Ai partecipanti al Meeting annuale dell’ International Gynecologic Cancer Society, il Papa Francesco esprime vicinanza e sostegno…
(Fonte Vatican News – Emanuela Campanile)
Attraverso un grazie che Papa Francesco saluta i membri dell’International Gynecologic Cancer Society, riuniti a Roma per partecipare al Meeting annuale.
Un’opportunità, spiega il Papa, “per conoscere e apprezzare l’impegno” dell’ Associazione “in favore delle donne che affrontano malattie così difficili e complesse”.
Andando subito al cuore del messaggio, il Pontefice sottolinea il valore dei legami che si creano soprattutto tra le pazienti colpite nel dono della maternità:
Voi siete ben consapevoli dell’importanza di creare legami di solidarietà tra gli ammalati con gravi patologie, coinvolgendo i parenti e gli operatori sanitari, in una relazione di mutuo aiuto. Questo diventa ancora più prezioso quando ci si confronta con malattie che possono mettere seriamente a rischio, o pregiudicare, la fertilità e la maternità.
In queste situazioni che incidono a fondo sulla vita della donna – procede Francesco con verità e altrettanta dolcezza – è indispensabile avere cura, con grande sensibilità e rispetto , della condizione psicologica, relazionale, spirituale di ciascuna paziente:
Per questo motivo, non posso che incoraggiare il vostro impegno per considerare tali dimensioni di una cura integrale, anche nei casi in cui il trattamento è essenzialmente palliativo. In questa prospettiva, diventa molto utile coinvolgere persone capaci di condividere il cammino curativo dando un apporto di fiducia, di speranza, di amore. Tutti sappiamo – ed è anche dimostrato – che vivere buone relazioni aiuta e sostiene gli infermi lungo l’intero percorso di cura, riaccendendo o incrementando in loro la speranza. E’ la vicinanza dell’amore, proprio, che apre le porte alla speranza. E anche alla guarigione.
La condizione di malattia richiama quell’atteggiamento decisivo per l’essere umano che è l’affidarsi: affidarsi all’altro fratello e sorella, e all’Altro con la maiuscola che è il nostro Padre celeste. E richiama anche il valore della vicinanza, del farsi prossimo, come ci insegna Gesù nella parabola del Buon Samaritano.
Il malato non è un numero e non può essere identificato con la sua diagnosi perchè “la persona malata è sempre e molto di più del protocollo all’interno del quale la si inquadra da un punto di vista clinico, e ne è prova – dice Francesco – il fatto che quando l’ammalato vede riconosciuta la propria singolarità cresce ulteriormente la fiducia verso l’équipe medica e verso un orizzonte positivo“.
Ed è a questo punto che Papa Francesco esprime il suo desiderio di un sistema sanitario in grado di considerare la relazione come parte della cura ma, allo stesso tempo, non nasconde la sua grande preoccupazione:
Come sviluppare questa grande necessità all’interno dell’organizzazione ospedaliera, fortemente condizionata da esigenze di funzionalità? Consentitemi di esprimere tristezza e preoccupazione riguardo al rischio, piuttosto diffuso, di lasciare la dimensione umana della cura delle persone ammalate alla “buona volontà” del singolo medico, invece di considerarla – come è – parte integrante dell’attività di cura offerta dalle strutture sanitarie.
Grande riconoscimento anche al personale sanitario che “opera quotidianamente” a fianco dei malati e, spera Francesco, con l’augurio “che possa lavorare in condizioni adeguate, prendendosi “il tempo di riposo” per recuperare le forze e andare avanti.
Il Pontefice avverte del pericolo che l’economia, entrando “prepotentemente nel mondo della sanità”, penalizzi “aspetti essenziali come la relazione con i malati”. In questo senso, sottolinea e definisce “lodevoli le diverse associazioni senza fini di lucro che pongono al centro le pazienti, sostenendo le loro esigenze e legittime domande e dando voce anche a chi, per la fragilità della sua condizione personale, economica e sociale, non è in grado di farsi sentire”. Ma oltre alle preoccupazioni, Francesco propone una via d’uscita costruita sull’equilibrio:
Certo, la ricerca richiede un forte impegno economico. Credo tuttavia che si possa trovare un equilibrio tra i diversi fattori. Il primo posto va comunque riconosciuto alle persone, in questo caso le donne ammalate, ma anche – non dimentichiamo – il personale che opera quotidianamente a stretto contatto con loro, perché possa lavorare in condizioni adeguate. Anche, che possa prendersi il tempo di riposo per riprendere le forze per potere andare avanti.
Diffondere nel mondo i risultati degli studi e le ricerche in favore delle donne di cui le associazioni si prendono cura è, infine, l’auspicio del Pontefice che però avverte come siano proprio queste donne a ricordarci aspetti e valori della vita che talvolta dimentichiamo:
La precarietà della nostra esistenza, il bisogno l’uno dell’altro, l’insensatezza del vivere concentrati solo su di sé, la realtà della morte come parte della vita stessa. La condizione di malattia richiama quell’atteggiamento decisivo per l’essere umano che è l’affidarsi: affidarsi. Affidarsi all’altro fratello e sorella, e all’Altro con la maiuscola che è il nostro Padre celeste. E richiama anche il valore della vicinanza, del farsi prossimo, come ci insegna Gesù nella parabola del Buon Samaritano (cfr Lc 10,25-37). Quanto, quanto guarisce una carezza nel momento opportuno! Voi lo sapete meglio di me …
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