la desolazione offre, per Papa Francesco, è che “di fronte alle difficoltà” non ci si deve mai scoraggiare, e che la prova va affrontata “con decisione, con l’aiuto della grazia di Dio che non ci viene mai a mancare”. Quanto a quella voce insistente dentro di noi “che vuole distoglierci dalla preghiera, impariamo a smascherarla come la voce del tentatore” esorta il Pontefice, che invita a non lasciarsi impressionare, e anzi semplicemente, a fare “il contrario di quello che ci dice”.
Prima di terminare l’udienza, dopo i saluti nelle varie lingue ai diversi pellegrini che hanno ascoltato la sua catechesi, Francesco esterna il suo dolore e la sua preoccupazione per il conflitto in Ucraina e invita alla preghiera perché prevalga il desiderio di pace. Infine rivolge il suo pensiero per le vittime dell’attacco terroristico avvenuto nei giorni scorsi a Istanbul.