Staccarsi dalle radici per essere moderni – dice – “è un suicidio”, la via per parlare agli uomini e alle donne del nostro tempo è la tradizione della vera testimonianza cristiana, quella che oggi va contro-corrente e che richiama a umiltà e carità, senza autoreferenzialità
Giada Aquilino – Città del Vaticano
Non “staccarsi” dalle nostre radici per sentirsi moderni, ma per parlare al “cuore” degli uomini e delle donne del nostro tempo dare prova della vera testimonianza cristiana, quella basata su “preghiera e penitenza” ma anche su “umiltà e carità” e che nel mondo di oggi va contro-corrente. Questo il mandato del Papa ai partecipanti al Capitolo generale dell’Ordine degli Agostiniani Scalzi, ricevuti stamani in circa 200 nella Sala Clementina, alla vigilia di un’altra udienza, quella di domani ai frati dell’Ordine di Sant’Agostino, che sono – scherza subito il Papa – “fratelli, cugini, amici, nemici, non si sa mai!”
Francesco ricorda il convegno appena tenuto in occasione dell’“Anno del carisma” e riflette sulle radici della tradizione religiosa iniziata da Sant’Agostino, una di quelle figure che – dice – “fanno sentire il fascino di Dio”, attirando “a Gesù Cristo” e alla Parola del Signore.
Egli è un gigante del pensiero cristiano, ma il Signore gli ha donato anche la vocazione e la missione della fraternità. Non si chiuse nell’orizzonte pur vasto della sua mente, ma rimase aperto al popolo di Dio e ai fratelli che condividevano con lui la vita comunitaria. Anche da prete e da vescovo visse come un monaco, nonostante gli impegni pastorali, e alla sua morte lasciò molti monasteri maschili e femminili.
Il Papa incoraggia ad “amare e approfondire sempre nuovamente” tali radici, attingendo da esse, “nella preghiera e nel discernimento comunitario”, linfa “vitale” per la presenza degli Agostiniani Scalzi “nell’oggi della Chiesa e del mondo”.
Per essere moderni, qualcuno crede che sia necessaro staccarsi dalle radici. E questa è la rovina, perché le radici, la tradizione, sono la garanzia del futuro. Non è un museo, è la vera tradizione, e le radici sono la tradizione che ti portano la linfa per far crescere l’albero, fiorire, fruttificare. Mai staccarsi dalle radici per essere moderni, quello è un sucidio. Preghiera e penitenza non cessano di essere cardini su cui si regge la testimonianza cristiana, una testimonianza che in certi contesti va del tutto contro-corrente, ma che, accompagnata dall’umiltà e dalla carità, sa parlare al cuore di tanti uomini e donne anche nel nostro tempo.
Con la disponibilità all’evangelizzazione, richiamata dai Papi nel corso dei secoli, gli Agostiniani – evidenzia Francesco – hanno assunto la dimensione apostolica presente proprio nel Padre Fondatore. La “qualifica di ‘scalzi’”, con “l’anima scalza” precisa, esprime l’esigenza “di povertà, di distacco, di fiducia nella Divina Provvidenza”.
Questa è un’esigenza evangelica, che in certi momenti del cammino della Chiesa lo Spirito fa sentire con più forza. E noi dobbiamo essere sempre attenti e docili alla voce dello Spirito: è Lui il protagonista, è Lui che fa crescere la Chiesa! Non noi, Lui. Lo Spirito Santo è il vento che soffia e fa andare avanti la Chiesa, con quella forza tanto grande dell’evangelizzazione.
Il Pontefice prende spunto dalle parole del padre priore, Doriano Ceteroni, che ha introdotto l’incontro, e si sofferma sul voto di umiltà, il quarto che caratterizza l’Ordine, su cui gli Agostiniani scalzi hanno riflettuto negli ultimi tempi.
Questo voto di umiltà è una “chiave”, una chiave che apre il cuore di Dio e i cuori degli uomini. E apre prima di tutto i vostri stessi cuori ad essere fedeli al carisma originario, a sentirvi sempre discepoli-missionari, disponibili alle chiamate di Dio. L’umiltà è una cosa che non si può prendere in mano: c’è o non c’è, è un dono. Non si può prendere in mano.
Il Papa, parlando a braccio con i presenti, ricorda l’esperienza di “un religioso molto vanitoso”, richiamato all’umiltà dai superiori. Dopo un periodo di esercizi spirituali vinse le sue “passioni” e ricevette dal Signore “la grazia dell’umiltà”, “che viene da sola”, senza poter essere misurata. Accanto all’umiltà, il Papa richiama la “missione ad gentes”, ispirata dallo Spirito, per la quale gli Agostiniani Scalzi si sono fatti trovare “pronti a partire”, anche a costo di pagare con la vita tale missione.
Viviamo un’epoca in cui la missione ad gentes si sta rinnovando, anche attraverso una crisi che vogliamo sia di crescita, di fedeltà al mandato del Signore Risorto, mandato che conserva tutta la sua forza e la sua attualità. Anch’io mi unisco a voi con commozione nel fare memoria dei missionari agostiniani che hanno dato la vita per il Vangelo in diverse parti del mondo. E vedo con piacere che fate tesoro di queste testimonianze del passato per rinnovare la vostra disponibilità alla missione oggi, nelle forme che il Concilio Vaticano II e le sfide attuali ci chiedono.
Proprio facendo “memoria grata” del cammino compiuto secondo la volontà del Signore, aggiunge Francesco, si comprende quindi il senso dell’“Anno del carisma”.
Non è qualcosa di autoreferenziale – no, non deve essere questo – ma una comunità viva che vuole camminare con Cristo vivo, è questo che voi volete; non è un’autoreferenzialità ma la volontà di camminare in Cristo, Cristo vivo.
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